Il referendum sulle trivelle

Tra poco più di due settimane andremo alle urne per il referendum “sulle trivelle”, come è stato chiamato: d’altra parte i quesiti referendari sono spesso così incomprensibili che è meglio dare loro il nome. Se vi siete mai chiesti perché non vi ricordate di una raccolta di firme su questo referendum, la risposta è semplice: non è di iniziativa popolare ma regionale. In effetti la scorsa estate Possibile aveva lanciato la raccolta di firme anche per questo tema, ma con risultati più che deludenti; ma poi dieci regioni (anche se l’Abruzzo si è successivamente sfilato) li hanno richiesti, come del resto previsto dalla legge. Perché ho usato il plurale? Semplice: i referendum erano sei. Però poi Renzi nella legge di stabilità per il 2016 ha modificato alcune norme, e la Cassazione ha stabilito che le modifiche andavano secondo i desiderata dei promotori, tranne che per un unico caso, quello per cui si voterà. (Per amore di precisione, come spiega bene il Post, su due quesiti pende un conflitto di attribuzione tra poteri).

Cosa farò? Andrò a votare (terminando la collezione di bollini sulla mia scheda elettorale, il che mi porterà a una gita in Via Larga a chiederne una nuova…) e voterò NO, chiedendo insomma che la legge rimanga così com’è. Perché farò così? Beh, io sono sempre stato contrario all’andazzo per cui invece che votare no ci si astiene per non raggiungere il quorum. (Tra l’altro vi ricordo che per il referendum costituzionale di quest’autunno che praticamente elimina il Senato il quorum non c’è. Non dite che non lo sapevate.) Nel merito, cosa succederebbe se passasse questo referendum? Semplice. Quando le trivellazioni già esistenti entro le dodici miglia marine dalla costa termineranno la loro concessione trentennale, non potranno chiedere un prolungamento anche se il giacimento contiene ancora petrolio o più probabilmente gas naturali. Non vieta nuove trivellazioni (che ormai non sono più possibili), non chiude immediatamente gli impianti (anche perché molti di essi hanno già chiesto il rinnovo e dunque non entrano nel campo d’azione del referendum). Tutto qua. Il mio punto di vista è che me ne frego se la percentuale di idrocarburi che perderemmo è minuscola (ma neppure tanto, perché altrimenti chi trivella avrebbe già lasciato perdere di suo); concordo che non è bello mettere le trivelle vicino alla costa, ma non è che con la vittoria dei sì le toglierebbero, e quindi tanto vale usarle finché ci sono.

Certo, i propugnatori del sì dicono che la loro vittoria sarebbe un segnale per un cambio di gestione della produzione dell’energia, proprio come per il nucleare dove nessuno dei due quesiti serviva a stoppare di per sé le centrali. Beh, io sono contrario anche a questa idea. A parte che vi ricordo che c’è stato un referendum dal testo indubbiamente chiaro (“Volete abolire il ministero dell’Agricoltura?”) che è passato e ha portato come risultato la creazione di un nuovo ministero delle Politiche Agricole e Forestali, questa logica avrebbe avuto senso se ci fossero stati tutti e sei i quesiti iniziali. Il cambio di gestione c’è insomma già stato ed è certificato, e attaccarsi all’ultimo pezzetto rimasto mi pare ben lontano dal buonsenso e dalle parti del celolunghismo.

Detto tutto questo, fate come vi pare: io non debbo spostare voti da nessuna parte :-)

Ultimo aggiornamento: 2016-04-01 12:49

10 pensieri su “Il referendum sulle trivelle

  1. S.

    Capisco al Conero o in altri luoghi belli di natura.

    Ma se vai a Casal Borsetti e togli anche le piattaforme al largo non rimane proprio nulla!

  2. Enrico

    Ho letto miriadi di opinioni su questo referendum.
    Sposo appieno la politica del non chiudere le piattaforme, ormai il buco c’è, il petrolio/gas pure quindi tanto vale estrarre. Anche perchè di politiche lungimiranti in Italia non se ne riescono proprio a fare.
    Quindi anche io voterò no!

    1. .mau. Autore articolo

      se passa il referendum non sarà possibile rinegoziare le concessioni; al termine della concessione attuale si chiude. Se non passa, credo che non si rinegozino nel senso che chi estrae può chiedere il prolungamento che gli viene automaticamente concesso, ma su questo non ci giurerei.

  3. Paolo

    La concessione non è trentennale, ma cinquantennale. I 30 anni sono la prima concessione, che poi si rinnova per 10, quindi per 5 ed ulteriori 5. Solo alla fine del cinquantennio la concessione viene prorogata fino ad esaurimento ed è solo questo punto oggetto del referendum.
    Ora, a parte che un giacimento, dopo 50 anni, è probabilmente quasi esausto quindi il rinnovo della concessione è solo una comodità e non un grande valore, perché quello che c’era da estrarre è stato estratto, il punto è che anche se vinceranno i SI, i primi giacimenti a non essere rinnovati saranno quelli in Romagna, che si interromperanno nel 2020 circa. Per quelli lucani, possiamo aspettare il 2050. E’ un referendum deficiente.

    1. Paolo

      non mi chiedere cosa è successo, io ho scritto un commento testuale ed è finito inframmezzato di video che non credo di aver peraltro mai visto in vita mia.

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