Dopo Deus Caritas Est, la seconda enciclica di papa Ratzinger (Benedetto XVI, Spe Salvi, Libreria Editrice Vaticana 2007, pag. 101, € 2, ISBN 978-88-2097991-1) tratta della speranza. Si possono fare delle scommesse se un’eventuale terza enciclica sarà sulla fede :-) A parte questa battuta piuttosto scontata, ammetto che questa enciclica mi ha piuttosto deluso. Io da un’enciclica mi aspetto un testo che, anche se non a livello di dogma, riporta il pensiero ufficiale della Chiesa Cattolica. Qua, almeno nella prima metà dell’enciclica, abbiamo tutta una serie di dottissime citazioni papali che con la speranza c’entrano ben poco, e al limite riguardano la fede, non la speranza. Tutte cose che in una lectio magistralis mi stanno molto bene, ma qua mi sembrano piuttosto forzate. C’è poi naturalmente il leit-motiv di questo papa, vale a dire lo scontro diretto contro il concetto scientifico moderno. Il guaio di base da Bacone in poi, secondo Ratzinger, è legato al passaggio da un’idea “comunitaria” a una individualistica, passaggio che è stato persino assorbito dalla teologia cristiana (sezione 25). Il metodo scientifico ridarebbe infatti all’uomo il dominio sull’universo, dominio che aveva perso col peccato originale (16), facendo diventare così irrilevante la fede (17). Il progresso è “ragione e libertà”, entrambe volte direttamente contro fede e Chiesa (18). Il pensiero marxiano viene liquidato facendo notare che manca di una pars construens, come visto nella sua applicazione leninista (21). Naturalmente Benedetto XVI ce l’ha anche con il cattolicesimo attuale e rimpiange i bei tempi andati, con le offerte a Dio delle proprie piccole fatiche (40).
Dal punto di vista teologico, probabilmente non c’è nulla di nuovo, ma non sono certo un teologo di vaglia: ci sono però punti interessanti. La parte sulla fede “performativa” e non “informativa” (10), ad esempio, oppure il fatto che la libertà dell’uomo è intrinsecamente insopprimibile (24). La speranza deve inoltre essere verso qualcosa di infinito (30), il che porta inevitabilmente alla speranza nel Giudizio Finale: una bella immagine, che associa alla giustizia divina la speranza. L’ultima parte dell’enciclica, oltre a darle il titolo, è in effetti la più interessante dal punto di vista teologico, anche se la sezione finale sulla Vergine Maria dà quasi l’aria di essere stata aggiunta all’ultimo momento.
Onestamente, però, mi aspettavo qualcosa di più: è un po’ come quei temi che si fanno senza nessun errore di grammatica, scritti anche benino, ma che non scaldano per nulla il cuore.
Ultimo aggiornamento: 2008-03-16 20:12
Me l’hanno regalato a Natale. E’ rimasto sotto l’albero.
Beh, adesso hai il riassunto, no? :-)
C’è solo un aspetto del tuo post che non mi convince. Tu dici che “da un’enciclica” ti aspetti “un testo che, anche se non a livello di dogma, riporta il pensiero ufficiale della Chiesa Cattolica”.
In realtà, è proprio nella natura dell’enciclica essere un testo personale del papa, da non farsi coincidere con una posizione generale della chiesa (che casomai è destinataria del testo stesso, e quindi interlocutore del papa). L’unico caso in cui si può parlare di “pensiero della chiesa” è nei testi redatti dai concilii.
@Daniele: diciamo che volevo dire che quello che il papa dice nelle udienze, o la domenica all’Angelus, o nelle visite pastorali è di importanza molto minore. Ammetto di avere dimenticato i documenti conciliari nella mia casistica, però.