Da ieri tra i miei contatti Facebook sta girando questo articolo di Marco Ottanelli [ah: usare il javascript per impedire di copincollare il testo è scocciante e inutile]. Ottanelli parte da una tabella dei prezzi medi dei prodotti di ortofrutta rilevati a fine gennaio 1985 a Montecatini e fa un confronto con i prezzi medi riscontrati al supermercato, mostrando come – con la strana eccezione dell’aglio – i prezzi medi siano più bassi oggi che trent’anni fa. La tabella la potete vedere qui. La tesi di Ottanelli è dunque (sì, ho copincollato. Come dicevo, certe tecniche sono scoccianti e inutili)
La favola della bestia nera, l’Euro, e le leggende metropolitane sul suo fattore di impoverimento della gente, si rivelano, ad una analisi sperimentale, del tutto false, scorrette, bugiarde.
I prezzi al dettaglio di alcune delle più diffuse frutta e verdura sono calati vistosamente, o, per meglio dire, il potere d’acquisto che oggi abbiamo è vistosamente più alto del passato. Oggi, con il potere d’acquisto di cui siamo capaci, a parità di spesa, porteremmo a casa il 20, 30, 50% di prodotto in più, e laddove c’è stato un reale aumento, esso è di pochi spiccioli, come già detto, e forse legato a qualche fattore momentaneo.
Tutto vero? Macché. Attenzione: non sto dicendo nulla sull’effettivo miglioramento o peggioramento del potere d’acquisto; mi spiegherò meglio dopo. Quello che sto dicendo è che il ragionamento di Ottanelli è sbagliato a priori. Il problema non è tanto la disparità delle rilevazioni oppure l’avere a disposizione troppo pochi dati per eliminare le distorsioni statistiche che possono sempre esserci: in fin dei conti non è che ci sia bisogno di un risultato così specifico. (Ah, nota a margine: nel caso di conti fondamentalmente spannometrici come questo, si può tranquillamente arrotondare la percentuale di differenza al singolo punto, è inutile usare due cifre decimali) Il punto fondamentale è che lui ha confrontato i prezzi attuali con quelli del 1985 rivalutati per l’inflazione. Il risultato pratico è dunque stato verificare come il costo dei prodotti ortofrutticoli si è comportato rispetto al tasso di inflazione globale: insomma sappiamo che oggi spendiamo (relativamente!) meno per frutta e verdura rispetto a trent’anni fa. Se volessimo calcolare il potere relativo di acquisto, dovremmo come minimo controllare il reddito medio attuale e quello del 1985 e usare quello come punto di riferimento: ma in realtà sarebbe più corretto prendere i dati sul reddito e sulla dimensione delle famiglie allora e oggi, e soprattutto non usare il valore medio ma la distribuzione del reddito. Se ci sono pochi ricconi che sono diventati estremamente più ricchi, il reddito medio magari è cresciuto, ma quello della gente normale si è ridotto…
Come dicevo sopra, io non posso dire nulla di come sia cambiato il potere di acquisto, anche solo limitato ai prodotti ortofrutticoli, in questi trent’anni: quella tabella semplicemente non mi dà dati sufficienti. Quello che però posso dire è appunto che la tabella non ha senso. Purtroppo è troppo facile mettere insieme una serie di numeri per supportare una tesi: basta appunto cucinarli :-) in una certa maniera. Ricordate: la matematica serve per fare modelli, ma non dà mai risposte dirette. Garbage in, garbage out.
Ultimo aggiornamento: 2015-03-04 14:06
Aggiungo, ove ce ne fosse bisogno, che l’affermazione secondo cui i prezzi del 1985 “Sono di straordinario interesse perché quelli agricoli sono i prezzi che stagionalmente, annualmente, subiscono le più ampie oscillazioni, influenzati da fattori climatici, regionali, di sotto/sovra produzione e da mille altri elementi che vanno a comporre, appunto, il prezzo finale. Poter disporre di un paragone di così ampio respiro da modo di azzerare le oscillazioni momentanee.” è un’altra cazzata, dacché le oscillazioni momentanee sono momentanee, per l’appunto, e quindi tali anche nel 1985.
Direi che è inutile criticare l’uso di numeri per supportare tesi errate. E’ l’epoca della pseudo-scienza e i numeri sono una premessa indispensabile per poi impugnare la clava del blabla imposto dai rispettivi doveri di casta o ideologia.
Nel merito poi non vedo il problema. E’ sbagliato criticare (la criminale superficialità con cui è stato introdotto) l’euro perché oggi si compra più cibo a parità di spiccioli? Poco male. Lo si critica, a parità di numeri. perché fa diventare tutti grassi!
Se poi qualcuno fa caso che la pubblicità per raccogliere due euro a mezzo cellulare è finalizzata ai bambini poveri della tale nazione o che quasi tutti i paesi europei hanno un piano per fornire cibo nelle scuole ai bambini denutriti… buon appetito!
Domanda da ignorante: ma… non è che in qualche modo l’inflazione correla con il reddito medio (o ai primi quartili di una distribuzione)?
L’inflazione è calcolata su un paniere di beni di consumo “tipici” che cambi ogni anno, non è legata a percentili
Quello certo. Ma, considerando l’economia italiana degli ultimi decenni, a un aumento dell’inflazione non può essere associato un aumento del reddito delle fasce medio – medio/basse? Non voglio fare l’avvocato del diavolo, è il tipico un dubbio da ignorante.
@Ltrs: certo che può essere associato. Ma dai dati presentati non possiamo sapere se è davvero associato oppure no. Ergo, quei dati non possono dimostrare nulla :-)
Su firefox: Visualizza -> stile pagina -> nessuno stile
Poi usare il Ctrl+C
Comunque le pagine che non si fanno copiare le ignoro e non le cito, né linko.
Se non mi consenti di usare le informazioni, vuol dire che non servono.
In questo caso penso si possa dire c.v.d. :-)
ctrl-U è ancora più semplice :-)
Una precisazione: il blocco è fatto via CSS.
mmm. dipende da quale teoria del complotto si voleva smentire. una delle tesi comuni, al bar o al mercato, è che l’inflazione è misurata in maniera poco corretta e in realtà i prezzi salgono molto piú di quanto lorsignori vogliOno farci sapere.
quindi questo studio proverebbe due cose:
1) il rilevamento dell’inflazione nel complesso non è del tutto staccato dalla realtà
2) per i beni di prima necessità, come il cibo, l’incremento è stato ancora piú lento, euro o non euro.
non è un esito stupefacente, ma non mi sembra debba essere criticato così duramente.
detto questo: un suggerimento per “povera matematica”
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-03-04/stop-diaspora-l-irlanda-pieno-boom-fa-rientrare-immigrati-193323.shtml?uuid=ABhZ3E4C&google_editors_picks=true
“tra gli Anni 90 e la prima metà del XXI secolo”
@delio: se l’autore avesse fatto le constatazioni che hai scritto, quel post non sarebbe mai stato citato qua.
(immagino che in “la prima metà del XXI secolo” manchi “del primo decennio”)
il tentativo di impedire che siti e blog bricconi rubino il tuo lavoro, perchè per me, per noi, è lavoro, non è inutile. È un messaggio alla onestà. Gli smanettoni che smanettino per rubare il lavoro altrui si assumono l’onere di averlo fatto, e pazienza.
Il potere d’acquisto è un concetto grande. Il fatto che CHIUNQUE possa comprare gli stessi prodotti NON di lusso ma di uso quotidiano a MENO di 30 anni fa, per me è esaustivo. Poi i criticoni sono liberi di trovare il pelo nell’uovo. E anche le uova, oggi, sono più alla portata di tutti i portafogli.
In OGNI caso, la leggenda nera dell’euro che ci ha impoveriti rimane una immane sciocchezza, ed il mio articolo aiuta, con un esempio terra terra, a confermare quel che tutti gli economisti sanno.
@marco: no. Il potere d’acquisto è ben altra cosa dall’aumento corretto rispetto all’inflazione del costo di un paniere di beni. Il potere d’acquisto è sempre relativo. La definizione “pura” parla di potere d’acquisto di un’unità di moneta, e a questo punto non si può correggere per l’inflazione; la definizione che interessa alla gente è “oggi col mio stipendio posso comprare più o meno cose di quanto potevo comprare una volta?” e il tuo articolo non parla affatto di questo, il che significa che non conferma nulla e anzi dà delle false conoscenze.
(Nota che io sono ragionevolmente convinto che l’euro non ci abbia affatto impoveriti, e che l’impoverimento di questi ultimi anni non abbia ovviamente a che fare con l’euro. Il punto è che non accetto “dimostrazioni” che non dimostrano nulla)
Se con 10 euro compravo 10 mele nel 1985 e compro 5 mele quest’anno il potere d’acquisto è dimezzato! Confrontare i prezzi rivalutati con l’inflazione è una sciocchezza che non ha alcun senso: se immaginassimo che i prezzi di tutti i beni fossero aumentati uniformemente negli ultimi 30 anni, scopriremmo che i prezzi di 30 anni or sono rivalutati con l’inflazione sono uguali a quelli di oggi, e lo resterebbero anche se i prezzi fossero decuplicati (ed i salari rimasti inalterati). (per quel che serve, anche io sono pro euro!)
@gennaro: il potere d’acquisto dell’euro si è dimezzato. Se però gli stipendi sono triplicati, il mio potere d’acquisto è aumentato del 50%…
Certo, ma anche considerando il solo potere d’acquisto della moneta (PAM), il discorso di Marco Ottanelli non ha senso. Se il prezzo delle mele e’ raddoppiato e l’inflazione e’ stata del 100% non si puo’ dire: “le mele costavano 5 euro nel 1985, il loro costo rivalutato e’ di 10 euro, oggi costano 10 euro, il PAM e’ rimasto invariato”. No! il PAM e’ dimezzato!! Ovviamente (e come dici tu), l’inflazione e’ un valor medio dunque, eccettuato il caso in cui le variazioni percentuali dei prezzi siano state le stesse per tutti i componenti del paniere, ci saranno obbligatoriamente alcuni prodotti i cui prezzi sono aumentati meno dell’inflazione. In un paniere composto solo da mele e pane, se il pane e’ aumentato del 120% e le mele dell’80%, l’inflazione sara’ ancora del 100%. Allora Ottanelli dice: “le mele costavano 5 euro, il costo rivalutato e’ 10eur, ora costano 9eur, con un euro compro piu’ mele”. NO! Con 1 euro compravi 200g di mele prima ed 1/9 di kg adesso. Se il prezzo dei “prodotti essenziali” e’ aumentato mediamente del 100%, prendere solo i prodotti aumentati meno del 100% e dire che sono aumentati meno dell’inflazione non seve proprio a niente. Ovviamente se Marco considera che un lettore di eBook non sia un “bene essenziale” puo’ non considerarlo, ma non deve includerlo nel calcolo dell’inflazione…
@Gennaro:
Certo, ma anche considerando il solo potere d’acquisto della moneta (PAM), il discorso di Marco Ottanelli non ha senso.
Sì, questo mi pareva di averlo già scritto nel post. Se calcoli il PAM non puoi rivalutare i prezzi per l’inflazione.
@marco
È per questo che non copioincollo e nemmeno linko le pagine bloccate nel copiaincolla. Anzi, non ne parlo proprio. So che per l’autore della pagina bloccata il mio citare un piccolo estratto e mettere un link alla fonte sarebbe un furto. E io non voglio rubare nulla a nessuno. Se uno non vuole farsi pubblicità sul web – perché una discussione come questa è pubblicità, è dare importanza al lavoro citato – ha tutto il diritto di rimanere solo.
Ma non erano morti, .mau.? Mo so’ addirittura “bricconi” perché copincollano riportando la fonte un pezzettino di testo! Tu guarda come gira il mondo…
(@un cattolico: non è detto che ce l’avesse con me, ma lo scopriremo presto)
Tra le altre cose leggo:
…l’inflazione in questi 30 anni è stata, in totale, del 95%
…la somma delle medie annue reperibili sul sito dell’Istat è appunto del 95%..
…rivalutazione tenendo conto del 95% di inflazione
Vorrei far notare a Marco che l’inflazione in un certo periodo *non* è la somma delle inflazioni di suoi sottoperiodi.
Esempio: i prezzi quest’anno raddoppiano (100% di inflazione), e la stessa cosa succede nei due anni successivi. Quindi aumentano di otto volte (700% di inflazione), Marco avrebbe calcolato il 300%.