Lo ammetto. Non lo avevo mai visto prima. Devo dire però che scegliere di andare a teatro la sera di San Silvestro non mi è sembrata una grande idea, considerato il markup sul biglietto (35 euro invece che 19 – e tenete conto che era tutto finito alle 22:45). C’è ancora tempo fino a domenica 8 a prezzo normale…
Ciò detto, passiamo all’opera vera e propria. La scelta, non so se originaria di Fo oppure di Ferdinando Bruni che cura la regia oltre che fare il Matto, è stata di rendere la storia come un classico esempio di Commedia dell’Arte. In pratica, i vari personaggi sono delle maschere dialettali. Il questore, probabilmente per la ciccia che fa ricordare Balanzone, parla in bolognese; il commissario Sportivo, con la sua dolcevita nera e i finti bicipiti, ha un marcato accento siciliano (presumo che farlo parlare in “calabrese” fosse un po’ esagerato…) Bertozzo è ligure, la giornalista (immagino la Cederna) napoletana e l’agente ha il doppio ruolo di pugliese e veneto. Bruni continua a cambiare registro linguistico e caratteriale, come del resto necessario per il suo lavoro, ed è davvero bravo.
È vero che, come del resto disse anche Fo, lo spettacolo è costruito direttamente sui verbali, senza aggiungere nulla; bisogna però dire che forse occorrerebbe qualche spiegazione in più, se si vuole continuare ad averlo come testimonianza e non come semplice farsa (il vescovo che parla in “tetesco bafarese”, l’originale nome del sedicente psichiatra Antonio Rabbi che è stato trasformato in Rogerio Maria Rabbi…) Insomma, chi non sa di cosa si parla o lo sa a malapena rimane a mio parere spiazzato.
Ultimo aggiornamento: 2019-12-20 13:00