gli “inconvenienti” del copyright

L’Agenzia delle Entrate ha un sito, l’Osservatorio del Mercato Immobiliare, con delle bellissime mappe, di quelle vettoriali e non raster (il che significa che si possono scalare a piacere, perché edifici e altro non sono delle immagini ma sono calcolati con le coordinate). Questo sito è il fiore all’occhiello dell’Agenzia, tanto che nel 2010 il suo creatore, Sogei, ne tesseva le lodi. Facile, direte voi: quelli lì hanno tutti i dati catastali e li hanno sfruttati per la creazione delle mappe.

Macché. Sogei ha comprato lo stradario Navteq – e fin qui passi, dopo tutto le vie non sono accatastate – e l’ha appiccicato sopra le mappe prodotte dai volontari di OpenStreetMap, l’alternativa libera e costruita dal basso alle mappe di Google, di Virgilio o di Michelin. Come faccio a saperlo? Semplice: Simone Cortesi, vicepresidente di Wikimedia Italia e attivista OSM, si è accorto che quelle mappe contenevano il giardino e lo stagno di casa sua, che lui aveva aggiunto alla mappa per divertirsi. Eh sì, perché nel sito non c’era traccia dell’attribuzione di quelle mappe. Eppure usarle è assolutamente permesso, e non costa nulla: gli unici obblighi sono quelli di indicare da dove sono state prese le mappe e di lasciare i risultati con la stessa licenza. Dopo due mesi di infruttuosi tentativi di contattare l’Agenzia delle Entrate – dovete sapere che nell’Italia Digitale esiste la Posta Elettronica Certificata che è legalmente equivalente alle raccomandate; peccato che a tre mail PEC non è mai giunta risposta – gli amici di OSM hanno preparato un sito di accusa, intitolato “Agenzia Uscite” per una ragione che spiegherò dopo, e hanno iniziato uan campagna di informazione, alla quale ha anche contribuito il vostro affezionato bloggher scrivendo questo comunicato.

Risultato? Sogei è stata costretta a scusarsi ufficialmente, come si può leggere qui. E in effetti ora le mappe riportano anche il copyright OpenStreetMap, secondo la Open Database License. Tutto a posto, dunque? No. Leggetevi quel comunicato. A parte tutta la sbrodolata autopubblicitaria, Sogei «si scusa per l’inconveniente relativo all’uso di OpenStreetMap». Una violazione di copyright loro la chiamano “inconveniente”. Ovvio, no? Se mai qualcuno di voi verrà rinviato a giudizio, può sempre provare a spiegare al giudice che si è solo trattato di un inconveniente.

Ma quello che a me dispiace di più non riguarda Sogei ma l’Agenzia delle Entrate; non per nulla il comunicato di Wikimedia Italia era diretto a loro e non a chi aveva prodotto il software. L’Agenzia ha a disposizione una serie di dati, quelli catastali, che sono pubblici e dovrebbero essere liberamente utilizzabili da chiunque: se questi dati fossero disponibili, OpenStreetMap potrebbe migliorare ancora più la qualità delle proprie mappe, e tra l’altro sarebbe possibile scoprire finalmente la quantità di edifici non accatastati, con un vantaggio anche per l’erario. Lo scopo principale della campagna “Agenzia Uscite” era proprio questo: “usciteci questi dati”, in un italiano sgrammaticato ma sicuramente efficace. Paradossalmente, il successo dal lato Sogei ora bloccherà quest’altro tentativo. Sappiamo tutti che il ministero dell’Economia non lascerà certo la presa su quei dati, e l’unica speranza che abbiamo è un bombardamento mediatico: bombardamento che ora è impossibile (e se qualcuno pensa che la risposta così rapida di Sogei, che è controllata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sia stata fatta pensando a questo non sarò certo io a smentirlo…)

Ultimo aggiornamento: 2014-07-08 22:17

6 pensieri su “gli “inconvenienti” del copyright

  1. mestesso

    Niente da dire sul copyright.

    Però i dati (catastali) sono fruibili da chiunque ne faccia richiesta attraverso i canali preposti. In generale pubblico non necessariamente implica fruibile 24/7 e per qualsiasi utilizzo si voglia (come fa OpenStreetMap). Ci devono essere dei limiti in generale.

    Nel particolare i dati relativi alla proprietà di una particella catastale ad esempio non potrebbero essere divulgati. Non voglio dire che OpenStreetMap non faccia un bel lavoro: sto dicendo che non tutto quello che è pubblico vada a finire nello stesso calderone. Tipo se qualcuno facesse i soldi sulle mappe catastali (che non sia lo stato…) mi farebbe girare un poco i cabasisi, senza contare problemi di natura etico-morale che nessuno si fa più.

    1. .mau. Autore articolo

      ma nessuno vuole *tutti* i dati. Per fare OpenStreetMap mica serve sapere di chi è una proprietà.
      Quanto al “fare i soldi sulle mappe catastali” (cosa che al momento fa solo lo Stato): se qualcuno riuscisse ad aggiungere del valore, perché no? L’importante è (a) che non abbia il monopolio e (b) che il servizio di base continui ad esserci – e con i dati aperti non c’è problema.

      1. mestesso

        Dicevo in generale occorre un poco di cautela, chiunque sia dietro un Open*.

        Sull’utilizzo for-profit invece vedo molte incognite. Aggiungere valore per chi? Io quando sento questa frase di solito dietro vedo solo Confindustria e similari, ed aggiungere valore è riempire il portafoglio di pochissimi. Il monopolio è naturale (nel senso tecnico del termine, esiste una sola fonte). La gestione for-profit dei monopoli naturali è stata molto spesso un disastro (per i fruitori del servizio, non di chi lo vende). Per loro natura i monopoli naturali vanno fortemente regolamentati.

  2. Wilson

    Non è naturale per nulla: basta che “escano i dati” (quelli non riservati, ovvio) e cessa il monopolio.
    Poi ognuno sia libero di vendere (o regalare) la propria impaginazione: se questa sarà molto ben fatta avrà un valore maggiore rispetto all’originale (questo vuol dire “creare valore”, salvo quando sta sulla bocca di qualche approfittatore) per qualcuno che sarà quindi disposto a pagare (o a sorbirsi un po’ di pubblicità).

    ps: qui un esempio pratico in un altro settore: http://stefanoquintarelli.tumblr.com/post/86627068375/perche-e-sbagliato-il-servizio-del-mise-per-comunicare (sopratutto confrontare i due link a fondo pagina per capire cosa vuol dire “creare valore”)

    1. .mau. Autore articolo

      banalmente io non parlerei di monopolio naturale per un bene immateriale e quindi replicabile, ma semplicemente di fonte unica.

      1. mestesso

        Il problema di fondo è che i beni immateriali sono di fatto equiparati a quelli materiali specie nel mondo dei brevetti. La ditta X post-processa in modo furbo i dati, e rivende una informazione (in certi ambiti vitale) agli utenti, impedendo ad altri di fare lo stesso. Il monopolio diventa naturale.

        Poi è chiaro che se il valore è solo marginale (tipo la paginazione) tutto questo non si applica, ma state sicuri di fatto si creano monopoli (bigG chi lo conosce?)

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