Quanto vende _Il Foglio_?

Giovedì sera, mentre tornavo a casa dall’ufficio (a piedi, perché giovedì mattina pioveva forte) sono passato davanti a un’edicola né grossa né piccola che stava chiudendo, e ritirando i giornali. L’edicolante stava ritirando il pacco di copie invendute de Il Foglio. Erano una quindicina: fortunatamente il quotidiano ferrariano è sottile, e non sono stati poi così tanti gli alberi che sono stati piantati solo per diventare parte del nostro mondo “getta senza usare”.
Purtroppo sono un timidone, e non ho avuto il coraggio di chiedere all’edicolante quante copie avesse venduto nella giornata: posso immaginare quattro o cinque, visto che ero in una zona periferica senza un bacino d’utenza presumibilmente interessato a quel tipo di articoli. Visto però il risultato pratico, ho come il sospetto che gli aiuti ai quotidiani siano legati al numero di copie stampate, non a quelle vendute: e che il Giulianone queste cose le sa benissimo, e ha quindi scelto di fare un quotidiano con poche pagine (la carta costa sì, ma mi sa che le prebende siano indipendenti dal peso di una singola copia) e vivere così di aiuti, da vero cortigiano.
Mah. Peccato che dopo il gran casino del V2-Day con le firme inutili per il referendum persino beppegrillo™ abbia lasciato perdere tutto.

Ultimo aggiornamento: 2014-03-04 12:29

16 pensieri su “Quanto vende _Il Foglio_?

  1. .mau.

    @Ivo: ma le copie rese dall’edicola non saranno certo omaggi, no? allora perché ne avrebbe stampate così tante?

  2. ALG

    In realtà da quello che narrarono a Report qualche anno fa i contributi son diversi e legati a diversi fattori; alcuni sono legati alla carta usata, dunque al numero di pagine, altri al venduto ed altri ancora allo stampato. Se non ricordo male nello stampato si contavano anche le prove di stampa venute male ed è per questo che molti quotidiani facevano migliaia di prove.
    Credo che si faccia bene i conti per ottimizzare i contributi che riceve!

  3. Tooby

    «Il contributo statale si basa sui costi e sulla tiratura. Più copie stampi più aumenta il contributo ma devi venderne almeno il25% della tiratura» (fonte: http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%5E90227,00.html )
    A occhio, conviene anche vendere in perdita per attirare gli imbianchini.
    Non solo: i giornali che vengono spediti in omaggio danno a loro volta diritto al contributo statale:
    «Tre mila copie stampate,mille vendute agli abbonati, due mila distribuite gratis, con questi numeri IlCampanile nuovo riceve un milione e 153 mila euro di contributo.» (ibidem)
    Insomma, se stampi mille copie e ne vendi duecentocinquanta, ti si aprono le porte dei contributi per tutte e mille. E se le altre settecentocinquanta le regali spedendole qua e là, lo Stato ti rimborsa pure le spese. E se sei una cooperativa va ancora meglio. Ovviamente i contributi da un lato coprono i costi, dall’altro sono veri e propri incentivi.
    Ci sono molti altri trucchi che la legge consente per ottenere i finanziamenti, ma ti lascio alla lettura o alla visione del Report per approfondire.

  4. paolo beneforti

    le rese di un quotidiano sono il 30% della tiratura. cioè si stampano il 30% in più delle copie che ci si aspetta di vendere. questa almeno è la regola; e molti anni fra, quando ero nel settore, i distributori non ti permettevano di stampare più copie, cioè di avere più del 30% delle rese; o meglio: se te ti ostinavi ad avere più del 30% di rese, il distributore (cui tocca l’onere di ritirare le rese dall’edicola) ti faceva pagare un tot in più per ogni copia invenduta (mentre fino al 30% il ritiro delle rese è compreso nella percentuale che il distributore prende sulle vendite).

  5. Fabio Metitieri

    Evidentemente Il Foglio non rilascia pubblicamente i propri dati, perche’ sul rapporto Ads non ci sono.
    Posso darti quelli di Libero (2007), per consolarti:
    Tiratura media: 233.558
    Resa: 102.412
    Vendita totale: 125.410
    Abbonamenti pagati: 1.120
    Totale copie pagate: 126.530
    E per par condicio il Manifesto (2007):
    Tiratura media: 90.861
    Resa: 64.006
    Vendita totale: 22.832
    Abbonamenti pagati: 2.411
    Totale copie pagate: 25.243
    Ciao, Fabio.

  6. Fabio Metitieri

    Be’, io no…. pensavo che il Manifesto se la cavasse meglio (e avevo guardato in passato altre testate, ma sempre quelle “grosse”, mai quelle piccole).
    In pratica, Il Manifesto di pagato vende circa la meta’ del Corriere del Ticino. E i ticinesi sono circa 340 mila, mi pare, non 56 milioni. Lo trovo incredibile.
    Comunque… mettiamo pure di essere d’accordo sul fatto che i giornali di partito debbano essere finanziati dallo Stato. Mettiamo pure di essere d’accordo sul fatto che i giornali di partito possano anche essere di partiti creati a tavolino da 4 deputati. Non entro nel merito.
    Pero’… non fosse che io scrivo anche per i professionisti della stampa, e che quindi li amo, ma una legge che spinge una testata (fatti i suoi bei calcoli) a tirare un tot sapendo gia’ che macerera’ i DUE TERZI (molto abbondanti) del tot, e’ una cosa assurda.
    Ah, e scusa sul blog di Mantellini. Io ti rispondo sempre, ma Mantellini mi cancella circa mezz’ora dopo… E io non ho sempre voglia di cambiare qualcosa e reinserire il commento. E poi, sul serio, sei molto distratto (ultimamente) e molto contorto (da sempre). Non e’ facile capirti.
    Ciao, Fabio.

  7. .mau.

    Io sono molto pratico, e guardo in giro quanta gente ha in mano Libero e quanta Il Manifesto.
    Sul finanziamento dei “giornali di partito” (ammesso che il Manifesto lo sia) nessuno obbliga a dire che ci voglia per forza un’edizione cartacea nelle edicole, no? Sì, lo so che al Manifesto c’è anche una cooperativa di tipografi, parlo di principio generale.
    Io sono contorto di mio – ma spero un po’ meno dopo tanti anni; distratto in generale; però quando parlo di un punto tangente è perché secondo me ha senso, vedi la logica sul numero di pagine. Dovresti ricordarti anche tu che i giornali negli anni ’70 avevano da metà a un terzo di pagine di quelli odierni, e qualcosa significherà bene, no?

  8. Fabio Metitieri

    Mau, sul serio, sei contorto e mi sono perso anche io.
    Su quello che vedi in giro: lo vedi a Milano o a Torino. Di certo a Roma vedresti molta piu’ La Repubblica e molto meno Il Corriere. E non ti sei mai chiesto come mai La Stampa a Milano e’piu’ rara di un quadrifoglio in un campo di grano appena diserbato?
    Leggiti l’Ads sulle distribuzioni territoriali, piuttosto, invece di “essere pratico” e guardare solo i passanti nelle tue zone.
    Sui finanziamenti. Non voglio discuterne, ho premesso, ma e’ chiaro che non serve solo ai tipografi, o molto poco. Serve essenzialmente come finanziamento politico. Di certo non serve all’informazione, siamo d’accordo. Allora, mi spiace per gli stampatori (e di certo di loro i politici se ne fregano), perche’ io li amo molto, ma forse sarebbe il caso di inventare un sistema per fare la stessa cosa (ammesso e non concesso che sia giusta) con un macero ragionevole.
    Salviamo gli alberi e diminuiamo la spazzatura da smaltire, intendevo. E che anche Il Manifesto stia al gioco senza dire nulla, e che per prendere soldi butti via consapevolmente piu’ di 60 mila copie al giorno delle 90 mila che stampa, non mi pare carino.
    Sul fatto che l’essere su carta non sia nulla di piu’ di essere on line, dissento molto. Gli ultimi dati parlano del 46% delle famiglie italiane con almeno un Pc a casa e connesso a Internet. Dato che in una famiglia media di 4 persone, spesso, solo un figlio adolescente usa il Pc, vogliamo almeno dimezzare? Non ho letto alcuna ricerca in merito, di recente (se me ne segnali una che sia seria ti ringrazio), ma diciamo che forse solo un italiano su cinque (io direi uno su dieci, a dire il vero, sul totale della popolazione) legge abitualmente giornali o riviste on line?
    E gli altri? E’ una percentuale che senza dubbio e’ devastante nello spostare le abitudini di consumo dell’informazione e nel distruggere la stampa, ma che conta ancora poco come influenza sull’elettorato.
    Sul numero di pagine non so cosa dire. Dipende. Tutte le specializzate sull’Hi Tech, quelle poche sopravvissute, hanno diminuito il numero di pagine. Parli di quotidiani generalisti? OK, puo’ darsi, io non ricordo. Ma cosa significa?
    Io ricordo che una volta c’erano meno supplementi, e il Venerdi’ era stata una grande novita’. E OK, i supplementi (qui lo dico e qui lo nego, sto solo ipotizzando, pregasi inviare eventuali querele a Maurizio Codogno) fanno spesso “accordi” con alcuni produttori sui cui prodotti, per esempio, pubblicano infiniti servizi fotografici (forse, si fa per dire… ;-)
    Ricordo anche che una volta non c’erano gli allegati (i libri, i film, la casetta di Barbie, e chi piu’ ne inventa piu’ ne mette), ma questo e’ un fenomeno di marketing, per me non facile da interpretare.
    Tu, cosa volevi dire? E, cosa c’entra con i finanziamenti ai giornali di partito???
    Ciao, Fabio.

  9. .mau.

    Occhei, sono riuscito a cancellarmi tutta la risposta, che palle. Vediamo di recuperarmi qualcosa.
    – Il Manifesto (e anche Libero, anche se ha dorso milanese e romano) non sono comprati da chi vuole sapere cosa è successo sotto casa, e quindi hanno una distribuzione più uniforme – almeno immagino, visto che i dati ADS non sono accessibili senza password, la FIEG dà solo dati aggregati e Audipress disaggrega per zone o per testata, ma non per entrambe. Sul Manifesto, poi, il pubblico di rifermimento dovrebbe essere “gli intellettuali di sinistra”, come chiunque provi a leggerlo capisce subito. Se non lo trovi a Milano, dove vuoi trovarlo, a Forlimpopoli?
    – su stampatori e finanziamenti politici, sono d’accordo.
    – sulla differenza online-cartaceo, ricordo che sto parlando di stampa di partito: secondo te quelli che comprano il Foglio (o il Campanile, se per questo…) non hanno un PC con Internet? Ovvio che questo non avrebbe senso per Libero, ma non mi sognerei mai di proporlo
    – Per il numero di pagine, ho sempre esplicitamente parlato di quotidiani.
    – tutto il resto non c’entra nulla con i finanziamenti ai giornali di partito, ma non sono stato io a partire con la cosa in questo post.
    Aggiornamento: ADS è consultabile gratuitamente, basta chiedere la password. Però i dati di diffusione territoriale non li ho comunque visti.

  10. mestesso

    Avendo amici nei giornali, posso essere preciso per qualche curiosità…
    Il contributo dello stato è in funzione delle copie stampate (parlo dei quotidiani, non dei periodici). No, non mi risulta che i giornali facciano prove per poi buttare via tutto, anzi, non si butta via niente.
    Facciamo che un giornale X tira N copie. Per vendere, devi essere distribuito. Inoltre il cliente (potenziale, saltuario od abituale) deve trovare una copia in edicola. Quindi si devono stampare molte più copie di quelle che si vende, ed esporle in modo che qualcuno le compri.
    La resa di un giornale X si calcola sul rapporto venduto/stampato. Una resa buona per un quotidiano (e ripeto, buona) viaggia in Italia sul 60%. E sono pochi i giornali che ci arrivano. Molto pochi.
    Il motivo sono i contributi: perché spostano in avanti il limite di redditività tra i costi di stampa ed i ricavi.
    Senza contributi, con un calcolo molto spannometrico, una resa sotto il 50% porterebbe al collasso finanziario diversi giornali.
    I giornali di partito godono di finanziamenti extra, ma solo se presenti almeno come gruppi al parlamento. Liberazione, fra un paio d’anni massimo, sparirà dalla circolazione perché non ha diritto ai contributi, a meno che qualcuno non tiri fuori la grana…
    Qualsiasi giornale registrato, per legge, deve indicare almeno una volta al mese i dati di tiratura nel giornale stesso, di solito messi nel colophon. Quelle robe scritte molto in piccolo :). Quindi, chiunque può desumere la tiratura da questi dati.
    Giuliano guadagna come direttore dello stesso, 8000EUR al mese. Venderà 50000 copie circa, forse meno.

  11. Fabio Metitieri

    A me Ads non ha mai chiesto password. Giusto due mesi fa ho scaricato un altro po’ di file, tra cui le tirature dal 2004 al 2007 e i dati territoriali per il 2002 (hanno solo quell’anno, credo). Guarda meglio. Se non li trovi te lo mando.
    Ciao, Fabio.

  12. .mau.

    adesso la password la chiedono (anche se è gratuita, quindi non è un problema).
    Così ad occhio, a parte l’enorme numero di copie “vendute in blocco” (cioè immagino regalate…) di Libero, non c’è una grandissima differenza con Repubblica, se non che le percentuali di Lazio e Lombardia sono invertite, così come quelle di Toscana e Veneto (casualmente per l’Emilia i dati sono quasi identici). Per quanto riguarda il Manifesto, ci sono due regioni col 20% di copie ciascuna (Lazio e Lombardia), due al 10% (Toscana ed Emilia), due al 7% (Piemonte e… Veneto). Libero nel 2002 vendeva in provincia di Milano una volta e mezzo il Manifesto, più o meno quello che era il rapporto complessivo di vendite in tutta Italia; ma oggi come oggi, da quello che io vedo in giro e dai dati complessivi di vendita, direi che il rapporto è almeno 3:1 se non 4:1.

I commenti sono chiusi.