(se vuoi una mia recensione più seria, va’ su Galileo!)
Hardy, nella sua Apologia di un matematico, si lamentava che ormai alla sua età non potesse più fare matematica ma si dovesse limitare a farla conoscere. Ian Stewart apre questo suo libro (Ian Stewart, Com’è bella la matematica [Letters to a Young Mathematician], Bollati Boringhieri – Nuova Cultura 2006 [2006], pag. 157, € 17, ISBN 9788833917146, trad. Benedetta Antonielli d’Oulx) con questa citazione, e subito aggiunge qualcosa tipo “beh, adesso le cose sono cambiate: si può fare matematica fino a tarda età, e comunque divulgarla è bellissimo”. In effetti, questo breve libro vuole essere l’aggiornamento al ventunesimo secolo dell’ormai classico testo di Hardy, partendo dalla demisoginizzazione del testo – le lettere sono a una giovane fanciulla, seguita dalle scuole superiori alla sua prima cattedra accademica – e arrivando alle spiegazioni della vita attuale di un matematico di professione.
Di per sé l’idea è ottima, e sicuramente alcuni capitoli permettono anche al profano di avere un’idea del perché un matematico si sente tale – ad esempio, la parte sulle dimostrazioni come la narrazione di una storia è davvero interessante. Inoltre non ci sono formule, e quindi non dovrebbe spaventare il lettore. Peccato – a parte per il prezzo – che il libro abbia svariati refusi, e soprattutto alcuni punti in cui la matematica descritta sia sbagliata: Fermat ha dimostrato il suo teorema nel caso n=4, e l’enunciato del teorema di Bernstein è errato. È vero che il profano non si preoccuperà più di tanto della cosa, ma un ulteriore controllo sarebbe stato utile.
Ultimo aggiornamento: 2007-06-04 12:12