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Cristianesimo – essenza e storia

Alcune decine di anni or sono, il nome del teologo tedesco Hans Küng era diventato noto anche all’italico pubblico, per via di una serie di polemiche contro il papato. Adesso che ha una certa età e ormai di ricerca teologica non ne riesce a fare più (la definizione non è mia, ma di un professore della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale) ha pensato di scrivere una trilogia sulle grandi religioni monoteiste. Ho iniziato col leggere il secondo volume (Cristianesimo, Rizzoli 1999, pag. 939, ISBN 8817118664, €11.50), dedicato al cristianesimo.
C’è tanta roba, anche se bisogna togliere 150 pagine di note, per la maggior parte bibliografiche. Küng vuole mostrare come si possano vedere vari paradigmi della cristianità, che lui intende come modi diversi di vedere la stessa cosa, anche se ormai si sono sclerotizzati: si parte dalla visione giudaico-apocalittica ormai scomparsa, passando per l’ortodossia, il cattolicesimo, l’evangelismo, e arrivando a quello che chiama “il paradigma della modernità”, con le religioni spiazzate da scienza e tecnica. Nel fare questo, dà mazzolate a tutti, a partire ovviamente da papa Wojty?a con cui deve avere proprio il dente avvelenato. Gli resta comunque la speranza di riuscire a rimettere insieme tutti questi paradigmi in una nuova visione sfaccettata, che non significa sincretismo.
Ho trovato molto interessanti le parti di storia della religione, soprattutto per la spiegazione delle separazioni cattolico-ortodossa ed evangelico-cattolica che sono molto più complesse di quanto uno avesse capito a scuola, ammesso che fosse stato attento a lezione. La parte moderna è stata tirata un po’ in fretta, invece. Poi non si può dire che il libro sia costoso, anche se non è esattamente una lettura di svago: insomma si può pensare di guardarselo se non si ha fretta.

Ultimo aggiornamento: 2004-03-12 11:52

_Giorni Felici_ (teatro)

Oggi siamo andati a vedere l’ultima rappresentazione al Piccolo – quello vero, in via Rovello – dell’opera di Samuel Beckett, nella rappresentazione di Giulia Lazzarini. A quanto ho letto, Happy Days dovrebbe essere l’opera più allegra del nostro simpatico dublinese. All’anima. L’opera mi è stata relativamente incomprensibile, il che non è poi così strano considerando come funziona il teatro contemporaneo: il testo serve a te a pensare, non ti viene certo detto tutto.
La scena è minimale a dir poco, in una specie di deserto con Winnie all’inizio immersa fino alla vita e poi nel secondo tempo con solo la testa fuori, e il suo marito Willie che ogni tanto sbuca in parte da una buca, oltre a leggere gli annunci economici. Eppure Winnie è sempre felice, non importa che la sua vita si riduca sempre più: qualunque cosa la rende gioiosa.
Il mio problema, lo ammetto, è stato reggere soprattutto il primo tempo. Un monologo così lungo non è mica semplice, nonostante la bravura della Lazzarini. In effetti tra il primo e il secondo atto il tipo davanti a me se l’è telata.
Nota sulla sala: fa un caldo boia, e almeno noi all’ultima fila (che però ha abbastanza spazio per le gambe…) sentivamo passare la metropolitana.

Ultimo aggiornamento: 2004-03-07 19:42

<em>Come Together</em>

Termino la mia trilogia di cover beatlesiane con questo disco (AA.VV., Hot Lips Records 8-23087-10052-0, 2002, 16.98$), che ha come sottotitolo “An A Cappella Tribute to The Beatles”. I suoi quattordici brani sono stati scelti per avere un esempio da ciascuno degli album degli Scarafaggi; alcuni di essi sono stati commissionati per questa raccolta. Per chi non è avvezzo al gergo musicale, “a cappella” significa “solo con le voci”, niente strumenti. I Beatles, che amavano fare armonie a più voci, sono generalmente un ottimo banco di prova.
Che dire? il mio giudizio è leggermente calato al decimo ascolto, anche se indubbiamente l’album merita di spenderci i soldi. A parte i bari come i five o’ clock shadow che hanno aggiunto suoni elettronici a Tomorrow never knows, è piacevole vedere come si può cantare senza strumenti in modi completamente diversi, che possono essere più o meno gustosi ma sempre interessanti. Mi è dispiaciuta la versione di All I’ve got to do dei Toxic Audio, che avrei visto più tendente al soul; meritevole Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band; dai Bobs non mi aspettavo nulla di meno che la loro Strawberry Fields Forever; Let it be è ovviamente gospel, mentre Come Together ha quella punta gotica che fa pensare a John Lennon che sibilava “shoot me”. Ma la cover di gran lunga migliore è All you need is love cantata dagli House Jacks. Oserei quasi dire che è meglio dell’originale…
Il libretto è smilzo, ma piuttosto informativo, e soprattutto pieno di puntatori ai siti dei gruppi.

Ultimo aggiornamento: 2004-02-19 18:02

Problem-Solving Strategies (libro)

Il titolo è un po’ fuorviante. Forse è meglio dire subito la collana: “Problem Books in Mathematics”. Il libro (Arthur Engel, pp. 403, Springer 1998, ISBN 0-387-98219-1, 54.95$) è soprattutto un’enorme raccolta di problemi di quelli che danno alle gare di matematica, divisi in sezioni. Alcuni di questi problemi hanno una specie di spiegazione, che permette di capire il punto di vista da seguire: ad esempio, cercare di trovare un invariante che permetta di dare velocemente la soluzione a un problema. Pensiamo ad esempio di togliere due caselle agli angoli opposti di una scacchiera e chiederci se possiamo coprire la parte rimasta con trentuno rettangoli 1×2. L’invarianza è data dalla parità, ogni rettangolo copre lo stesso numero di caselle bianche e nere, ma la scacchiera mutilata ha 32 e 30 caselle.
Non preoccupatevi: tutti i problemi – e sono 1300! hanno, se non proprio una soluzione, gli aiutini che portano alla soluzione stessa. Se vi piace la matematica, è il vostro libro; altrimenti forse è meglio cercare qualcos’altro.

Ultimo aggiornamento: 2004-02-17 16:15

Memorie di un cuoco di un bordello spaziale (libro)

Il libro (Massimo Mongai; 299 pagine; Robin 2003; ISBN 8873710212; 15 €) è il secondo nella serie delle avventure del cuoco Rudy “Basilico” Turturro a spasso per la galassia. Non ho letto il primo, che pure è stato Premio Urania 1997: le mie letture fantascientifiche sono un po’ erratiche.
Dico subito che questo libro non mi è affatto piaciuto. Buona l’idea di vedere tutto dal punto di vista di uno che ami la cucina, e interessanti i flashback con estratti di altri libri del Turturro. Ma avere i nomi di pianeti e razze da dover leggere in stile “eenglehseh” per ritrovarsi con termini romaneschi come “L’Antica Piccola Magione Al Di Là Del Fiume” vale a dire “Kuhsaettuhdaetruhstaevaerae” può essere divertente all’inizio, ma alla lunga scoccia: e gli intermezzi di sesso mi sembrano nello stile dei libri porno-sf degli anni ’70, della serie cioè “fàmolo strano, che tanto basta aggiungere qualche particolare non terrestre e la gente sbava”.
Insomma, non penso leggerò altro del nostro.

Ultimo aggiornamento: 2004-02-12 15:40

Beatles go Baroque

Continuo la recensione della mia trilogia di tributi beatlesiani recentemente acquistati con questo disco (Naxos 8.555010) che traduce una ventina di canzoni dei Beatles in una serie di quattro Concerti Grossi: uno nello stile di Haendel, uno vivaldiano, il terzo bachiano e il quarto senza precisa indicazione. Il tutto diretto da Peter Breiner: la registrazione è del 1992.
Devo dire che sono restato deluso. I brani sono tradotti correttamente in uno stile barocco: ovviamente la stragrande maggioranza è di Paul, che è sempre stato più per così dire orchestrale, ma questo non sarebbe la fine del mondo. Il guaio è che non sento per nulla calore dietro queste trascrizioni: mi sembrano più che altro un simpatico esercizio di stile per fare vedere la bravura. Bravura di Breiner, naturalmente. Se almeno avesse tentato di allontanarsi un po’ dagli originali, avrebbe potuto ottenere qualcosa di diverso da questo effetto Muzak, o se preferite “musica da ascensore”.
Almeno non costava molto :-)

Ultimo aggiornamento: 2004-02-10 15:16

il match imprò di sabato

Qualcuno degli affezionati lettori di queste notiziole è riuscito ad entrare (mi hanno detto che sono state rimandate indietro un centinaio di persone, tra cui il mio collega Adolfo). Per gli altri, che dire? Il match non è stato il massimo, soprattutto l’inizio era lento. Ci siamo scaldati un po’ man mano, devo dire che la sceneggiata napoletana è stata la migliore che abbia mai visto, con pezzi cantati, una storia che andava avanti e non troppa gente in campo. Io ero in panchina, non è il mio forte.
Per chi vuole sapere di me: ho perso il sorteggio e così sono stato il capitano della squadra di Milano. Non è andata così male come temevo l’altro giorno: almeno nei battibecchi con l’arbitro sono stato abbastanza pronto, il che – come ha commentato Anna – può avere significato un paio di punti in più per la mia squadra, visto che il pubblico tende a favorire le battute alla costruzione delle storie. Per il resto, la mia critica preferita dice che sono stato legnoso in campo – l’avreste mai creduto? – e che aveva preferito il match della settimana precedente tra Milano e Chianciano. La mia interpretazione migliore deve essere stata quella dello zio Furio, che doveva essere un boss siciliano. Visto che dall’altra parte avevo il Puleo che è un logorroico e un battutaro, ho deciso di stare fondamentalmente zitto, e lavorare di sguardi, oltre che sovrastare con la mia altezza. Nella ninnananna cantata non ho fatto a tempo a mettermi d’accordo col Busti, il solista della nostra squadra, e quindi i duetti sono venuti male, tranne una frase che siamo riusciti a cantare all’unisono con le stesse parole senza averla preparata. Le didascalie della categoria “cinema muto” sono state quasi sufficienti, la fucilata con rumore finale debole, e non per nulla avevo deciso di partire per primo.
La mia scena migliore è stata però ai saluti finali, quando ho fatto finta di inciampare. Non solo Anna alla fine, ma la mia compagna di squadra mi ha chiesto se mi ero fatto male…

Ultimo aggiornamento: 2004-02-09 14:44

<em>Enrico Baj – opere 1951-2003</em>

Ho già detto della visita mia e di Anna alla mostra su Baj che si è tenuta a Varese nei mesi scorsi. Per completezza, parlo anche della mostra che si terrà fino a domenica 15 presso lo spazio Oberdan a Milano, ingresso 6.20 €.
Devo dire che ci è piaciuta molto di più la mostra varesina, per tutta una serie di cose. Innanzitutto era molto più completa, non solamente per il numero di opere esposte ma anche per la mancanza delle incisioni e disegni, che formano una parte importante della produzione del nostro. Ho avuto dei dubbi anche su chi ha preparato l’allestimento, ed è riuscito a mettere i totem – che anche nel loro titolo affermano di essere bifronti – contro le pareti. In compenso c’era qualche quadro del periodo kitsch, quando prendeva le croste per turisti – o addirittura se ne faceva commissionare una – per riempirla con le sue figure. “Gli alieni insidiano le nostre donne” è favoloso. Peccato che a fine anni ’50 non penso ci fosse già Teomondo Scrofalo.
Se volete saperne di più (su Baj, non su Teomondo!) leggete la recensione patafisica di zop!

Ultimo aggiornamento: 2004-02-06 16:30