Lo scorso inverno almeno noi milanesi siamo stati subissati di articoli sul libro-denuncia scritto da Bernardo Caprotti, padre padrone dell’Esselunga, contro il “potere Coop” (Bernardo Caprotti, Falce e carrello, Marsilio – Gli Specchi 2007, pag. 187, € 13.50 , ISBN 9788831793728). Con la calma che è la virtù dei nati stanchi, finalmente mi sono messo a leggerlo, partendo dal sanissimo principio “meglio sapere che non sapere”. Che dire a chi è indeciso se prenderlo o no? Beh, liber omnis divisus est in partes tres. L’introduzione di Geminello Alvi la si può saltare a piè pari senza perdere nulla, a meno che uno non voglia sapere quanto Geminello Alvi sia bravo e intelligente e gli altri tutti stupidi e comunisti… ma allora prendetevi un libro suo, no? Più utile la parte finale, con Stefano Filippi che racconta le biografie dei quattro principali esponenti Coop oggetto del j’accuse di Caprotti: Mario Zucchelli, Pierluigi Stefanini, Turiddo Campaini, Bruno Cordazzo.
Ma naturalmente il succo è il testo di Caprotti: quello che scrive e quello che non scrive. Innanzitutto, a parte i vezzi come scrivere “ebbimo”, dalle sue parole si capisce che per lui l’azienda è la vita. Gli utili sono importanti ma secondari; i dipendenti sono un male purtroppo ancora necessario; ma quello che conta davvero è l’azienda. Da quando dice alla madre “da domani non verrò più quassì nella nostra ditta tessile, perché ho scoperto che il retail è il mio campo”, a quando racconta di come sia sempre stato pronto a tutte le innovazioni tecnologiche, anticipando di anni il codice a barre per i prodotti, a quando ultraottantenne non solo non vende ai comunisti delle Coop – l’anticomunismo è il suo chiodo fisso, e il suo odio verso Prodi secondo me è stato esacerbato dall’allearsi di quest’ultimo con gli odiati nemici – ma nemmeno a Wal-Mart o Tesco, “perché quelli non hanno la cultura della vendita”.
Ma in filigrana si vede anche quello che manca. Non ho problemi ad accettare come vero il suo atto di accusa, anche per quel poco di LegaCoop che ho conosciuto direttamente, ma faccio notare che Esselunga non la si trova a Torino, dove le Coop non sono certo forti, e nemmeno in Veneto, dove le Coop sono bianche. Qualcosa vorrà ben dire… Il tema dei vantaggi fiscali e no delle Coop è troppo complicato da spiegare in una recensione, ma sembra usato come scusa per non parlare della gestione interna dei supermercati (che anch’essa è qui fuoritema). In definitiva, un libro sicuramente da leggere ma altrettanto sicuramente da non prendere per oro colato.
Ultimo aggiornamento: 2016-09-30 21:28
Qui a verona Esselunga c’è. Ma Verona culturalmente è un angolo del Veneto molto esposto all’esterno, quasi alieno al resto della regione.
@Antani: Esselunga c’è anche a Novara, il che appunto significa molto poco :-)
La presenza o meno dell’Esselunga in una certa città/regione è un problema esclusivamente politico: aziendale o della provincia/regione.
Al sud Caprotti non ha alcun interesse ad entrare. E’ una scelta sua, e non una imposizione verso di lui.
Al nord invece, vorrebbe entrare ovunque, ma se non si hanno le amicizie giuste…aprire un supermercato è impossibile. Proprio grazie al suo carattere aspro, deve avere avuto non pochi problemi con certe amministrazioni, senza contare i suoi nemici “naturali” come le coop.
Chissà cosa succederà quando muore…
@mestesso: non mi pare di avere parlato di Sud e nemmeno di Centro – d’altra parte, il modello logistico di Esselunga dovrebbe cambiare, in tal caso.
Per quanto riguarda nordovest e nordest, io continuo a pensare molto banalmente che non ci voleva nulla ad aggiungere una trentina di pagine parlando anche di quei casi, no?
Quando morirà, credo che il marchio sarà svenduto, immagino però o a qualche francese o agli spagnoli.
L’avevo preso perchè il discorso mi intrippava, i meccanismi delle GDO, delle amministrazioni comunali.. Poi, dopo 60 e rotte pagine di “sono tutti comunisti gnegnegne” e a quanto l’Esselunga è stata innovativa, ho abbandonato il libro per il poco succo contenuto. Vedo che non ho sbagliato, in fondo.
.mau, certo che sarebbe stato meglio che Caprotti aggiungesse pagine ed informazioni…il mondo della GDO in generale è una struttura complessa ed interessante.
Il suo obbiettivo era dire che i comunisti sono brutti, sporchi e cattivi. Fatto questo, il resto per lui è “grasso che cola”.
Io l’ho letto a rate nel supermercato, e debbo dire che ho apprezzato solo una cosa: non è agiografico. Immagina cosa sarebbe venuto fuori se il padrone della SSSS fosse SilvioB!
Non ho letto il libro e non so quanto sia pregno di autoincensamento (è il rischio di tutti i libri dei grandi industriali). Di Caprotti però apprezzo molto l’attaccamento all’azienda come missione: non come strumento per fare soldi facili con cui comprarsi sette ville e settanta SUV, ma proprio come fine di vita. In fondo è bello costruire un sistema sociale che crea ricchezza per te e per gli altri, e che soddisfa le esigenze di centinaia di migliaia di clienti: è una impresa non da tutti e credo che il suo orgoglio sia in questo caso più che giustificato.
Dove hai letto qualcosa che farebbe pensare che i dipendenti sono un male necessario? Se mi ricordo bene dice proprio il contrario, che senza i dipendenti con le motivazioni giuste non si va da nessuna parte e parla chiaramente di cultura del lavoro a tutti i livelli. Casomai il male nella sua visione sono i sindacati e non mi stupisco che lo faccia uno che nella vita ha dovuto organizzare un’azienda che per natura richiede una flessibilità differente dalle otto ore e timbrare il cartellino…
Molte delle statistiche contenute in quel libro sono false o manipolate.
Ad esempio, quando cita una tabella di altroconsumo sui supermercati più cari, la coop risulta prima ma solo perchè ha arbitrariamente tagliato le posizioni in tabella più alte.
Nella tabella originale, la coop è quinta o sesta.
Allo stesso modo, le posizioni sotto quella dell’esselunga vengono sfoltite, facendola sembrare una delle più economiche quando in realtà si trova poco sotto la coop stessa…
Anche questo è mentire con le statistiche, ma è un mentire squallido, da pezzenti.
@N: sicuramente le statistiche sono state ritagliate su misura: ad esempio, i confronti sui prezzi liguri sono fatti in modo chiaramente prevenuto, visto che se uno fa un po’ di attenzione scopre che i prezzi dell’Ipercoop fiorentina sono anch’essi più bassi di quelli delle coop e Ipercoop liguri, e più o meno uguali a quelli dell’Esselunga di Firenze (c’è un 1% in più per la coop). Non so se il costo osceno ligure sia causa delle Coop oppure loro sfruttino il mercato :-) Resta il fatto che posso garantire di persona che i prezzi Coop sono maggiori di quelli Esselunga, almeno a Milano.
@FF: il punto è che per Caprotti tutti i dipendenti devono avere la sua stessa dedizione totale, il che è una cosa ben diversa dal dire “faccio il mio lavoro onestamente”.
Veramente, mau, uno dei punti su cui batte più fortemente Caprotti è che le Coop hanno sempre “facilitazioni” dalle amministrazioni a loro politicamente vicine.
Sai bene che a Torino i sindaci ultimamente sono sempre stati di sinistra e non mi stupisce che, se Esselunga e COOP sono ai ferri corti, la giunta cerchi di evitare un concorrente in più per le COOP (ma anche per carrefour, crai, auchan, …).
Una delle cose più illuminanti del libro è la storia del supermercato a Modena (se ricordo bene), dove uno dei titoli preferenziali per costruire un supermercato in periferia era quello di chiudere un supermercato in centro. Una clausola fatta apposta per privilegiare COOP (che poteva farlo) e non altre catene che non ce l’avevano. Senza contare che due anni dopo aver aperto il supermercato in periferia e chiuso quello in centro, COOP ha riaperto quest’ultimo senza che nessuno obiettasse.
A casa mia questo atteggiamento (fosse stato carrefour o altri, esselunga compreso, avrei detto le stesse cose) lo chiamo “favoreggiamento di monopolio”.
Un’altra delle cose che Caprotti dice (forse in una intervista di presentazione e non nel libro) è che per la grande distribuzione la “prossimità” e la “presenza sul territorio” è una cosa importantissima, quasi più della qualità dei prodotti venduti. Pensa a quello che io chiamo “villaggio COOP” di Via Livorno a Torino: casermoni costruiti intorno ad un mega IperCOOP senza altri negozi o mercati nei dintorni. Prima è stata costruita la COOP e poi sono state costruite le case. Certo lì all’IperCOOP trovi tutto: dall’alimentare al vestiario all’elettronica al cinema (Medusa). E’ una sorta di mini città in miniatura fatta apposta per avvantaggiare un unico attore commerciale. Non avendo concorrenza, i prezzi di quell’IperCOOP non possono essere confrontati (e la gente solitamente è pigra). E qui rispondo ad N: attenzione alle statistiche, la tesi di caprotti se leggi le pagine del libro è questa:
(( le coop dove non hanno concorrenza sono le più care più care delle stesse coop dove c’è esselunga ))
e se il comune/regione/provincia/governo favorisce un singolo attore, questo non è MAI bene. Anche se questo attore si chiama COOP e tutti dicono che sia “buono”.
@LucianoMollea: il tuo discorso potrebbe andare bene per Torino, ma non certo per il Veneto, dove di giunte di sinistra ne ricordo ben poche. La tesi sulla concorrenza è monca: l’esempio mostra che le coop liguri sono più care delle coop toscane (e di Esselunga), ma la cosa significa poco. Se non ricordo male, le esselunga toscane sono meno care di quelle milanesi :-)
Il punto finale continua ad essere lo stesso: Caprotti non dice falsità, ma non dice nemmeno tutta la verità. Basta tenerne conto.
@LM: c’è una imprecisione. Nel “villaggio coop” non c’è solo la Coop, ma a meno di 200m un Bennet ed un Gigante. La Coop è al centro e nella zona più comoda, ma non c’è il monopolio assoluto
@sciasbat, my fault. frequento quella zona solo per il cinema e non giro molto per la zona. Buono a sapersi comunque.
Fìdaty 451
Ancorché formalmente inutile, far distruggere le copie di «Falce e carrello» è pericoloso e stupido.