Archivi categoria: rec-2004

<em>MadamX</em>

Come dovrebbe esserti noto, le mie recensioni sono di ogni tipo. Stavolta si tratta di un gioco da tavolo, di ideazione italiana e prodotto dalla Nuova Faro. La presentazione ufficiale italiana è stata il 22 giugno; io sono stato a quella “di riserva” che si è tenuta alla Città del Gioco venerdì 25.
MadamX a prima vista sembra non essere nient’altro che la buona vecchia dama. Scacchiera otto per otto con trentadue caselle nere, dodici pedine per parte. Le pedine non possono muoversi all’indietro, però se arrivano all’ultima fila di caselle diventano MadamX e acquistano anche quel movimento, oltre a non essere mangiabile dalle pedine. La presa è obbligata, per quanto la mossa possa non essere quella preferita.
C’è però un piccolo particolare. Quando hai fatto la tua mossa, muovi anche la casella. Sì: le caselle nere non sono fisse, e si possono mettere in una qualsiasi posizione libera, aprendo nuovi percorsi, anche orizzontali e verticali. La casella che viene spostata è quella dove stava originariamente la pedina, mentre nel caso di presa è quella dove si trovava la pedina mangiata. Sembra incredibile, ma la strategia di gioco cambia completamente. Ho giocato – e perso – due partite: nella prima mi sono davvero sentito sperso come una mosca nella tela del ragno, mentre l’altra è andata leggermente meglio ma è terminata anch’essa con una mia ignominiosa sconfitta per mancanza di mosse possibili.
Non oso poi pensare alla variante a quattro: due squadre, in ciascuna delle quali uno muove i pezzi e l’altro le caselle, ovviamente senza parlarsi. Mi pare un sistema foriero di litigi furiosi peggio dello scopone scientifico.
Ulteriori informazioni sul gioco si possono trovare sul sito relativo.

Ultimo aggiornamento: 2004-06-29 11:45

_Tour di Joyce_

Come avevo scritto, il 16 giugno 1904 è la giornata di Leopold Bloom, come descritta da James Joyce nel suo Ulysses. Tra le iniziative milanesi per commemorare il centenario, c’era questo “Tour de Joyce”, lettura itinerante in giro per Milano fatta da un gruppetto di universitari pazzi scatenati che si fa chiamare Sturm und Drunk.
Innanzitutto, invidia. Io a venticinque anni non sarei mai riuscito a organizzare nulla del genere. Non so che ufficio stampa virtuale avessero: fatto sta che ieri c’erano articoli sulle edizioni milanesi di Corsera Repubblica Giornale Il Giorno Manifesto.
La cronaca: alle 18 sono arrivato in Largo Augusto con la mia bella copia dell’Ulisse, in attesa che il gruppo arrivasse dai giardini Guastalla. Intanto arriva lo Spinelli senior, con tanto di cartelletta con tutti i ritagli dei quotidiani di cui sopra e di macchina fotografica per immortalare i vari momenti, e mi racconta di come è iniziata la giornata. Il primo capitolo alle 9 del mattino non ha riscosso un gran successo di pubblico, ma in effetti non ci si poteva aspettare molto a quell’ora. Poi però è stato un crescendo. Alla biblioteca dell’università sono entrati in una quindicina a rappresentare il funerale di Dignam: un manichino per il corpo, tutti silenziosi, con sguardi attoniti da parte di chi stava studiando, fino a che all’uscita è scoppiato l’applauso. Alle 14 in piazza Santo Stefano hanno iniziato a offrire pane e formaggio e un bicchiere di vino a chi voleva declamare qualche paragrafo della scena del pranzo. È seguito il balletto pomeridiano ai giardinetti della Guastalla, con gli uomini che recitavano ciascuno il proprio brano mentre le donne si muovevano intorno a loro. Alla fine del brano, tutti si spostavano in una nuova posizione per ricominciare la lettura, un po’ come in un carillon; e dopo che tutti avevano occupato ogni posizione, la parte finale è stata letta in coro. I passanti, dopo un comprensibile momento di sconcerto, sembra si siano appassionati alla cosa: intanto c’erano anche Radio24 e RadioRai a seguirli.
Finalmente il gruppetto degli Sturm und Drunk è arrivato al luogo deputato, ed è cominciata la parte dove ho partecipato attivamente. Abbiamo aspettato il 12 in direzione Viale Molise, siamo saliti, abbiamo regolarmente timbrato i biglietti… e poi ci siamo posizionati su e giù per il tram e abbiamo iniziato a leggere ad alta voce ciascuno il proprio brano, spostandoci man mano: alla fine ci siamo ritrovati tutti in centro tram a leggere all’unisono l’elenco dei santi – compreso S.Omonimo, S.Sinonimo, S.Eponimo, S.Fenomeno…
La vettura fortunatamente non era strapiena: occorre dire che siamo stati guardati tra il curioso, lo stupito e lo spaventato, e non posso dare tutti i torti ai passeggeri. In effetti l’happening in questo modo presentava qualche problema, così siamo scesi dopo qualche fermata – ma questo era previsto, cinque-dieci minuti di sopportazione sono già tanti – e aspettato il tram successivo, nel quale abbiamo prima spiegato che cosa stavamo facendo, e poi letto in tre punti distinti alcuni paragrafi, terminando sempre con i santi che effettivamente sono divertenti da declamare.
A questo punto ho purtroppo salutato la compagnia, che ha continuato con la cena che mi è stata detta davvero divertente. Garantisco comunque che anche la parte cui ho partecipato è stata assolutamente delirante. Aspetto che lo Spinelli mi mandi qualche mia foto, sperando che me ne abbia fatte!
PS: oggi sul Corsera di Milano c’era il resoconto della giornata di ieri, compresa foto dove il mio profilo si vede perfettamente :-)

Ultimo aggiornamento: 2014-05-24 22:52

_Manuale di primo soccorso per attori e aspiranti attori_ (libro)

La lunghezza del titolo è inversamente proporzionale a quella del testo (Paolo Asso, Manuale di primo soccorso per attori e aspiranti attori, Dino Audino, 2003, pag. 144, € 9.50). Il libro dovrebbe spiegare per così dire i trucchi per sopravvivere come attori: non i “trucchi del mestiere”, ma le cose di supporto che permettono di esercitarsi e sopravvivere nel cinico mondo del teatro.
Sarà, ma io sono rimasto piuttosto deluso dalla lettura. È indubbio che ho un punto di partenza completamente diverso, arrivando dall’improvvisazione teatrale, e quindi faccio anche esercizi diversi; ma speravo di trovare qualcosa di diverso da una serie di storielle su come chi gestisce una compagnia non ne capisca assolutamente nulla, e quindi occorra fare da noi, e via discorrendo. Per correttezza, vengono in effetti proposti vari esercizi, ma bisogna cercarseli con il lanternino e tirarli fuori; fortuna che come dicevo non è che il testo sia così ampio. Ma per me il tono discorsivo e la parola “manuale” non vanno troppo d’accordo…
L’unica cosa che ho imparato è la differenza tra il metodo Stanislawski e quello brechtiano: meglio che nulla, ma comunque poco.

Ultimo aggiornamento: 2004-06-04 12:02

Viktoria Mullova e Il Giardino Armonico (concerto)

Una decina di giorni fa Anna mi fa “guarda, c’è questa famosissima violinista che suona al conservatorio! Andiamo?” Non che io l’abbia mai sentita nominare, ma come dirle di no? Così mercoledì sera eravamo in coda (corta) alla biglietteria per prenderci i nostri due biglietti. Anna era stata molto attenta a non dirmi che il mercoledi precente ci sarebbe stato un altro concerto della Mullova, incentrato però su Bach. A lei il Giovanni Seb. non piace.
I biglietti non sono esattamente economici: venticinque euro. E anche gli eventuali ridotti sono a 20 euro. Nulla da stupirsi pertanto che nella sala un dieci per cento buono dei milleseicento posti fosse vuoto, e soprattutto che l’età tipica dei melomani andasse dai sessanta in su, salvo qualche ragazzotto probabilmente studente al conservatorio stesso. Il programma vedeva la Mullova suonare con Il Giardino Armonico, nome che a differenza di quello della solista mi diceva qualcosa: il repertorio era sempre barocco, con un concerto grosso di Händel, un concerto di Sammartini e ben quattro di Vivaldi. La mancanza di un programma di sala e la mia memoria non più ferrea come un tempo ci ha fato prendere una bella tampa, quando ci chiedevamo chi fosse la Mullova. È vero che eravamo apollaiati in cima e si vedeva tutto piccolo, ma ci siamo rimasti male quando abbiamo scoperto che all’inizio semplicemente non c’era. Dire che ce lo potevamo aspettare, visto il solito balletto “gruppo entra, applauso; maestro entra, applauso; pezzo suonato, applauso; mestro esce, applauso; maestro rientra, applauso; solista entra, applauso“.
La descrizione della Viktoria: braccia rubate alla palestra, come faceva notare Anna. Muscoli ben scolpiti, che non tolgono nulla alla sua abilità virtuosistica, ma non sono neppure un sottoprodotto delle ore di studio. Il direttore d’orchestra Giovanni Antonini è invece uno di quelli che ama apparire sempre: per il concerto di Sammartini ha tirato fuori un flauto – a me sembrava un piccolo: indubbiamente era diritto e non traverso – e si è messo a dirigere mentre suonava. Non che quelli del Giardino Armonico avessero bisogno di un direttore d’orchestra: uno dei concerti di Vivaldi, quello col liuto solista (menzione particolare a questo concerto RV.93 in re maggiore, davvero bello!), se lo sono gestiti autonomamente e senza alcuna sbavatura.
Vengo alle note di colore, che tanto sono le uniche che vi interessano. Tra i vari movimenti c’era sempre una serie di scatarrate che nemmeno in pieno inverno, si vede che non ci sono più le stagioni di una volta. L’unico momento in cui hanno applaudito fuori tempo è stato dopo il primo movimento del Grosso Mogul, il concerto in re maggiore RV.208 di Vivaldi; la prontezza degli zittii è confrontabile con quella delle strombazzate di clacson quando il semaforo scatta al verde. Invece Anna è rimasta esterrefatta di vedere parecchia gente alzarsi alla fine dello spettacolo, per non dire di quelli che si sono fiondati giù dopo il primo bis e si sono poi visti prendere qualche posto a caso per il secondo. A suo parere, non è corretto – ha usato termini più pesanti, a dire il vero – nei confronti di chi ha suonato ed è ancora lì sul palco andarsene via in quel modo, sembra che il concerto abbia fatto loro schifo. A me sa tanto che il pensiero di questi sia “abbiamo pagato, quindi facciamo quello che ci pare”.

Ultimo aggiornamento: 2004-05-28 10:38

_Faber Amico fragile_ (disco)

Prima di recensire il disco, voglio lanciare una maledizione tripla a chi sta continuando dopo quindici anni a usare quelle custodie per CD – in questo caso anche doppi – con i dentini che si spaccano prima di acquistare il disco. Hanno creato almeno due modi diversi per fermare il disco: quello che usano per i DVD e uno più vecchio con dentini più larghi. E usateli, cribbio!
Dopo questo sfogo personale, passiamo al disco. Lo so, è uscito quattro anni fa. Ma io non sono un amante delle novità, e quindi me lo sono accattato fatto accattare [*] in questi giorni. Come per ogni tributo, uno dovrebbe partire dall’idea di vedere come i vari artisti hanno trattato il materiale a disposizione, sia come scelta (i New Trolls che fanno Signore io sono Irish e la PFM con Il Pescatore barano…) che come interpretazione. Ho notato che nei successivi ascolti certe mie impressioni sono cambiate: ho rivalutato Gino Paoli ed Eugenio Finardi, mentre la Berté mi ha rotto. In altri casi, sono stato costante: la Vanoni ha fatto Bocca di rosa in maniera banale, mentre Battiato è un grande.
Altre cose? Celentano che era riuscito a farsi fischiare scordando le parole di La guerra di Piero ha avuto il coraggio o l’incoscienza di lasciare quel pezzo prima della canzone rifatta in studio, parlandoci sopra e dicendo “hanno fatto bene a fischiarmi. Anche io avrei fatto lo stesso”. Jannacci sarà anche coautore di Via del Campo, ma io non lo sopporto quando canta così “intimista”. L’altro “gei”, Jovanotti, invece mi ha stupito. Non ha stonato!
(ah, magari non ve ne importa nulla, ma il ricavato della vendita del disco verrà destinato dalla Fondazione De Andrè a progetti di utilità sociale)
[*] Come la mia gentil signora mi fa notare nei commenti, “accattato” non è un francesismo da “acheter”, ma la risposta a una richiesta dei suoceri: “c’è qualcosa che ti piacerebbe avere per il tuo compleanno?”

Ultimo aggiornamento: 2019-10-21 13:54

_Il Grigio_ (teatro)

Certe cose bisogna confessarle. Siamo usciti alla fine del primo atto.
Non è che Fausto Russo Alesi non sia bravo, anzi. Gli è che il testo stesso non regge secondo me. La fregatura è la lentezza della storia, e il non avere nessuno tipo di stacco – a differenza del teatro canzone, non ci sono brani musicali che intervallano il monologo. Dire che lo spettacolo risale al 1988, quindi non è nemmeno così vecchio… Vabbé, non si può avere tutto.

Ultimo aggiornamento: 2004-05-09 18:52

<em>Il signor Rossi e la Costituzione</em>

“Serata di delirio organizzato”, dice la locandina. Sicuramente la biglietteria del Piccolo era in delirio disorganizzato: un quarto d’ora per riuscire a ritirare i miei biglietti (che non avevo potuto prendere la settimana scorsa perché erano già stati emessi, e probabilmente a questo punto conservati in un caveau fino a un’ora prima dello spettacolo). Almeno avevamo i posti in quinta fila, il che non è affatto male, anche un mezzo cecato come me non ha avuto problemi.
Non lasciatevi ingannare: lo spettacolo è tutto meno che improvvisato. Ho solo un dubbio: all’inizio, dopo l’introduzione di Paolo Rossi, quando è entrato il resto del cast si sono accese le luci e sono entrate una quarantina di persone, al che il comico ha detto “vabbé, facciamo un sunto dell’inizio… ma lo faccio in slavo, sennò non mi diverto” e parte appunto col grammelot slavo. Forse (forse) questo era improvvisato. Il resto no, è chiaro che il copione può modificarsi giorno per giorno ma la base è indubbiamente standard: anche le richieste di domande dal pubblico nell’intervallo sono finte (ho verificato di persona): e credo che gli articoli della Costituzione vengano sì estratti, ma da un insieme di sette-otto al massimo. Per la cronaca, ieri è uscito il 68, seguito dal 21 e dal 34: se qualcuno vuole confrontare…
Queste non sono critiche, ma semplici constatazioni. Io e Anna ci siamo scompisciati dalle risa per tutto il tempo, ben superiore alle due ore previste: il signor Rossi sarà piccino, ma ha un’energia da vendere, e una mimica eccezionale: Max Loizzi che gli fa da valletto è anche lui tosto, e non è facile fare da spalla a un mattatore: i musicisti oltre a suonare bene hanno il loro siparietto, così come il (pseudo?) vigile del fuoco. Vale davvero la pena di vederlo, anche se non si è di sinistra :-)

Ultimo aggiornamento: 2004-05-05 12:51

Quantum Leap: Mirror’s Edge (libro)

Non ho vergogna di ammetterlo. Mi piacevano i telefilm della serie Quantum Leap, dove Scott Bakula alias Samuel Beckett aveva avuto qualche problema con il suo acceleratore temporale e finiva al posto di una serie di persone, con lo scopo di migliorare in un modo non specificato a priori le proprie vite. Al tempo avevo anche comprato alcuni dei libri della serie omonima, generalmente tratti dalle sceneggiature dei telefilm come capita anche ad esempio con Star Trek.
Questo (C.Davis, C.Davis e E.D.Reese, Mirror’s Edge, Boulevard 2000, 304 pag, ISBN 0425173518, 9.50$ almeno in teoria) è il diciottesimo e ultimo libro della serie, che tra l’altro non ha mai avuto una versione televisiva. Io me l’ero tenuto da parte per un po’, e finalmente ho trovato il tempo di leggerlo. Il risultato purtroppo è stato molto inferiore alle aspettative.
Ovviamente parto dal principio che il lettore sappia cosa si trova, come in ogni libro seriale. Le prime pagine sono troppo lente, poi la storia inizia a crescere in maniera accattivante… e si blocca. La trama si avvita per rimettere insieme tutti i cocci dei vari racconti, crea sottotrame che si perdono nel nulla, e alla fine… boh. Confesso di non essere riuscito a capire il finale, e non penso sia solamente per la mia non completa conoscenza dell’inglese.
Insomma, se vi era piaciuto QL e lo trovate su una bancarella, male non fa. Ma non vale la pena di cercarlo.

Ultimo aggiornamento: 2004-05-04 16:43