La matematica che faccio io, qui sul blog o comunque in giro, è sempre “di basso livello”: per quanto strano possa sembrare, non sono mai stato molto bravo con la teoria, e mi trovo più a mio agio con la pratica. Pratica matematica, d’accordo, che per chi matematica non ne fa è già abbastanza astrusa di suo, ma comunque relativamente meno teorica.
Bene, leggo su Ars Mathematica di un teorema, di cui confesso non capire una singola parola tecnica dell’enunciato, che è stato “dimostrato” in questo modo.
(a) Il teorema viene dimostrato supponendo che sia vera l’ipotesi del continuo. (Ipotesi che, come scrivevo qua, si può accettare oppure rifiutare senza che la matematica crolli; quindi fin qua siamo a una dimostrazione per così dire in ambito ristretto)
(b) Dimostrano un metateorema, che dice più o meno “per tutti i teoremi di una certa forma – teoremi tra i quali c’è il nostro – se esiste una dimostrazione che richiede l’ipotesi del continuo allora esiste un’altra dimostrazione che non ha bisogno dell’ipotesi del continuo”… ça va sans dire, la dimostrazione non è costruttiva, ma si limita a dire che una qualche dimostrazione deve esistere, senza mostrarla.
(c) Dal “teorema ristretto” (a) e dal metateorema si ottiene la dimostrazione del nostro teorema.
Essendo buono, vi faccio un paragone terra-terra :-) che dovrebbe rendere l’idea.
Teorema: una persona può andare per strada da Milano a Torino.
Dimostrazione: (a) se supponiamo che questa persona possieda un mezzo cui è permesso di percorrere le autostrade, c’è un’autostrada Milano-Torino: lui la prende ed è a posto. (b) Per tutti i tratti autostradali esistenti, si sa che esiste un’altra strada che non è un’autostrada, e che ha lo stesso percorso dell’autostrada corrispondente. (c) Quindi deve esistere una strada normale da Milano a Torino. QED.
Messa così, in effetti, la cosa ha un po’ più senso, almeno per me (e sono fiero del paragone!). Resta il fatto che a certi livelli a mio parere non si fa più matematica ma metafisica, e che uno inizia a capire il punto di vista di Brouwer quando si è scocciato delle dimostrazioni di semplice esistenza e ha iniziato a pretendere che si può parlare di matematica solo quando costruisci il tuo risultato.
Ultimo aggiornamento: 2007-10-09 10:54
La tua analogia mi pare buona, e in effetti risultati di questo tipo esistono in vari campi della matematica (ehm, tutti un po’ tecnici).
A me non pare metafisica; qui le dimostrazioni ci sono. Francamente trovo molto peggio i colleghi alla “ah no, meglio scrivere 40 pagine in più ma io l’assioma della scelta non lo uso”.
La matematica migliore è la più semplice, non la più elementare. Ben vengano i metateoremi. Certo, non nella divulgazione: sono cose da iniziati. Un po’ come quando i pitagorici buttarono uno in mare prima che andasse a raccontare in giro che la radice di due è irrazionale.
Uhhm, potresti postare un po’ meno? Sto ancora leggendo il post sulla media e ho qualche ritardo mentale. Scusa, eh. Davvero. Dopo un post matematico prenditi 3 giorni. Fallo per me.
guarda, ho appena pubblicato la recensione di un libro di filosofia della matematica, però ti prometto che adesso per un po’ scrivo solo cazzate leggere. Occhei?
io disapprovo la tesi di questo post. :D
la teoria, anche a quei livelli molte meta-, vien sempre e solo come sistematizzazione di strumenti matematici pratici; e tale sistematizzazione storicamente genera l’esigenza di nuovi strumenti pratici; insomma ciò che racconta l’ottimo prof. Enrico Giusti in “Ipotesi sulla natura degli oggetti matematici”.
potrei anche immaginare che il teorema in questione (una teoria conserva i prodotti ridotti se e solo se può essere interamente definita in termini di Horn sentences) sia uno strumento matematico (rectius, informatico) pratico. Peccato che non sappia quale sia :-P
Matematica & parole
Questo e quest’altro post di .mau. (non indispensabili alla comprensione di quanto sto scrivendo, ndpb :D) mi danno lo spunto per un discorsetto tera-tera sui termini usati in matematica. Nella fattispecie, nel primo di quei post si notava come, calcol
Barbara> “ah no, meglio scrivere 40 pagine in più ma io l’assioma della scelta non lo uso”
Io sono un fisico e non un matematico, però in gioventù mi sono occupato di teoria dei sistemi quantistici caotici, dove giocano un ruolo fondamentale la teoria spettrale degli operatori essenzialmente autoaggiunti e, di conseguenza, l’assioma di scelta. Per la precisione è importante nello studio della transizione tra moti legati e moti liberi, dove compaiono (o non compaiono, se si rifiuta l’assioma) operatori con insieme spettrale non misurabile.
Ecco, l’uso di quell’assioma lì per cavarne conseguenze pratiche mi ha sempre lasciato molto, ma molto perplesso.
ah no! il teorema non è necessariamente uno strumento matematico (informatico): è – in generale – una sistematizzazione di strumenti mat.; vien fuori – sempre in generale – dall’esigenza di rendere rigoroso un oggetto matematico di uso pratico (o anche allo scopo di dimostrarne delle proprietà). questo storicamente, neh: nel caso in questione non so neanche lontanamente di cosa tu stia parlando. ;)
fB: L’assioma della scelta è indipendente dal resto. Quindi puoi prenderlo vero, o falso, come ti fa comodo: non vengono fuori contraddizioni. L’idea che possa avere conseguenze pratiche è interessante.
Paolo Beneforti: di solito i matematici, una volta che hanno una bella teoria chiara, preferiscono dimenticare la miriade di casi particolari da cui deriva.
Quanto è difficile leggere il libro di Giusti? Io a filosofia a scuola andavo benino, ma era tanti anni fa…