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DiCo: i Pacs all’italiana

Occhei, non si chiamano Pacs ma “DiCo”, DIchiarazioni di COnvivenza. Si sa, un bel nome è sempre la prima cosa da trovare. Ma veniamo al DDL (acronimo che ricordo stare per disegno di legge, il che vuol dire che quando verrà portato alle Camere ne vedremo delle belle) per capire quanto è stato un compromesso al ribasso, e se c’è da salvare qualcosa.
L’articolo 1, tendenzialmente, non è poi così male. C’è però la prima vera fregatura: la dichiarazione è resa contestualmente e non insieme. Tradotto dal politichese, io e il mio compagno non facciamo una dichiarazione in cui diciamo che conviviamo, ma ciascuno di noi fa una dichiarazione distinta in cui dice che convive con l’altro. Sembra una questione di lana caprina: però quella singola parola mostra come già un DDL così blando sia stato un casino immane da fare approvare, e l’unico sistema sia stato quello di evitare di dover fare un registro delle unioni civili. Altro che pensare a patti di convivenza a tre… Invece, nonostante ci sia chi ci ride dietro, non trovo che la raccomandata da spedire sia una cosa così assurda. In fin dei conti, se sto convivendo con qualcuno si può immaginare che generalmente ce la facciamo, a presentarci insieme in anagrafe. Poi ci saranno casi particolari, ma saranno appunto una minoranza, un po’ come il matrimonio per procura.
L’articolo 2 dice che se uno ha ammazzato il coniuge dell’altro per conviverci insieme forse è meglio evitare, e fin qua siamo tutti d’accordo. Né puoi convivere con la badante, ma se proprio vuoi te la devi sposare. Qui siamo un po’ più sessisti, ma può ancora andare abbastanza bene.
Gli articoli dal 3 al 6 parlano finalmente di diritti, come quello all’assistenza, alle decisioni in materia di salute e al pemesso di soggiorno: questi diritti non costano soldi allo Stato, e infatti valgono da subito :-) Spero che a nessuno venga in mente di cercare di emendarli, anche solo per fare un po’ di ostruzionismo. Quello che va male è il 7: anche se a prima vista sembra che venga dato il diritto di avere una casa popolare, se si legge bene viene scritto che le Regioni tengono conto della convivenza. Anche senza pensare a un “tenere conto in segno negativo” (sì, sono un matematico, per me la cosa sarebbe normale) mi sa tanto che Formigoni troverà un sistema per dire “se sei sposato conta per 10 punti nelle graduatorie, se convivi per 2”. A differenza della “contestualità” che era indubbiamente voluta, mi chiedo come mai abbiano usato una formulazione di questo tipo.
Gli articoli 8 e 9 cominciano a toccare temi più economici, e infatti si nota come ci vogliano tre anni di convivenza (o un figlio in comune… si sa che il “tengo famiglia” è principe) per subentrare nell’affitto, e lo stesso per chiedere l’avvicinamento del lavoratore per cause familiari. Di per sé questo ultimo punto lo capisco anche, e mi pare non sia poi troppo diverso da quello che succede nel matrimonio. Non capisco invece che significa che nel caso tu lavori per l’impresa del convivente puoi chiedere una partecipazione agli utili salvo che l’attività medesima si basi su di un diverso rapporto. Che vuol dire? Non credo si parli di rapporto “master-slave”…
Articolo 10, pensione: la risposta della legge è “boh”. Manco fosse una legge costituzionale, si afferma il diritto e si lascia ad altra legge l’attuazione.
Articolo 11, eredità: nove anni mi sembrano davvero tanti, ed è interessante notare come la tassa di successione abbia una franchigia molto più bassa che per i parenti “veri”. Però, come dicevo sopra, qui si cominciano a toccare i soldi, e si sa che sarebbe andata a finire così.
Articolo 12, alimenti: è l’unico articolo in cui ci sono dei doveri del convivente, e infatti è stato messo in fondo. Anche qua i diritti scattano dopo tre anni di convivenza e, a differenza di quanto immagino capiti in caso di divorzio, non sono di durata indefinita. Mi sembra relativamente equo, anche se migliorabile.
L’articolo 13, quello delle “varie ed eventuali”, introduce l’interessante possibilità che – tranne per la pensione, Dio non voglia… – quando la legge sarà promulgata si potrà dire che si era già conviventi da prima della legge. Servirà relativamente a poco, se non per l’eredità, ma da un certo punto di vista serve a suggellare il fatto che le convivenze non nascono con la legge: a me personalmente la cosa piace.
E infine la vera chicca: la copertura finanziaria. In Italia tutte le leggi devono indicare da dove prendono i soldi; nel DDL si parla dei costi per il 2008 e per il 2009. Nulla per il 2007, come se pensassero “tanto quest’anno non riusciremo certo ad approvarla”… E naturalmente nulla per il futuro più lontano, il che è abbastanza logico; ma ciò significa comunque che tutti i tempi sono stati studiati per evitare di dire “dove pigliamo i soldi”.
In definitiva? È un disegno di legge che non mi piace troppo, perché cerca disperatamente di negare il fatto che esista gente che vuole convivere (e gente che non può che convivere, visto che il matrimonio omosessuale non esiste). Però dà finalmente dei diritti a queste persone, e sono convinto che in casi come questo sia davvero meglio l’ovetto oggi piuttosto che la gallina che chissà se domani ci sarà.

Ultimo aggiornamento: 2007-02-09 16:03