Stamattina, dopo un caffè più che necessario, sono sceso in mensa per l’assemblea necessaria a votare per l’accordo di “metà contratto” per le telecomunicazioni. Per chi non fosse aduso ai contratti collettivi di lavoro, generalmente hanno una durata di quattro anni per la parte normativa, ma dopo due anni c’è un contrattino solo per lo stipendio.
Il territorale ha fatto tutti i conti su come sono stati bravi ad ottenere almeno quel risultato, e che vista la situazione politica era meglio chiudere prima dell’estate (il famoso “pochi, maledetti e subito”). Peccato che si sia fatto un paio di tampe niente male, ad esempio dicendo che l’una tantum uguale per tutti è giusta, perché “quelli dei livelli alti non scioperano mai”; il buffo è che per questo contratto, come ha detto subito dopo, non si è fatta un’ora di sciopero. L’altro errore è stato fare tutto il conto della percentuale di aumento sui minimi tabellari, che per chi è assunto in Telecom già da qualche anno è minore dei “veri” minimi: parte dello stipendio era infatti stato spostato in superminimi ad personam.
In compenso, il lavoratore che ha preso per primo la parola, e che dovrebbe essere relativamente impermeabile al tutto visto che ha affermato di avere quasi quarant’anni di lavoro, ha preso la palla lanciatagli dal delegato e si è lanciato in tutto un discorso sul fatto che quelli Telecom sono fregati dall’accordo, senza pensare che non per nulla esiste anche un acordo integrativo aziendale proprio perché la situazione, anche come struttura dei livelli inquadramentali, è diversa. Ma la confusione come sempre regna sovrana.
Per la cronaca, ho votato a favore dell’accordo, mentre credo che come minimo mi asterrò sul referendum riguardo all’accordo governo-sindacati del 23 luglio – tema del resto dell’assemblea – perché assolutamente irrilevante.
Ultimo aggiornamento: 2007-09-24 12:28