Leggendo i commenti di questo post di Leonardo, scopro che mentre nella vecchia carta d’identità cartacea l'”impronta del dito indice” veniva fatta apporre solo ai pregiudicati – non che ne vedessi l’utilità, ma vabbè – nella nuova carta d’identità elettronica viene presa e scansionata a tutti. Qualche rapido commento:
– già c’è meno spazio “viisuale”, visto che la nuova carta d’identità è più piccina. Non sarebbe bastato salvare una copia digitalizzata nel chip, se proprio si ritiene di avere bisogno di averla? Che poi veniva anche un bel gioco di parole con l’impronta digitale in formato digitale :-)
– come mai nessuno ne aveva ancora parlato? È vero che tanto sono in pochi ad avere la carta d’identità elettronica, e visto che il MINIstro Brunetta ha prolungato per decreto la validità a dieci anni invece che cinque il problema non si pone per un po’; ma è sempre un’ulteriore schedatura
– ma poi serve davvero catalogarci tutti così? Ho grandi dubbi sul fatto che queste restrizioni che ci vendono come “per la nostra sicurezza” portino a vantaggi. Pensate solo al divieto di portare liquidi in aereo (come la maggior parte dei divieti relativi ai voli aerei, del resto).
– Per quanto riguarda le uniche impronte che sembrano attualmente degne di nota, una volta che hai quelle di un bimbo Rom che te ne fai? Controlli se le avevi già prese prima? sai a chi darlo se due coppie di genitori se lo contendono? La prima volta che lo becchi a compiere un reato non lo metti in riformatorio, ma la seconda sì?
Se non lo si fosse capito, sono della scuola che dice di stare molto attenti quando ti parlano di “sicurezza”, perché in genere non intendono la sicurezza tua ma la loro. Solo che mi sa di essere in minoranza estrema.
Ultimo aggiornamento: 2008-07-03 14:05
Siamo in minoranza estrema, per quello che vale.
https://lists.firenze.linux.it/pipermail/e-privacy/2007-September/003701.html
Beh, siamo perlomeno in due.
Quello che io temo è soprattutto il tramonto dello stato di diritto e spesso la buona scusa per affossarlo è appunto la “sicurezza”.
La mia ex-ditta è quella che ha implementato la carta di identità elettronica.
Problemi tecnici a parte, la ratio dietro l’impronta digitale dentro il documento è sapere se la persona che porta il documento sia quella cui il documento è riferito.
O meglio, rendere più difficile la contraffazione del documento stesso.
Nessuno ne parla peché le carte di identità elettroniche, per motivi cui è meglio stendere un pietoso velo, vengono rilasciate col contagocce.
Per i ROM, la questione è ovviamente malposta. Avrebbe senso prendere le impronte di tutti i clandestini, non solo un etnia.
A parte questo, i clandestini disonesti non hanno un documento di identità e “giocano” parecchio a dare le generalità più svariate.
Mi ricordo di un ragazzino ROM che era stato beccato una cinquantina di volte dando cinquanta nomi diversi. Con le impronte in un archivio lo sgami all’istante.
Io sono sempre della scuola di Benjamin Franklin “They who can give up essential liberty to obtain a little temporary safety, deserve neither liberty nor safety”. Detto questo sulle impronte digitali sulla carta di identità sospendo il giudizio non sembrandomi una libertà essenziale. Sulle schedature su base etnica o sui minori invece sono indignato.
Io sono residente in un Comune che ha adottato la CI elettronica già da anni (la mia è del 2005 e non ero tra i primi): allora di privacy se ne parlava meno di adesso. Alla visita militare ti prendevano le impronte di tutte le dita.
La domanda è: in base a quali regole possono venire utilizzate le impronte?
Durante il dottorato c’è stato un furto nel laboratorio vicino al mio ufficio; ho curiosato l’operare della Polizia nel rilevare le impronte e mi ricordo di due episodi:
1) trovato uno splendido “stampo” di una mano nuda sicuramente opera di un ladro (era di qualcuno che stava scendendo dalla parete a vetri) il poliziotto dice: “impronta stupenda: se è di un pregiudicato lo becchiamo sicuramente” quindi solo le impronte dei pregiudicati sono (erano?) accessibili per le indagini.
2) un poliziotto ha chiesto al responsabile di laboratorio un campione delle sue impronte per escluderle da quelle acquisite, con la garanzia che sarebbero state cancellate dall’archivio immediatamente dopo.
@mestesso: aggiungi il fatto che i rom spesso non sono neppure clandestini.
boh, io invece mi ricordo che se ne parlò di queste impronte digitali per la carta d’identità elettronica.
e mi sembra che il Comune rassicurò che si sarebbe continuato col vecchio andazzo e non sarebbero state prese le impronte…
vai a sapere se alla fine hanno fatto così…
Dato che ho scritto come coautore un romanzo giallo, e che per verificare il nostro operato abbiamo acontattato un commissario di PS a Milano, posso dare alcune risposte a BlindWolf.
1) Tutte le persone con condanne penali esecutive (=che sono state in galera) hanno le impronte digitali delle 5 dita nel casellario. Lì rimangono fino a quando non decadono i termini (per certi reati, mai).
2) La polizia può (e deve) chiedere le impronte di persone potenzialmente coinvolte e/o sospettate ma non incriminate.
Se il caso è a) archiviato b) passato in giudicato (=assoluzione degli imputati) c) la prova o referto è insussistente (=si dimostra inutile, o la validità temporale è finita) vengono di norma distrutte o comunque non sono più legalmentge valide.
Il personale di PS ha coperute maggiori di un comune cittadino per ovvi motivi.
Sapete, ho un dubbio da… Beh, da molti, molti anni. Piu’ precisamente dalla vecchia “visita dei tre giorni”, quella che il distretto militare ti imponeva in un intorno del diciottesimo compleanno. Se non ricordo male, venivano prese anche le impronte. Quindi, di fatto, ogni cittadino italiano maschio raggiunta la maggiore eta’ veniva schedato, no?
Indipendentemente dall’essere “fatto abile” o meno.
Quale sia stato il destino di quell’enorme archivio di impronte non saprei.
Ma forse ricordo male. Gli anni passano.
mi aggiungo alla minoranza. Cilidif