Il teorema di Pick

[Figura 1]Quando andavo alle medie, tra le ore di lezione c’erano quelle di “applicazioni tecniche”. Non so se e cosa ci sia ora; alcuni anni dopo la materia era stata rinominata “educazione tecnica” e se non sbaglio maschi e femmine la facevano insieme. Ai miei tempi, invece, c’era ancora una divisione sessista, forse perché si pensava che una donna dovesse fare i “lavori da donna”, ed è già tanto che non fosse ancora chiamata “educazione domestica” come una volta. In queste ore di lezione, tra le varie cose che ci facevano fare mi è rimasto impresso nel mio cervello – anche se fortunatamente non nelle mie dita – il mettersi a piantare chiodi su una tavoletta di compensato in un reticolo rettangolare, tendendo poi opportunamente alcuni elastici intorno ad essi per costruire delle figure. Sono cose forse divertenti: credo però che se il professore mi avesse raccontato del teorema di Pick io sarei stato molto più interessato e mi sarei subito lanciato a cercare di dimostrarlo, perché è davvero qualcosa a prima vista incredibile. Non ci sarei magari riuscito, ma volete mettere la soddisfazione di provarci?
Immaginiamo di avere un piano cartesiano e di evidenziare al suo interno il reticolo di punti a coordinate intere: o più banalmente prendiamo un foglio a quadretti. Il teorema di Pick afferma allora che l’area di un qualunque poligono semplice i cui vertici sono punti del reticolo è data dalla formula
[1]      I + (P/2) – 1
dove I[Figura 2] è il numero di punti del reticolo interni al poligono (quelli indicati in blu nella Figura 1 qui a fianco) e P il numero di punti sul suo perimetro: i vertici, indicati in rosso, ma anche i punti indicati in verde che si trovano all’interno dei lati. In questo caso, abbiamo 32 punti blu e 18 tra rossi e verdi, quindi l’area del poligono è di 40 quadretti. Come si vede, il poligono non deve necessariamente essere convesso perché valga il teorema di Pick; più precisamente, la definizione di “poligono semplice” significa infatti che esso non deve avere buchi al suo interno, lati ripetuti o incrociati come negli esempi della Figura 2 per cui il teorema per l’appunto non vale. Anche con queste restrizioni il teorema ha a prima vista qualcosa di magico, pensando a tutti i possibili lati storti; d’altra parte Georg Alexander Pick, il matematico austriaco che dimostrò il teorema nel 1899, oggi non sarà molto famoso però è stato lui a presentare Gregorio Ricci Curbastro a un certo giovincello (Albert Einstein) che aveva bisogno di un esperto matematico per i conti della teoria della relatività. Insomma, Pick non era proprio l’ultimo arrivato.
Ma bando alle ciance, e vediamo una possibile dimostrazione del teorema: non garantisco sia la più semplice, soprattutto perché me la sono trovata io e le mie contorsioni mentali sono peculiari, ma dovrebbe essere sufficientemente chiara da poterla seguire senza sbattere la testa contro il muro. Iniziamo con una classe di poligoni molto semplice: i rettangoli [Figura 3]i cui lati sono paralleli al reticolo, come quello della Figura 3. In questo caso i conti sono alla portata di tutti: basta stare attenti a non sbagliare a contare i puntini, ricordando che se i punti sono a distanza 1, un segmento di lunghezza 10 ne conterra undici! Se i lati del rettangolo sono a e b, la sua area è ab. Il perimetro conterrà 2(a+b) punti e l’interno ne contiene (a-1)(b-1), vale a dire ab-(a+b)+1; quindi la formula in questo caso è corretta.
Passiamo adesso al punto fondamentale della dimostrazione: mi occorre un teorema ausiliario che afferma che se abbiamo due poligoni per cui vale la formula [1] e che hanno in comune parte di un lato (almeno due punti), allora anche per il poligono risultante vale la [1]. Attenzione: non sto affatto dicendo che la formula sia vera! Per fare un esempio pratico, pensiamo di avere delle confezioni di caramelle con indicato il loro peso, e che ci venga detto che la formula per il costo delle caramelle è data dal prodotto di un euro per il numero di etti del loro peso; è chiaro che prendendo due confezioni [Figura 4]basta sommare il loro peso in etti e moltiplicarlo per un euro. Ma la stessa cosa varrebbe se il costo fosse di due euro l’etto, o cinquanta centesimi: quindi non possiamo sapere il costo. Peggio ancora, magari ci sono caramelle confezionate in una bella scatola di latta, il cui prezzo è un euro l’etto più un euro per la scatola; se prendiamo una confezione normale e una inscatolata, fare la somma non serve a un tubo. Quest’ultimo esempio, riportato ai nostri poligoni, ci ricorda che per il momento sappiamo solo misurare rettangoli, e già un triangolo ci darebbe problemi. Ma facciamo un passo per volta.
Nella Figura 4, siano A e B i due poligoni e C quello ottenuto unendoli; il segmento comune sia s. Per A, abbiamo Ia punti interni e Pa punti sul perimetro; similmente per B ci saranno Ib punti interni e Pb punti sul perimetro. [Figura 5]I punti interni di C saranno quelli interni di A, quelli interni di B e quelli interni di s (nella figura ce n’è uno, indicato con un cerchietto blu); quelli perimetrali saranno la somma dei perimetrali di A e di B, togliendo due volte i punti interni di s (nei poligoni separati contavano doppio, in quello unito non ci sono) e una volta i due punti estremi di s (indicati in figura con un cerchietto verde: nei poligoni separati contavano doppio, in quello unito sono singoli). Ma guardando la formula [1], il peso dei punti interni di s tolti dal perimetro è esattamente uguale al peso dei punti aggiunti all’interno di C. Abbiamo quindi tolto solo i due punti estremi di C, che contano per una unità: proprio quella che dovremmo togliere in più, visto che nella somma di A e B ci sono due addendi che valgono -1 mentre in C ce n’è uno solo.
Prima di continuare, faccio notare che il teorema ausiliario funziona anche alla rovescia, “in sottrazione”. Se noi siamo certi che per il poligono B [Figura 6]valga la nostra formula, allora possiamo affermare con sicurezza che “se la formula vale per A, allora varrà anche per C; viceversa, se vale per C allora varrà anche per A”. Questo sarà il grimaldello per terminare la dimostrazione.
Passiamo ora a dimostrare che il teorema di Pick vale per i triangoli rettangoli con i cateti paralleli al reticolo. Il trucco, come si vede nella Figura 5, è di metterne insieme due per ottenere un rettangolo. I due triangoli sono assolutamente identici, quindi con le notazioni precedenti possiamo dire che Ia=Ib e Pa=Pb; è questo fatto che ci permette di ricavare la formula, suddividendo come nel caso precedente i punti interni al rettangolo ma che stanno sulla diagonale, e quindi devono essere tolti dal totale degli interni e associati ai perimetri dei due triangoli. Fortunatamente i punti perimetrali valgono solo un mezzo, e quindi la suddivisione è perfetta… se non fosse per i due estremi della diagonale del rettangolo, che danno giusto un’unità in più. Nel nostro esempio pratico, abbiamo un triangolo rettangolo di cateti 4 e 12; il rettangolo ha 33 punti interni (di cui 3 sulla diagonale) e 32 punti perimetrali; i due triangoli hanno ciascuno (32/2)+1=17 punti sui cateti, 3 all’interno della diagonale e (33-3)/2=15 punti interni. Come potete vedere, i conti tornano perfettamente.
Siamo ormai verso la fine. Con il nostro teorema ausiliario applicato al più tre volte ai triangoli rettangoli esterni nella Figura 6, possiamo affermare che il teorema di Pick è valido per un qualsiasi triangolo, come quello all’interno della figura stessa. A questo punto possiamo finalmente tornare alla nostra figura iniziale. Potrei tranquillamente dire “visto che ogni poligono semplice è triangolabile, basta suddividerlo in un insieme di triangoli, e siamo a posto”. Peccato che io non sia mica così certo che sia banale dimostrare che ogni poligono semplice è triangolabile: visto che tanto abbiamo già fatto un lavorone, tanto vale andare fino in fondo. Il trucco è rendere convesso il poligono: si cercano due lati consecutivi che formano un angolo più grande che piatto e per cui il segmento che unisce gli altri due vertici è tutto all’esterno del poligono, e si sostituisce il nuovo segmento ai due originali. In pratica si è sommato un triangolo (per cui il teorema vale), e si è ottenuta una figura con un numero di vertici inferiore di uno. Prima o poi continuare sarà impossibile, e si giungerà a un poligono convesso: a questo punto si può fare lo stesso giochetto della Figura 6 e rettangolare il poligono, riuscendo finalmente ad applicare il teorema in un caso noto: a questo punto, basta tornare indietro passo passo e sappiamo che la cosa vale anche per il poligono iniziale.
Il tutto visto scritto così sembra una faticaccia immane, lo ammetto. Ma credo che la cosa più difficile sia mettere in forma scritta i vari passaggi, nessuno dei quali è particolarmente complicato. Inoltre il ragionamento segue esattamente quello che ho fatto io per riuscire a dimostrare il teorema, e quindi può dare un’idea di come ci si possa muovere quando si vuole fare una dimostrazione matematica. Mica come le dimostrazioni dei libri, che sono fatte a posteriori!

Ultimo aggiornamento: 2008-05-08 08:19

13 pensieri su “Il teorema di Pick

  1. Barbara

    Bello bello. Io all’ultimo passaggio avrei diviso il poligono convesso in triangoli (ad esempio tutti con un vertice in comune) invece di rettangolarlo, ma è questione di gusti. E la storia di Pick non la sapevo. Correggi il Gergorio, magari.
    Per le applicazioni tecniche, ho fatto un po’ e un po’; tutto sommato mi è servita di più la parte femminile (come si apparecchia la tavola, ad essere precisi, più alcune nozioni non troppo sbagliate di dietetica) che quella comune, basata principalmente su segare tavolette di compensato in forme più o meno artistiche.

  2. Carlo Fusco

    Ciao .mau., da un po’ che ti volevo far sapere che il tuo sistema di antifurto di banda è un po’ troppo zelante e non mi fa accedere alle immagini, mostrando l’icona “noimg” quando leggo le notiziole sia accedendo dal feed rss che direttamente da xmau.com.

  3. .mau.

    @Carlo: dal feed è normale non si vedano le figure, ma la cosa strana è che l’IP da cui tu cercavi di prendere le immagini NON era quello da cui cercavi di prendere la notiziola. Che razza di rete usi?

  4. .mau.

    @bistecca: bloglines prende da feedburner, immagino. È il referrer che conta nel blocco, non l’IP.
    Al momento ho rinominato i .png in .PNG (dovrebbe bastare), in generale potrebbe essere utile usare il feed http://xmau.com/notiziole/fb.xml che non passa da feedburner a dispetto del nome. Provate a vedere se è vero.

  5. Bistecca

    Dunque, il rename ha funzionato (sempre da BlogLines->FeedBurner).
    Ho anche fatto l’iscrizione all’altro feed (http://xmau.com/notiziole/fb.xml), ma mi dice che l’ultimo messaggio e’ di giugno 2007: non sembra molto aggiornato… :-(

  6. .mau.

    fb.xml è assolutamente ufficiale, e anche se dice di non essere aggiornato lo è regolarmente. L’ho fatto perché altrimenti il firewall del mio ufficio mi blocca i feed.
    Resta comunque il fatto che – anche se cercherò di ricordarmi di lasciare sempre in maiuscolo le estensioni delle figure inline, in modo che le si possa vedere da qualunque reader – cambiare feed non servirà a nulla per le immagini cliccabili, mi sa.

  7. pma

    Nulla a che fare col teorema di Pick, ma solo per mettere i puntini sulle — o sugli, ad libitum — i (tanto ormai mi conosci bene…): quel che tu dici una volta si chiamasse “educazione domestica”, in realta’ una volta si chiamava “economia domestica”. Concorderai che la differenza e’ di non poco conto :-)

  8. pma

    BTW, happy birthday, anche se con notevole e colpevole e riprovevole ritardo — ma tu che mi conosci bene, sai che nonostante le tecnologie mi affido come sempre alla memoria biologica; le cui prestazioni, data la tarda eta’, non possono che decrescere esponenzialmente. Tuttavia — te lo confesso, anche se non mi crederai — lunedi’ mattina, appena svegliato e in attesa di partire per l’ufficio, mi sono ritrovato in testa i primi versi del “5 maggio”, e giu’ ad arrovellarmi con che c%$#%o c’entrassero, senza riuscire a darmi una risposta. Questo e’ grave, perche’ significa che vi sono coinvolti non gia’ i neuroni (che, come tutti sanno, cominciamo a perderne diverse centinaia al giorno a partire dai 18-20 anni) bensi’ le connessioni assoniche. Forse e’ arrivato il momento di cominciare a preoccuparmi…

  9. .mau.

    geopiano proprio non me lo ricordavo, ammesso che l’avessi mai sentito nominare…
    @pma: se lo dici tu che a quel punto c’enrtrano gli assoni… e tanto non credo di avere mi saputo la data del tuo compleanno, quindi siamo pari :-)

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