A quanto pare, Sandra e Raimond… ehm, i nostri vicepresidenti del consiglio, sono fiduciosi sulla nostra economia, anche perché è sulla buona strada. Affermano infatti che ce lo dicono «I maggiori incassi dell’Irpef e dell’Iva quasi dell’8 per cento e la diminuzione della disoccupazione rispetto al 2018 nei primi quattro mesi di quest’anno».
Come hanno fatto notare in molti, quello che è successo davvero è che l’Irpef è cresciuta del 3,6% e l’Iva del 4.2%. Certo, 3,6+4,2 fa quasi 8: ma come dovrebbe essere chiaro dalle elementari non si possono sommare quelle due percentuali di crescita ma fare una loro media pesata. (Occhei, alle elementari non si parla di media pesata, ma almeno ti dicono di non fare quei conti). Chi non è convinto della cosa può suddividere in una ventina di sottovoci i gettiti delle due imposte, sommare tutte le percentuali ottenute e scoprire che probabilmente siamo riusciti a raddoppiare il totale!
La vera domanda da farci è se il duo pensa che nessuno vada a vedere i numeri reali oppure se pensa che la gente anche quando li veda non sappia come combinarli. Non saprei dirvi qual è l’ipotesi peggiore…
Ultimo aggiornamento: 2019-06-07 18:19
Meno male che non ci capiscono nulla! Intanto perché il comunicato e la nota statistica offrono molti altri spunti rischiosissimi (per uno che di mestiere fa il cittadino pagante imposte) ma soprattutto perché spero che, nella confusione generale, a qualcuno prima o poi sfugga il dato sul PIL “vero” rilevato grazie all’obbligo di fatturazione elettronica.
qual è questo dato, per curiosità? (tanto basta ri-stimare quello dell’anno scorso dicendo che è cambiata metodologia, e nessuno si accorge di nulla)
E’ ancora troppo presto per fare i conti con la fatturazione elettronica, bisogna aspettare il 2020 (se va bene).
Ciò detto il PIL è una stima, non una misura, ed in ogni caso non la si desume dalle fatture (elettroniche o meno). L’unico scopo delle fatture elettroniche è quello di rendere più semplici e veloci i controlli: per il resto non vi è variazione alcuna.
Certo che il PIL è una stima ma se uno ha a disposizione tutte le fatture, i bilanci, l’esterometro, l’INTRASTAT e le dogane può *calcolare* esattamente la richezza prodotta dall’intera nazione (resterebbe stimata solo la porzione delle attività criminali, come nell’attuale PIL, a meno di fare richiesta al competente ufficio della mafia).
Mai un simile dato è stato calcolabile (e non stimabile) e, nel mix di confusione e ignoranza, ho la speranza che esca, che lo possa confrontare con il PIL e farmi una grossa risata.
Eh no non è così facile. Per la definizione di PIL occorre calcolare l’avanzo IVA generato da una catena di transazioni (alias diverse fatture). Anche avendo sottomano TUTTE le fatture come fai a determinare quali hanno generato IVA e quali no? Perchè moltissime fatture sono incrociate e/o in esenzione. No non è niente semplice…
Non ho capito. So tutto quello che ogni singola società acquista o importa. So tutto quello che vende o tiene in magazzino o distugge. Quindi ho il conto della richezza prodotta, già comodamente sul PC (teoricamente il dato è sempre esistito ma era inimmaginabile averlo, ma ora esiste nella realtà e il lavoro lo fanno i contribuenti e un database). Se qualcosa è esente, non imponibile o escluso IVA è comunque o nella fattura elettronica (comprese le autofatture) o nell’esterometro o nella dogana.
No, nelle fatture trovi una IVA che può essere imposta ma NON quella che verrà applicata alla parte finale, alias l’acquirente (quella che entra nel computo del PIL). Inoltre nelle fatture non c’è alcun riferimento al magazzino ma solo alla transazione in essere. Ma non basta: uno schema legale e comunissimo sono le fatturazioni incrociate intra-corporation alias una ditta tipo TIM possiede e controlla diverse ditte con persone giuridiche differenti. Fatturando anche operazioni inesistenti Intra gruppo l’imponibile di gruppo è identico, ma si pagano meno tasse spostando da una parte all altra attività e passivi. Nessuna di queste operazioni è evasione, nessuna di queste fatture crea PIL. Impossibile da determinare leggendo solo le fatture! Il messaggio che voglio darvi è che il puzzle PIL per smettere di essere una stima e diventare una misura avrebbe bisogno di avere non una, due banche dati alla mano ma un livello di riferimenti incrociati inimmaginabile ed al di là della fattibilità pratica.
“nelle fatture trovi una IVA che può essere imposta ma NON quella che verrà applicata alla parte finale, alias l’acquirente” io questo pezzo non l’ho proprio capito.
Se ho le fatture di vendita (tutte e dettagliate) ho il valore monetario dei beni venduti ai consumatori (se questi sono le aziende) e sono vicinissmo a quelli venduti ai privati (che sono l’oggetto della definizione di PIL e che nella fatturazione elettronica entrano parzialmente, però poi arriva lo scontrino elettronico anche per negozietti se vogliamo fare i fini).
Lo stato ha oggi, come dicevo, in pratico formato elettronico e con un ritardo max di un mese le info su tutto quello che viene acquistato (o importato) e tutto quello che viene venduto, linea per linea e con i dettaglio delle aliquote applicate e delle relative motivazioni (esente, escluso, UE, extra-UE, omaggi, ecc.).
Questo consente elaborazioni che prima erano impossibili, ad esempio il totale delle mutande vendute (dal produttore fino alla bancarella del mercatino) diviso per taglie e colore (con i vincoli del garante che, quando si tratta di dati inutili, non manca mai). Se poi uno vuole il “PIL” vero anziché la statistica integrale sulle mutande direi che i dati li ha anche se manca ancora lo scontrino elettronico per la bancarella (=valore di mercato dei beni e servizi destinati al consumo), io già mi accontento, altro che stima con i relativi paradossi!
I trasferimenti intragruppo, o qualsiasi altra cosa che vuoi escludere dal “PIL” vero non sono un problema. Lo sono se prendo, come era già possibile prima, solo le dichiarazioni IVA o solo i bilanci. Per questo non potevo calcolarmi il “PIL” vero sapendo il gettito IVA, dazi dognali, o l’IRES o altri dati vari che già c’erano. Ma con le fatture elettroniche (+ scontrini elettronici) si può. Comunque non ti preoccupare, a me basta che qualcuno lasci uscire i dati e poi mi diverto comunque :-)
Il problema riguarda le persone giuridiche, gli scontrini fiscali e le facezie relative alle persone fisiche non sono mai state un problema nel computo del PIL. Lascia perdere le mutande al mercato.
Il problema di fondo, di cui mi rendo conto non sono riuscito a rendere chiaro, è che è *impossibile* tracciare la vita fiscale di un prodotto pur avendo a disposizione la *totalità* delle fatture emesse.
Primo fondamentale problema: non esiste un metodo univoco per identificare un prodotto. Corollario: fatture apparentemente diverse possono fare capo alla vendita dello stesso tipo prodotto. Conseguenza: diventa molto difficile controllare la catena del valore e determinare il valore stesso con precisione. E mi riferisco a beni *fisici*.
Secondo fondamentale problema: beni assemblati. Compro da A,B e C tre pezzi che monto per fare un prodotto D, con aliquote IVA uguali o diverse. Ma come faccio a capire dalle fatture che D usa A,B e C? Impossibile! Puoi sapere che la ditta consuma A,B, e C, ma non quanto valore venga generato dalla sua combinazione. Lo potresti sapere se la ditta facesse un solo prodotto, ma se ne fa diversi?
Per i servizi, che ricordo rappresentano la maggioranza delle transazioni, le cose sono ancora più complesse: qui puoi far figurare una serie di servizi come una singola transazione oppure come un insieme di decine di fatture distinte, con coperture diverse, in modo totalmente arbitrario, da entrambe le parti. Ed il valore generato non è la somma delle parti!
Quelli che la pensano come te credono molto ingenuamente che l’evasione fiscale scomparirebbe con la tracciabilità totale. Guarda, mi rotolo dalle risate: l’ago nel pagliaio non lo trovi.