Io sono uno dei tanti (troppi?) per i quali la musica dodecafonica e postdodecafonica è assolutamente inascoltabile. Devo dire che non ci ho mai perso il sonno sopra, visto che c’è tanta di quella musica a disposizione che non mi capiterà certo di trovarmi in crisi di astinenza: Andrea Frova invece, da buon fisico, ha deciso di andare a fondo sulla cosa e ha scritto questo libro (Andrea Frova, Armonia celeste e dodecafonia, Rizzoli – BUR, ottobre 2006, pag. 360, €10.20, ISBN 978-88-17-00763-4) per decidere “scientificamente” una volta per tutte se quello contro la dodecafonia è un pregiudizio oppure ha un qualche fondamento. Il risultato è stato “è proprio vero”, riuscendo così a spaccare i lettori. Tra gli altri commenti che ho letto, non ci sono mezze misure: o viene dato il voto massimo o il minimo. Il problema è che mi pare che i voti vengano dati più che altro per partito preso, a seconda se si sia dodecafilici (sparuta minoranza) o dodecafobici. Onestamente, nel testo ci sono parti molto interessanti, come ad esempio tutta la sezione centrale che spiega come i vari strumenti emettano il loro suono e come gli inviluppi delle varie armoniche modifichino il timbro. Anche la parte finale che mostra come i nervi vengono stimolati dalle onde sonore non è male. Però le settanta pagine del primo capitolo “Ascesa, trasfigurazione e morte dell’armonia tonale” sono un panegirico a volte persino imbarazzante di com’è bella l’armonia classica, com’è buona l’armonia classica, che perfino i neanderthaliani conoscevano l’armonia classica, che la musica delle altre culture sia così piatta in confronto all’armonia classica, e via discorrendo. (Su quest’ultimo punto devo ammettere che quando a Kobe ascoltai della musica tradizionale giapponese la trovai molto noiosa, tranne l’ultimo pezzo; il mio collega giapponese mi spiegò che quello era stato “contaminato” dall’armonia occidentale). Alla fine, insomma, il libro mi sembra quasi essere un pamphlet, intendiamoci scritto molto bene, ma che non smuoverà di un centimetro le certezze di nessuno.
Ultimo aggiornamento: 2019-12-11 11:15
Beh, a me sembra una banale questione di “orecchio”. E’ ovvio che le sonosrità dell’armonia classica per noi occidentali sono molto più “familiari” ed usuali essendo sempre stati immersi in tali sonorità, mentre non riusciamo a cogliere tutta la raffinatissima ricchezza di ritmi, ad es., della musica africana o le sonorità di quella orientale.
Così come molti oggi hanno difficoltà a godere della musica lirica quando oltre un secolo fa era “la” musica popolare per antonomasia.
Non sono un tifoso nè un nemico della musica dodecafonica, anche se rimprovero a quest’ultima (coì come a quasi tutta l’arte del secolo scorso, di essere divenuta materia per i soli “addetti ai lavori” e che se ne può godere solo attraverso una analisi del linguaggio. Però mi spiace questo impoverimento della capacità di ascoltare, e di godere, di sonorità “altre”.
Tieni anche conto che nel famigerato primo capitolone Frola dice “com’è che in tempi di globalizzazione trovi giapponesi e altri tutti goduti ad ascoltare la musica occidentale, mentre il viceversa non c’è?” e che nella fine le scale eptatoniche e simili sono solo accennate senza entrare nel dettaglio… è per questo che io considero il libro un pamphlet (anche se credo che ci ruberò qualche idea scritta nella parte di mezzo per le mie pillole di teoria musicale)
Non ho certezze, ma vedo che sia in campo musicale che nel campo delle arti figurative, le persone che trovano insopportabili le espresioni moderne o contemporanee, di solito sono anche superficiali conoscitori di quelle antiche.
La musica dodecafonica è solo l’inevitabile conseguenza dell’armonia classica.
L’armonia classica è abbastanza difficile da definire esattamente, tutta la musica classica ha seguito un percorso verso intervalli e rapporti tra i suoni sempre piu dissonanti Wagner, che all’orecchio contemporaneo suona quasi sdolcinato, era pieno di dissonanze molto spinte, mentre la musica dodecafonica ritorna ad una purezza di suoni che si era persa dopo Bach.
Penso che per molti ascoltatori le sonate per violomcello di Bach siano quasi piu inascoltabili di Webern.
concordo con chartitalia: la musica armonica si apprezza più facilmente per un mero fatto culturale (come l’arte figurativa, del resto) – e soprattutto senza fare fatica.
quanto al predominio della musica occidentale, beh, “cuius regio, eius religio”. il gusto dei vincitori si impone sempre.