La scorsa settimana sui giornali ci sono state due notizie riguardanti il clero italiano, notizie che sono subito state avvicinate, non saprei dire se per precisa volontà o per l’abitudine di etichettare le cose dopo avere letto sì e no due righe. E dire che sono completamente opposte.
In Calabria, un sacerdote ha rifiutato di celebrare una messa funebre per una donna che conviveva con un divorziato. Il vescovo di Pistoia si lamenta perché «i rapporti gay metono in crisi la virilità. Un colpo all’identità maschile, una decisione che incrementa la perdita di virilità, una sciagura che scaturisce dalla femminilizzazione della società». Andiamo però un po’ più a fondo, cercando per quanto possibile di fare un’esegesi a partire da testi non originali.
Nel primo caso, il sacerdote ha semplicemente applicato la legge canonica a quello che fino a prova contraria è una cosa interna alla chiesa cattolica. Tra l’altro, non è neppure vero che ha mancato di carità cristiana (o detto in altro modo, “due spruzzate di acqua santa poteva anche darle”). Leggendo l’articolo, infatti, si scopre che la benedizione della salma c’è stata, e quello che probabilmente non è stata fatta è la messa funebre. Se mi è permesso azzardare un’interpretazione, l’assessore intervistato nell’articolo conosceva qualcuno a Repubblica e ha fatto il diavolo a quattro per avere l’articolo.
Il vescovo di Pistoia ha invece scritto una lettera al consiglio comunale di Pistoia, che ha recentemente istituito un Registro delle Unioni Civili. Indubbiamente, come cittadino italiano, ha pieno diritto di fare delle domande al consiglio comunale della città dove risiede. Però trovo che farlo mettendo bene in chiaro che sta parlando il vescovo e non un cittadino è un’invasione di campo, e questo indipendentemente dal giudizio sugli argomenti portati.
Il problema maggiore che vedo io, però, è che mettendo insieme questi due fatti completamente slegati si afferma implicitamente il diritto della Chiesa di entrare nei fatti dello Stato. Mi chiedo se i paladini dell’anticlericalismo si accorgano di questa loro contraddizione.
Ultimo aggiornamento: 2005-07-25 11:31
il nostro amato vescovo scatizzi il giorno dopo, visto il casino, ha telefonato al nostro altrettanto amato sindaco berti, spiegandogli che la sua lettera era solo una – rotfl – richiesta di informazioni (così dice la cronaca locale, sull’attendibilità della quale non metterei un’unghia tagliata sul fuoco) e appacificandosi così con l’amministrazione comunale.
invece i gruppi consiliari hanno continuato a far casino per qualche giorno. da notare il gruppo della margherita che, benché sia nella maggioranza, ha dichiarato di essere d’accordo col vescovo.
da notare anche che il buon scatizzi, in gioventù, era un esponente di un certo rilievo del clero conciliare (“di sinistra”, si potrebbe dire), cosa per la quale pare sia rimasto in questa piccola diocesi per tutto il pontificato di Woytila: mi chiedo dunque se a) il vescovo Scatizzi sia sbandato a destra in vecchiaia (come Paolo VI); o se b) il nuovo vento del radicalismo cattolico e dell’ingerenza religiosa non trovi consensi anche nel clero più liberale.
mah, io ho linkato il forum della Margherita (dove presumo ci fosse la lettera originale del vescovo) perché è stato il miglior link che ho trovato: persino il corsivo di Repubblica l’ho solo visto in copia su altri siti.
Sul “nuovo vento cattolico”, non saprei. Monsignor Bettazzi, che è stato indubbiamente un progressista e infatti è rimasto bloccato a Ivrea per tutto il tempo, ad esempio aveva spiegato perché aveva votato (NO, e a giochi fatti) per i referendum sulla procreazione assistita. La sua mi è sembrata una posizione che molti non accetteranno ma che comunque è rispettabile…