Edoardo II (teatro)

Dopo qualche problemuccio con charta.it per riuscire a recuperare i biglietti last minute, ieri sera siamo riusciti ad andare al Grassi per vedere quest’opera marlowiana. A proposito di last minute: vorrei sapere come il Piccolo decida di suddividere i posti tra quelli internet e gli altri, visto che da rete sembrava fosse strapieno mentre le ultime cinque file erano vuote, e vorrei anche sapere perché il biglietto costava 10 euro più 0.90 di prevendita, ma noi l’abbiamo pagato 12.45. C’è anche una post-prevendita?
Ma lasciamo perdere queste bieche considerazioni venali, e passiamo piuttosto all’opera, che potremmo riassumere in breve come “I PACS all’epoca dei Plantageneti”. Marlowe, genio maledetto morto non ancora trentenne, non è certo delicato come il suo contemporaneo Shakespeare: ci si ammazza che è un piacere. L’allestimento del Teatro Stabile dell’Umbria è molto bello, anche se ha scioccato parecchi degli habitué del Piccolo. Passi avere una bara sul proscenio, ma vedere come prima scena Edoardo II completamente nudo che va a prendersi la corona posta sulla bara non è proprio un inizio standard…
Danilo Nigrelli ha tra l’altro un dannato fisicaccio, ma tutta la compagnia è comunque ben piazzata fisicamente, anche perché la scelta della regia è stata di eliminare praticamente i costumi (no, non sono nudi! semplicemente hanno tutti dei lunghi vestiti grigio scuro, e delle specie di elmi in maglia), lasciare quasi sempre tutti gli attori in scena nascosti sullo sfondo giocando sulle luci che illuminano i protagonisti, e fare “cambi scena in corsa”, uniti a una specie di danza in alcune scene, e accelerare al parossismo il passaggio da una scena all’altra, quasi in stile spot pubblicitario. Anche gli inserti in latino e in gregoriano all’interno del testo accrescono quest’aria cupa che dà il suo bel fascino: le due ore e mezzo abbondanti (con intervallo) filano via che è un piacere. I duetti tra Edoardo e Gaveston-Marco Foschi sono poi favolosi.
Punti negativi? per quasi tutto il primo tempo, la colonna sonora di sottofondo era più che altro un rumore che sembrava di stare in metropolitana. Ma soprattutto c’è l’assassinio della grammatica italiana, per la precisione del congiuntivo. La traduzione di Letizia Russo l’ha praticamente abolito, e ogni volta che sentivo dire cose tipo “voglio che tu sei mio” sobbalzavo dalla sedia. Ognuno ha i suoi limiti nella sperimentazione.

Ultimo aggiornamento: 2006-04-25 18:03