Notazione polacca inversa

Paolo Beneforti potrà finalmente vedere che non ce l’ho solo con Repubblica.it. Il Corsera ha appena pubblicato questo articolo, scopiazzat^W tratto da Wired (a onor del vero, il link ce l’hanno messo), dove si parla della prima calcolatrice meccanica in grado di fare moltiplicazioni, e si termina con la frase «Nel 1972, grazie al contributo di queste (e altre) grandi intuizioni, nascerà poi la Datamah, la prima calcolatrice tascabile prodotta da Texas Instruments.».
Ok, la serie di calcolatrici sarebbe la Datamath, ma bisogna dire che la traduttrice ha fatto una ricerchina, visto che il nome non c’era nell’articolo ufficiale. L’errore di battitura non lo computo certo. Il fatto è che se Wired ha deciso di fare una marchetta a TI, non è bello copiarla: la prima calcolatrice elettronica tascabile è stata la HP35 (vedi anche qua). Mi sa tanto che la signora Di Pasqua ai tempi non era ancora nata :-)

Ultimo aggiornamento: 2008-05-07 21:42

10 pensieri su “Notazione polacca inversa

  1. mestesso

    Lo so che sono un rompino ma…
    a) Per me, l’articolo del Corsera NON è una copia, ma una traduzione su licenza dell’articolo di Wired. Non che reputi il corsera particolarmente illuminato, ma il testo dell’articolo ed il link esplicito della fonte per me vuol dire che è parte di un accordo quadro tra editori (tipicamente io Corsera posso prendere X articoli a mio piacere, tradurli, adattarli alle mie esignze e postarli sul mio sito). Al 99%. E’ tutto fatto secondo gli standard aziendali. Troppo, per essere un cut&paste del ragazzino da 500EUR al mese…
    b) Ma scusa, la frase in italico dice espressamente e senza ambiguità, ed in modo sematicamente e grammaticalmente corretto, che la PRIMA calcolatrice TI è del 1972, NON che la prima calclatrice in assoluto sia la TI. Ho guardato l’articolo di Wired e pure lì il senso NON è ambiguo.
    Quindi, il problema dove sta, scusa? E’ un articolo *onesto* e *corretto*. E che diamine…

  2. .mau.

    @mestesso: può darsi ci sia un accordo quadro con wired, ma dall’articolo non si vede (sono abituato alla Stampa che scriveva sempre di chi era il copyright; d’altra parte in quel caso mi sarei aspettato anche il nome dell’autore originale). Sulla querelle TI vs HP (e nota che io ho sempre avuto calcolatrici TI, quindi non è una cosa partigiana) Wired ha fatto una marchetta, è chiaro. Ma dal testo io continuo a poter inferire che “le prime calcolatrici tascabili sono state TI”: sintatticamente le due letture sono entrambe possibili, semanticamente non si capisce perché parlare di TI altrimenti. Visto che la giornalista ha anche fatto una ricerca per scoprire il nome del progetto Datamath, poteva anche fare 31…
    @professore: no. racconta…

  3. mestesso

    > può darsi ci sia un accordo quadro con wired, ma dall’articolo non si vede
    Attento: esistono sostanzialmente due tipi di “contributi giornalistici”, con ben diverse coperture contrattuali.
    Le news in pillole, quelle più brevi di un articolo di dimensioni normali (scusa l’apparente ambiguità, ma la lunghezza considerata normale viene definita dall’editore, e non è un parametro standard), NON sono coperte da clausole di ripubblicazione integrale. Alias, non si vende il testo della news in pillole, si vende solo l’evento che descrive e l’editore si risparmia a) ricerca di news b) non ha problemi di timing. Se vuole, il ripubblicatore cambia o meno il testo, a sua totale discrezione. Il copyright NON c’è: perché NON vendi il testo. Ecco perchè manca “tradotto da…”.
    Gli articoli veri e propri invece, sono venduti *esclusivamente* a copertura integrale. Alias: erogazione dei diritti di autore, codice etico di attribuzione, clausole vessatorie del tipo “se la traduzione non mi piace o non è fatta dal mio traduttore di fiducia tu NON la pubblichi”. Il pubblicante è obbligato a scrivere “viene da…” perché c’è il copyright.
    Inoltre, te lo posso assicurare perché ho lavorato presso editori diversi, e ne ho visto le policies ;), gli americani controllano di routine i referrer, e hanno dei bot che immediatamente gli segnalano se un sito appartentente ad un editore straniero linka ad un suo sito. Ti posso assicurare che le conseguenze sono rapide, incisive e molto efficaci. Viste con i miei occhi ;).

  4. professore

    Chiedo scusa per non essermi accorto del “racconta” (non hai un sistema di notifica via email quando ci sono nuovi commenti? A dir la verità sono abbonato anche al feed dei commenti, dovrei leggerlo con più attenzione :-) ).
    Dunque, ricordo poco, ma ricordo degli spot pubblicitari in cui Columbro raccontava del modo “strano” di usare la calcolatrice che lui pubblicizzava, e nei quali diceva spesso “notazione polacca inversa”. Non so altro, nemmeno la marca della calcolatrice (anche se punterei su HP). Eravamo a metà degli anni ’70, direi.

  5. Sky

    Non ho letto tutta la pappardella, ma mi pare che qui ci sia una TI del ’67, basata su un prototipo del ’58.
    Pure io sempre avuto TI (che poi sono un tradizionalista: presa una (TI58C) e tenuta “per sempre”) ma sempre “amato l’idea” di avere una HP proprio per l’RPN: sono uno “strano” (traduz. “pirla”), dato che poi quando mi son trovato a lavorare con l’RPN (Forth) ne sono uscito matto. :-D

  6. .mau.

    @Sky: nel ’58 c’è scritto che hanno inventato il circuito integrato :-P
    La RPN ha il grosso svantaggio che ti costringe a mettere nell’ordine corretto i numeri prima di fare le operazioni. Poi è ovviamente più veloce, visto che hai fatto del lavoro tu e così hai ottimizzato il movimento dei dati – uno stack è molto più semplice da gestire.

  7. Sky

    @.mau.: azzz… hai ragione. :-/
    Miiiii che pignolo… sarai mica un matematico eh? ;-)))
    Comunque sì: l’RPN m’è sempre piaciuto come idea (son sempre stato per le idee strambe… strano che non mi piaccia il LISP :-D) ma alla fine l’ho odiato, nella pratica, perchè faceva lavorare ME. :-DDD
    (AKA pigrizia imperat)

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