Ho finalmente letto il numero 1 di MATE (lo recensirò dopo avere letto il numero 2, mai dare un giudizio immediato), dove campeggiava un’intervista a Piergiorgio Odifreddi. Lasciamo perdere il virgolettato a pagina 16 in uno zoom «Abbiamo un premier e una maggioranza di governo mai eletta da nessuno», visto che la parte sulla maggioranza di governo non c’è da nessuna parte nel testo dell’intervista, e limitiamoci alla matematica.
Santino Cundari gli chiede «Eppure Wittengstein nel 1922 sosteneva che ogni qual volta ci proponiamo di quantificare il numero di gocce di pioggia che cadono durante un temporale, l’unica risposta possibile è “molte, molte gocce”. Esiste un numero esatto ma non possiamo conoscerlo?» e Odifreddi risponde «Credo si conosca già», continua dicendo che Wittgenstein si vantava di non studiare nulla di quello che avevano fatto gli altri e quindi alla fine ripeteva quello già detto dai filosofi del passato, e si lancia a spiegare che Archimede aveva calcolato il numero di granelli di sabbia che riempiono l’universo.
Ora io sono una capra in filosofia e ho sempre avuto dei votacci al liceo (dove del resto ci siamo fermati a Kierkegaard, con la scusa che erano miracolosamente uscite di nuovo scienze e fisica). Ma purtroppo o per fortuna con i decenni sono stato esposto almeno a un minimo di filosofia della scienza. Bene, Wittgenstein con quella frase intendeva che per dare una risposta numerica anche se in linea di principio a quella domanda occorre dare una definizione di “goccia” (una molecola d’acqua non è una goccia) e di “temporale” (quando inizia e quando finisce? qual è l’area dove si considera esserci o no il temporale?) Come dice un mio amico filosofo (ciao, Leo!) a cui ho chiesto qualche lume in più, «La questione è: a quali condizioni qualcosa può essere contato? e risponde: deve essere qualcosa di discreto; e deve avere una certa permanenza (deve durare nell’essere)» e Wittgenstein trova «che la cosa non è affatto semplice, appunto». Odifreddi avrebbe potuto tranquillamente rispondere dicendo appunto che basta dare delle definizioni coerenti e il numero è calcolabile, e non ci sarebbe stato nulla di male, almeno per la capra quale io sono: ha voluto invece dare una risposta formalmente corretta (si può trovare un limite superiore al numero di gocce di pioggia) ma assolutamente inutile, un po’ come nella barzelletta del duo che si è perso su un pallone aerostatico, passano vicino a un edificio, chiedono al tipo che li sta guardando dalla finestra “Dove siamo?” e si sentono rispondere “su una mongolfiera”. Il guaio è che così si perpetua l’idea del matematico che pensa solo alla matematica e vede tutto come matematica, il che non mi pare un bel biglietto da visita… ancor più in una rivista che dovrebbe incuriosire sulla matematica.
Odifreddi poteva spiegarsi meglio, ma d’altra parte era solo un’intervista. Comunque credo abbia centrato il punto, se vuoi contare le gocce d’acqua la questione riguarda la chimica e la fisica prima della filosofia. Certo che si ha bisogno di definizioni, non si potrebbe parlare di niente senza, il fatto è che esistono discipline che hanno una certa storia alle spalle e qualche risultato l’hanno ottenuto. Poi magari si arriva a un punto che le definizioni diventano sfumate e rimane un certo margine per considerazioni filosofiche, ma prima sarebbe il caso di tirare in ballo concetti come teoria cinetica dei gas, teoria delle forze intermolecolari, teoria del legame a idrogeno, teoria dei cluster molecolari, tensione superficiale di un liquido, teoria delle transizioni di fase, etc., tutta roba che esisteva già al tempo di Wittgenstein (cluster esclusi) e che qualche indicazione su cosa sia una goccia d’acqua te la danno. Non c’è necessità di inventare definizioni ex novo ogni volta che si affronti un problema, magari ogni tanto è capitato che qualcuno l’abbia già fatto prima.
@procellaria: beh, no. Una risposta matematica – che avrebbe eluso il problema filosofico sul contare ma chisseffrega – sarebbe stata “prima dimmi cos’è una goccia e cosa un temporale, e poi il numero esiste eccome”. In questo modo avrebbe anche mostrato la relazione tra matematica e mondo reale. Quello che sicuramente non doveva fare era parlare dei numeri creati da Archimede, come uno studente che non sa rispondere a una domanda e allora parla di tutt’altro sperando che il professore non se ne accorga.
però le definizioni di goccia e temporale esistono già, era questo che volevo dire (no, una singola molecola non è una goccia d’acqua), perché queste cose c’è gente che le studia per professione da centinaia di anni e se non esistessero le definizioni non potrebbero parlare tra loro.
ma non sono definizioni quantitative (per l’ottima ragione che quello che può importare quantitativamente è la quantità d’acqua caduta in un periodo di tempo). Detta in un altro modo, la gente che studia per professione quelle cose da centinaia d’anni è giustamente interessata ad altre cose che non siano il contare le gocce d’acqua.
almeno per la goccia mi sembra che la definizione possa essere data in modo quantitativo e che la cosa abbia anche una certa importanza. Nel senso che la goccia è acqua allo stato liquido e credo esista un numero critico di molecole, o almeno un intervallo critico, (dipendente da p e T) oltre il quale avvenga la transizione da cluster a liquido. Questo sarebbe il limite inferiore. Il limite superiore, nel contesto di un temporale, è determinato dall’interazione con l’aria e dipende ancora da p, T e dalla tensione superficiale dell’acqua [*] . All’interno di questo dominio, in un dato temporale, esisterà una data distribuzione delle dimensioni delle gocce, dipendente dal tempo, dalla densità di acqua, etc. Tutte cose non del tutto irrilevanti che possono essere modellate e anche misurate.
Il punto comunque è sull’osservazione di Odifreddi su Wittengstein, che pecca di presunzione, come accade spesso sostanzialmente a tutti. Cioè la presunzione che le conoscenze umane vadano poco più in là delle proprie personalissime colonne d’Ercole.
[*] https://www.irphe.fr/~fragmix/publis/VB2009.pdf
Wittgenstein, poi, era un intuizionista, il che pone altri problemi ancora (anche se non so se quella frase faccia parte della sua filosofia della matematica).
boh, nel senso che in questo caso, essendo comunque il numero di gocce finito, non c’è una grande differenza tra un matematico intuizionista e uno che non lo è.