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Una gita a… Dolceacqua

Ultimamente sono in debito di troppi punti-moglie. E sono punti veri, nel senso che non solo Anna ha ragione, ma ha perfettamente ragione. E devo dire che sono anche un po’ stanco di essere sempre davanti al pc: così, quando mi ha proposto di fare un weekend a Dolceacqua per fare due passi tra le colline liguri, ho prontamente accettato.
Arrivati venerdì sera a Pietra Ligure a casa di Marina, il programma prevedeva la sveglia alle 8 e la partenza alle 9:30. Diciamo che il primo obbiettivo è stato pienamente raggiunto: per il secondo, complice il tempo che non sembrava essere così bello come da previsioni del tempo, abbiamo sforato solo di un’ora e mezza. Abbondante. Ad ogni modo siamo arrivati a Dolceacqua quasi alle 12:30, e dopo aver scoperto che i parcheggi del paese erano tutti pieni – non che sia un problema, basta andare trecento metri oltre – siamo riusciti a pigliare al volo una cartina turistica al punto informazioni che stava chiudendo, e un pezzo di focaccia al pomodoro nel negozio di alimentari che aveva finito il pane. Vedendo le cose positive, però, il cielo si stava finalmente aprendo.
Guardando la cartina, la nostra idea era di prendere la mulattiera che ci avrebbe portato fino a Perinaldo. Visto però che la cartina era a scala troppo grande per capirci qualcosa, abbiamo chiesto lumi alla vigilessa locale. Nonostante indossassimo gli scarponi, la vigilessa deve aver capito che volevamo salire in auto, e così ci ha indicato una strada fortunatamente poco frequentata ma piuttosto lunga, tanto che dopo un po’ temevamo di aver sbagliato strada, visto che della chiesa dell’Addolorata non si vedeva affatto traccia. Fortunatamente però per la prima volta sono riuscito a vedere funzionare il GPS del mio telefonino (no, non funziona di nuovo, sembra proprio che voglia gli ampi spazi) e confermare così che stavamo semplicemente raddoppiando la distanza percorsa, ma ce l’avremmo fatta. E in effetti alle 14:40 siamo arrivati alla chiesa e Marina ha anche visto il cartello che indicava la mulattiera per scendere. A questo punto, però, cominciava a essere un po’ tardi. Trovato casualmente un locale e chiestigli lumi, ci siamo fermati poco innanzi, all’agriturismo La Locanda degli Ulivi, sperando di trovare ancora qualcosa da mangiare nonostante l’ora. Beh, diciamo che c’è andata molto bene, visto l’ottimo piatto di prosciutto caldo con patate, preceduto da un antipastino e seguito da caffè e limoncello, il tutto a otto euro a testa! Beh, magari è anche servito a contenere il prezzo l’avere casualmente ritrovato il coltello a serramanico che il proprietario Mario aveva perso quella mattina, ma direi di no.
Dopo esserci rifocillati, ci siamo diretti verso Dolceacqua, stavolta prendendo la mulattiera e cercando di ricordarci tutte le istruzioni che ci erano state date. In effetti ogni tanto la si perdeva di vista, però ormai eravamo degli esperti, e non abbiamo più avuto problemi se non arrivati al castello, dove una scorciatoia ci ha portati a un cancello chiuso. Rientrati sulla mulattiera, siamo arrivati dalla parte giusta del castello, speso cinque (a mio parere assolutamente immeritati) euro a testa per visitare quello che rimane del suo interno, fatto due passi per il paese addossato al castello e scesi a fare quello che secondo me era lo scopo nascosto del giro: comprare un po’ di vino (e una bottiglia di olio, che non fa mai male).
La domenica l’abbiamo passata a Pietra, con un vento che ha impedito alle fanciulle di prendere abbastanza sole, e in autostrada, con una serie di code senza nessuna ragione che fanno capire quanto sia bello prendere la macchina nei weekend. Devo però dire che l’idea di base non è stata poi così male, anche se mi sa che se torno da quelle parti cercherò di stabilire prima un itinerario. Foto? Prima o poi magari le posto.

Ultimo aggiornamento: 2008-09-29 16:37