Lo so, con questa recensione mi alienerò la stima e l’amicizia di tutti i fan del maghetto: ma qualcuno lo deve pur dire. Ho capito il motivo dell’enorme successo della saga potteriana: non è la magia della magia, ma molto più banalmente il fatto che Harry Potter è stupido come può esserlo solamente un adolescente; e subito scatta l’identificazione. Limitandoci a questo sesto libro (J. K. Rowling, Harry Potter and the Half-Blood Prince, Bloomsbury 2006 [2005], pag. 607, Lst 6.99, ISBN 0-7475-8468-0) devo dire che mi è piaciuto più del quinto, e non l’ho trovato così dark come scritto in quarta di copertina: da questo punto di vista, “l’Ordine della Fenice” era davvero alienante. La Rowling affastella colpi di scena uno dietro l’altro ma non riesce a spiegare una serie di cose, tipo il comportamento di Snape – Piton, per chi legge in italiano – nel corso di tutti i libri. Resta il fatto che Harry Potter porta indubbiamente sfiga, visto che tutti quelli cui vuole bene muoiono; se aggiungiamo che alla fine lascia apposta la sua ragazza, dimostrando vieppiù come gli ormoni non aiutino a pensare troppo, non possiamo che aspettarci nel prossimo e sperabilmente ultimo volume una bella “fine con un bang”.
Ultimo aggiornamento: 2007-02-05 12:21
e io che un po’ mi sentivo stupido per non averne letto nemmeno uno.Grazie.
Bè, non ti aspetterai una spiegazione del comportamento di Piton prima della fine della saga, nevvero? E’ uno dei punti cruciali di tutta la storia, solo Silente si fida di lui, il suo comportamento è sempre sul confine tra bene e male…
Comunque, la cosa più carina da leggere sono gli intermezzi adolescenziali. (Ronron :-) ).
Il problema della Rowling è che non puoi prevedere il colpevole secondo la logica perchè ci caccia sempre il colpo di scena o il particolare non noto al lettore (e questo a .mau. rode parecchio ;P). Comunque il bello è che ai punti in sospeso viene data sempre una spiegazione (nei libri successivi, ovvio!) e quindi questo mondo magico ha una sua razionalità. In generale però mi piace per la parodia del nostro mondo (adolescenti, ma anche società adulta) che viene fatta attraverso il mondo fantastico.
Da un punto di vista “reale” (AKA “non fantastico nè magico”) la saga m’ha dato un pò fastidio, proprio in quanto progettata per un marketing continuato: in genere uno scrive un libro e poi, se gli va bene, scrive il sequel (che però spesso si rivela una delusione, segno che le idee migliori sono quelle partorite di getto).
Qui invece abbiamo proprio la pianificazione dello “scrivere per il mercato”… cosa piuttosto “indegna” a mio parere (anche se, forse, comprensibile alla luce dell’evoluzione della nostra società).
Poi io non ne posso parlar così male, avendolo “usato” a mia volta per “uscire dal tunnell” tolkeniano (sì: mi son letto d’un fiato “Lo Hobbit”, “Il Signore degli Anelli” ed “Il Silmarillion”… alla fine ero talmente down che, per riprendermi, mi sono sparato “in vena” i primi quattro libri della Rowling: ha funzionato perfettamente come un ottimo LSD e ne sono uscito bene ;-)).
Dopo ho quindi letto gli altri, quando sono usciti, ma a parte guardarne con piacere/divertimento i film (l’unico caso a me noto in cui il film è migliore del libro… che è tutto dire), non li considero “letture sensate”: sono semplicemente degli “spuntini piacevoli” tra un libro sensato(*) e l’altro. ;-)
Comunque, sì… speriamo che la cosa abbia fine: oramai anche l’avida Rowling dovrebbe esser sazia. :-/
(*) laddove, chiaramente, intendo “sensato per me”: che potrebbe anche non coincidere con la definizione di “sensato” comunemente accettata. ;-)
@Sky, i libri sono scritti bene (secondo me), la divisione in cinque (?) libri mi pare ragionevole, i libri non contengono parti annacquate tanto per fare durare la saga di più, le uscite dei libri sono in tempi ragionevoli. Anche se c’è un po’ di marketing fa lo stesso, di certo questa volta la qualità dell’opera non ne ha risentito. Mi darebbe più fastidio acquistare un sequel orribile di un libro bellissimo che l’autore (o suo figlio) ha scritto tanto per racimolare un po’ di denaro sull’onda del successo del primo.