È sempre un problema decidere di scrivere una serie di libri con un protagonista che cresce. Se poi non ci si limita alla classica trilogia, ma si vuole arrivare a farne sette, i problemi aumentano: e Harry Potter non fa eccezione. Nel quinto volume della saga (J.K.Rowling, Harry Potter and the Order of the Phoenix, Bloomsbury 2004, p. 766, Lst 7.99, ISBN 0-7475-6107-9) cominciano a morire personaggi non esattamente secondari, e comincio a pensare che tra due anni avremo una scena simile a quella dell’Amleto dove tutti muoiono. Cosa dire del libro senza rivelare la trama – anche se mi pare una preoccupazione inutile: tutti ormai sanno di che si parla prima ancora che i libri siano pubblicati? L’atmosfera diventa sempre più cupa, non dico da horror ma quasi gotica; Harry crescendo si vede scuotere le poche certezze che aveva senza riuscire ad accettare la verità; la sua vita sentimentale è quella di un perdente – ho avuto un’esperienza pluridecennale che me lo fa capire senza problemi. Il tutto in un testo che è quasi lungo come i primi tre libri messi insieme, il che darà certo piacere a chi si mette a leggerlo, ma mi lascia dei dubbi su cosa riuscirà a fare negli ultimi due volumi della saga. Spero per lei che si sia preparata una scaletta dei nuovi colpi di scena. Il libro si fa leggere bene, nulla da dire, però mi è rimasto l’amaro in bocca. La vita sarà sì triste, ma perché rifletterlo anche nei romanzi?
Ultimo aggiornamento: 2005-05-12 12:25
Naaaa, la cupezza che prende piede dal terzo libro in poi è il bello della saga. Non c’è letteratura senza disperazione.
Sì, ma come lo spiego al piccolo? Poi piango… cioé, no, piange [accidenti al lapsus freudiano]
Vero. La saga prende una piega più amara e “adulta” già dal 4° libro (il terzo è una fase di transizione e, da quello che ho visto finora, il canto del cigno della Rowling…).
Niente da dire sulla “virata” gotica in sé (col crescere dei personaggi è d’uopo un adeguamento delle tinte), ciò che manca sono la spontaneità e quel gusto per l’intreccio, che la Rowling sembra aver dovuto sacrificare in nome delle scadenze editoriali. Sulla scrittura (buona, nei limiti di un romanzo per ragazzi) mi posso pronunciare solo per le edizioni inglesi: un’occhiata alla traduzione non mi ha fatto un’ottima impressione. Quanto alle morti dei personaggi (del 5°) nutro qualche perplessità… Che qualcuno si rifaccia vivo?
Detto questo, speravo di non doverlo mai affermare, ma la parte più emozionante dell’Oridne Della Fenice è stato il Midnight Opening alla Feltrinelli per avere le prime copie in inglese… poi pochino.
Ciao, Carlo.
Perché, come diceva Roald Dahl, “I bambini vogliono solo essere spaventati”. (Senti: io a sette anni mi imparavo a memoria una poesia di Garcìa Lorca sulla morte di una cicala, e tutte le letture più lacrimose e tragiche del sussidiario. E adesso quando rido di gusto mi sentono in un raggio di venti metri.)