(se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Nella matematica che si fa a scuola la geometria quanto quanto è comprensibile: le figure almeno le si vede. L’analisi matematica, con derivate e integrali, è appannaggio di pochi (s)fortunati. Ma quello che probabilmente fa odiare a tutti la matematica sono le equazioni e i polinomi; quello che viene chiamato algebra. Un libro come questo (John Derbyshire, Unknown Quantity, Plume 2007 [2006], pag. 374, $16, ISBN 978-0-452-28853-9), che racconta la storia dell’algebra partendo dai babilonesi per arrivare al ventunesimo secolo, potrebbe essere visto come il fumo negli occhi. Non è così, per fortuna. Il punto di vista di Derbyshire, che fa lo scrittore ma in fin dei conti è laureato in matematica, si può sintetizzare dicendo che l’algebra è il modo che la matematica ha per rendere astratte le cose concrete. Così le formule numeriche babilonesi ed egizie sono i primi esempi “algebrici”, ancora legati a esempi assolutamente concreti: col passare dei secoli si è inizialmente riusciti a immaginare che ci possano essere delle incognite, cioè dei valori che non conosciamo ancora ma che possiamo trattare come numeri; dei coefficienti, degli enti che sono sì dei numeri ma non ci interessa quali siano; dei nuovi tipi di numeri, negativi e immaginari; fino ad arrivare alle strutture come matrici, gruppi, anelli che nascono da esempi concreti e poi si iniziano a studiare come enti per conto proprio da cui si può addirittura proseguire nell’astrazione.
Gli sviluppi della seconda metà del ‘900 sono almeno a mio parere incomprensibili e si possono tranquillamente saltare, ma il resto del libro è piacevole, e tra l’altro Derbyshire sembra farsi un punto d’onore a fare conoscere tutti i matematici che hanno fatto scoperte che poi sono state chiamate coi nomi di altri matematici. Questo significa che finalmente non sarete costretti a sorbirvi solo i soliti Abel e Galois: vi pare poco?
Ultimo aggiornamento: 2017-07-09 19:33
> Nella matematica che si fa a scuola la geometria quanto quanto è comprensibile
Inferisco cosa volevi dire, ma ti è scappato un pezzo di frase.
Quando dici “Gli sviluppi della seconda metà del ‘900 sono almeno a mio parere incomprensibili ” ti riferisci al fatto che per cercare di semplificare non spiega nulla, o al contrario, nel cercare di spiegare nel dettaglio è troppo tecnico?
La frase mi sembrava corretta. Prendendo tutta la matematica che si fa a scuola, la parte più comprensibile è la geometria. Se vuoi puoi mettere una virgola dopo scuola, e spostare la è prima di “quanto quanto”.
Per l’incomprensibilità finale, mi è sembrato troppo etereo, già a partire dai gruppi di omotopia.
Hai letto per caso anche il suo libro su Riemann, che è uscito anche in italiano?
@marco: no, ho solo letto quello di Du Sautoy.