Ieri sera, opera! Ci eravamo presi i biglietti per L’Italiana in Algeri, partendo dal principio che un’opera buffa sarebbe stata più digeribile di un drammone.
Il primo problema si è avuto per gli spostamenti. Avevamo deciso di prendere il tram come Gabriele Albertini: in fin dei conti partiva da sotto casa e ci lasciava lì, e poi era la Metrotranvia, altroché! Il guaio è che ne passa uno ogni tredici minuti, e io non ho ancora capito che non bisogna mai dire la verità, e occorre togliere almeno tre minuti all’orario ufficiale di passaggio. Invece, trullo trullo, ho detto “il 7 passa alle 19:26”, così Anna e la sua amica Roberta sono uscite in modo di arrivare alle 19:26:30 e permetterci di vederci passare davanti il tram.
Risultato? Piano B, gli ennesimi quattro piani di scale a piedi per tornare a casa a prendere le chiavi della vecchia Tipo.
Arrivati alla Bicocca – certo che se qualcuno avesse pensato anche a mettere qualche negozio, bar, o simile, e non solo grandi parallelepipedi di università e simili – e parcheggiato, siamo entrati nel teatro, che da fuori bisogna dire che ha un bell’aspetto, e abbiamo commesso il secondo errore: prendere un caffè alla buvette. Il costo dei sette grammi di espresso è infatti di 2.10 . Sì, non ho fatto un errore di trascrizione: dueeuroedieci per un caffè, alla faccia del markup. Roba da mettere qualche bomba. Ma già tutto il sistema secondo me è sbagliato: piuttosto che obbligare a pagare una commissione di prevendita (10% al botteghino, addirittura il 20% via Internet) occorrerebbe partire con il prezzo più alto, e al limite fare le offerte LastMinute nel caso avanzino dei posti all’ultimo momento.
Alla fine ci siamo infilati nel nostro posto in piccionaia, seconda galleria, cinquanta metri dal palco. A onor del vero, la visuale è ottima, e anche le poltroncine erano, anche se al pelo, a una distanza relativa sufficiente per le mie povere gambe. Il display sulla poltroncina è molto comodo, e permette in genere di comprendere quanto i cantanti stanno pronunciando: si sa che l’opera non è esattamente nata come lezioni di dizione.
Due parole sull’opera in sé: Rossini è sicuramente divertente, e il bell’allestimento ha accentuato il concetto di opera “buffa”, con delle scenette divertenti tra i protagonisti. I protagonisti sono generalmente convincenti, tranne a mio parere Mustafà, troppo debole di voce: cosa peggiorata dal fatto che sembra che l’acustica sia stata malcalcolata, e il forte dell’orchestra tende a coprire le voci dei cantanti, peccato mortale.
Noticina finale di colore: mentre tornavamo alla macchina, abbiamo sentito una tipa sulla cinquantina urlare al telefonino alla su’ mamma e comunicarle che “era già finito”, e ora lei “era sul bus che però non partiva ancora!”. Forse la voce non era ben impostata, ma a mio parere poteva forse sovrastare l’orchestra.
Ultimo aggiornamento: 2003-03-17 10:56