Decadimento cannabico

Repubblica.it, sempre sulla notizia, ci racconta del boom della marijuana fatta in casa. Non avendo io comprato lo starter kit, non ho possibilità di verificare le mirabili proprietà decantate dall’articolo.
Mi soffermo invece sugli effetti che furmarsi questa roba potrebbe avere avuto sulle abilità matematiche dell’anonimo estensore. Cito testualmente:
in media il contenuto di tetracannabinolo (Thc, la sostanza attiva della cannabis) si riduce del 17% ogni anno e sparisce completamente dopo due.”.
Bene, il decadimento dovrebbe essere naturalmente percentuale e non assoluto, come per l’uranio: se la radioattività si dimezza dopo un anno, dopo due anni ce ne sarà un quarto, dopo tre anni un ottavo e così via. Ma anche immaginando uno stupidino che sommi i 17% anno dopo anno, al secondo anno gli verrebbe fuori 34% che è un po’ diverso dal 100%.
Cosa succede in realtà? Beh, avevo supposto che, visto che qui non si parla di processi casuali come il decadimento radioattivo, in realtà ci fosse un’accelerazione nel secondo anno. Poi mi sono ricordato di come le notizie vengono scritte nei quotidiani, e sono andato alla fonte. Da qui leggo e traduco che
Il tasso di decomposizione del THC nella cannabis a temperatura ambiente è stimato al 17% per anno e, in alcuni casi, il THC scompare quasi del tutto dopo due anni di conservazione.
Leggermente diverso, vero? un po’ come il Δ9-tetrahydrocannabinol che diventa tetracannabinolo. Si riassume.

Ultimo aggiornamento: 2004-07-02 11:57

4 pensieri su “Decadimento cannabico

  1. GePs

    Ai giornalisti non interessa la scienza perché partono dall’assunto che i lettori sono un tantinello ignoranti, e voglio solo cronaca nera, sport & vip. Magari non proprio in questi termini, ma questa considerazione l’ha fatta una giovane cronista con cui ho avuto modo di confrontarmi: noi diamo alla gente ciò che la gente vuole, e ciò che la gente vuole lo sappiamo solo noi.

  2. .mau.

    No, il concetto è diverso.
    Qui non si parla di una censura – nel senso letterale del termine: “sono io giornalista a decidere cosa va scritto e cosa va taciuto”. Se loro credono che ad esempio parlare di matematica sia deleterio, e quindi evitano di farlo, la cosa mi dispiace ma la trovo relativamente comprensibile.
    In questo caso – come in molti altri – abbiamo invece qualcuno che ha preso un white paper uscito una settimana fa, citandolo a malapena, e riassumendone in maniera incomprensibile il testo.

  3. Luciano Mollea

    Qui non c’entra il giornalista che dà alla gente quello che vuole. Il giornalista – che di cannabis fa largo uso per scrivere le boiate che scrive in piena *libertà* (sul significato della parola ci sarebbe da aprire un simposio) – spera di “influenzare” il “potere” convincendo la gente (che in parte ha già le stesse idee preconcette che il giornalista espone nell’articolo) che la droga non fa male, e che tutto è ok, madama la marchesa, salvo poi indignarsi per le stragi del sabato sera di ragazzi che prendono l’esempio (buono? cattivo?) di farsi in piena libertà e spalmarsi contro i muri. Tanto è “la società che deve farsi carico”.

  4. Luca

    Spesso si confonde notizia con informazione,informazione con conoscenza, conoscenza con cultura.Nei tempi veloci in cui viviamo tu vorresti sostituire la fatica di leggere un libro con una notiziola su repubblica it. Una bella pretesa che fa di te solo uno che non sa, ma scontento per cui te la prendi con il giornalista che, forse, non ha fatto bene il suo lavoro. Forse. In quanto lui voleva solo dirti che il THC si riduce annualmente e in due anni sparisce.Ne vuoi sapere di più,leggi.Non tibasare solo su internet o sui giornali o sulla tv.Son strumenti che danno notizie ma non informazione. per sapere ci vogliono i libri. E’ più faticoso però :-)

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