Mi spiace, oggi ve tocca l’editoriale.
L’ufficializzazione dello stato di crisi per la Fiat, con più del 20% dei lavoratori negli stabilimenti italiani lasciato a casa, non può non toccarmi: Torino è sempre nel mio cuore.
Certo però che la crisi non è certo di oggi, e quello che vediamo è solo l’epilogo di una lunga storia. Quando ci fu l’accordo Fiat-GM, era chiaro che nel 2004 Agnelli avrebbe venduto tutto. E cosa avrebbe dovuto fare? Ha più di ottant’anni e un cancro alla prostata. Il figlio maschio, l’Edoardo buonanima, si è suicidato. L’erede designato, il Giovannino, è morto anche lui di cancro. Il John Elkann è stato messo nel board tanto per figura, ma è chiaro che non solo non è un Agnelli, ma non gliene importa piu più di tanto.
Dal punto di vista della produzione, sono anni che non escono più modelli di successo e che possano essere venduti in grandi numeri: o forse doveva esserlo la Stilo? E gli ecoincentivi saranno stati una mossa necessaria per smuovere l’economia, ma quando sul giornale aziendale (La Stampa, per chi non è torinese) c’era scritto che la Fiat era contraria “perché si rischia di perdere ancora quote di mercato”, cosa che si è puntualmente verificata, non è difficile capire che l’avventura è finita.
Ieri sera, a Zapping, si è parlato della possibilità di usare ammortizzatori sociali di tipo diverso. Sì, in teoria sarebbe bello dire “usiamo i soldi degli ammortizzatori per trovare una casa nel Nord-Est agli operai in esubero, che possono così dare una mano sicuramente importante alle economie locali sempre in cerca di manodopera specializzata”. Ma vorremmo davvero spostare gente da Termini Imerese a Padova? A me sembra aggiungere la beffa al danno.
Ultimo aggiornamento: 2002-10-10 12:12