Abbiamo poche certezze nella vita. Una di queste, almeno negli ultimi anni, è che l’ultima domenica di marzo scatta l’ora legale, e che l’ultima domenica d’ottobre scatta l’ora solare. Sì: “scatta”. Nemmeno fosse uno sprinter: eppure tutti i giornali mettono il loro bravo disegnino in prima pagina il giorno prima come avviso e il giorno dopo come memento, e credono così di essersi tacitati la coscienza al riguardo. Al limite, se proprio c’è bisogno di una notizia leggera per riempire una pagina, si limitano al solito articoletto che racconta di un qualche gruppetto di persone contrario a questo abominio, che modifica artificialmente i nostri ritmi di sonno e veglia.
Ma fossero solo questi i problemi! L’ora legale è davvero una iattura per l’economia italiana, e questo è facilmente dimostrabile. Iniziamo a pensare all’operazione che siamo costretti a fare due volte l’anno: aggiustare i nostri orologi. Avete mai notato quanti segnatempo ormai abbiamo? Un orologio da polso, tranne chi preferisce indossarne uno diverso a seconda del giorno; una sveglia, o due per chi ha il sonno pesante; magari un orologio da muro o una bella pendola. Ma non è mica finita qui! Il videoregistratore ha generalmente un orologio incorporato, l’automobile pure, a casa mia il forno tiene il suo bell’orologio, per non parlare dei telefonini. Perdinci, il mio ciclocomputer segna l’ora! Un poveretto ci mette in media una settimana a scovare tutti gli orologi per casa e dintorni. Quando va bene, poi, l’orologio ha un pulsantino che ti aggiunge o toglie direttamente i sessanta minuti voluti, ma a questo punto ti devi ricordare qual è il pulsante, e il tempo lo perdi lo stesso. In autunno la cosa è ancora peggiore, perché le lancette devono essere portate indietro. Non so se avete notato che sempre più orologi possono solo essere portati in avanti. Questo significa undici o addirittura ventitré ore di lento scorrere delle lancette o di numerini sul display che si succedono, con il timore di superare l’ora corretta e dovere ricominciare da capo.
Per il resto? Per chi non lo sapesse, i contratti di lavoro tendono a scrivere che i turnisti che lavorano anche la notte debbono fare entrambi i turni di fine marzo e fine ottobre, così le ore lavorate si pareggiano. Peccato che questo non possa ad esempio farsi con i treni notturni. Passi in primavera, quando si beccano un’ora di ritardo che tanto non è poi così fuori dalla norma. Ma il ritorno all’ora solare è una tragedia. Questi poveri treni si devono fermare per un’ora da qualche parte – si spera in una stazione – per rientrare in orario, proprio il giorno in cui magari erano tutti belli pimpanti e in orario. Una vergogna.
La mia modesta proposta è di avere un’ora legale soft: l’ultima settimana di marzo si tolgono dieci minuti al giorno, e l’ultima di ottobre li si aggiunge. A questo punto gli orologi li dobbiamo cambiare tutti (e l’economia riparte!) e nessuno si preoccuperebbe più…
Ultimo aggiornamento: 2004-10-31 13:28