Alla Triennale di Milano, fino al 9 gennaio 2005, ingresso 7 euro.
Io e Anna abbiamo avuto due reazioni opposte. Lei afferma che non riesce a concepire quella di Warhol come “arte”, e quindi non ha apprezzato molto. Il mio è un punto di vista diverso: la sua opera è arte, perché prende qualcosa che di per sé è asettico (la fotografia) e la trasforma per rendere ancora più impersonale l’immagine originale, quindi fa qualcosa che dovrebbe dire qualcosa al fruitore.
Detto questo, parliamo di questa mostra. Mah, l’allestimento è letteralmente un affastellamento di opere, foto e altri memorabilia, quasi da claustrofobia oppure sindrome di Stendhal. Però a ben pensarci la cosa ha un certo senso, per un artista che ha fatto della riproducibilità e nella moltiplicazione il suo motto. Interessanti i cartelli esplicativi, anche se avrei preferito che il suo percorso artistico fosse spiegato più chiaramente: solo per l’ultima fase ho visto qualcosa in proposito. Un dubbio finale: ma era così importante indicare che Andrew Warhola (il suo vero nome) era di origine rutena, e soprattutto cattolico uniate, con relativa spiegazione che “gli uniati avevano conservato la venerazione per le icone”?
Ultimo aggiornamento: 2004-10-24 19:23