Archivi categoria: curiosità 2008

e day

Un matematico geek ormai sa che il 14 marzo (scritto all’americana 3.14) è il \pi day, il “giorno pi greco”: qualche volta ne ho parlato anch’io.
Un matematico davvero geek, però, oggi festeggia l'”e day”, chiamato così in onore del numero di Eulero: 2.7182818284590452353… Prendendo le prime cifre, abbiamo 2.71, e quindi si festeggia… il 71 febbraio. Inutile obiettare che febbraio non ha settantun giorni: basta andare avanti a contare, dimenticandosi di cambiare mese :-)
La cosa più interessante dell’e day (mi raccomando, non eDay!) è che è una festa mobile: quest’anno infatti cade l’11 aprile, ma negli anni non bisestili i festeggiamenti si spostano al 12. L’altra cosa più interessante dell’e day è che praticamente nessuno sa che cosa è e, e così potete festeggiarvelo in santa pace!
(via Isabel)

Ultimo aggiornamento: 2008-04-11 12:31

Come volevasi dimostrare

[verde...]Ho fatto il quissss di che colore dovrebbe essere il tuo blog? (come sempre, via la mia pusher) ed è venuto fuori che il mio colore è il verde:
Your blog is smart and thoughtful – not a lot of fluff.
You enjoy a good discussion, especially if it involves picking apart ideas.
However, you tend to get easily annoyed by any thoughtless comments in your blog.
Ma io lo sapevo già, che il mio colore era il verde (non padano né islamico)…
Per la cronaca, al secondo quisss di Annarella mi è venuto fuori “Introverted Sensing”:
Responsible, ethical, and trustworthy
Loyal, with a sense of roots in your community
Someone who treasures and remembers the past
Adverse to surprises and the unknown
L’ultima frase è assolutamente vera.

Ultimo aggiornamento: 2008-04-11 08:27

Fast food alla tedesca

Avete presente quei ristoranti giapponesi dove il cibo ti arriva sui piattini che girano amabilmente su un sistema a rotaie? Bene. In Germania sembrano avere fatto le cose ancora più in grande, a giudicare da questo articolo della BBC comprensivo di video. In pratica c’è tutto un sistema di ottovolante che dalla cucina (in alto) manda giù i vari piatti, ma anche le bevande, al cliente; in questo modo non c’è più un cameriere, e non ci si può più lamentare con nessuno dell’attesa indefinita! No, non è vero: un po’ come quando da noi misero i primi distributori self-serve di benzina, ci sono alcune persone lì per spiegare il funzionamento del marchingegno a chi non è nato a pane e Pac-Man. Ma l’idea è quella.
Dal mio punto di vista è un po’ esagerato, però devo ammettere che se mi capitasse di dover tornare a Norimberga un saltino là ce lo farei anche…

Ultimo aggiornamento: 2008-04-08 14:25

Silvie Berlusco, quomodo Latine loqui?

È vero che nel weekend l’unico quotidiano che ho letto è stato La Stampa, però mi sa che la notizia non è apparsa sui soliti giornali che scorro: la si trova solo sul quotidiano di famiglia, oltre che ad esempio sulla BBC dove stamattina l’ho letta. L’articolo britannico termina con “A trial for alleged fraud is set to resume after the legislative elections”, ma quelle sono le solite cattiverie comuniste, e non è di questo che voglio parlare.
In una delle sue interviste a braccio che tanto piacciono soprattutto ai corrispondenti esteri, il presidente latinista ha ricordato che a scuola dai salesiani era lui quello deputato a fare i discorsi in latino agli ospiti illustri (tipo i cardinali), e termina dicendo «Il mio latino dunque credo che mi permetterebbe anche un pranzo con Giulio Cesare». A parte i problemucci con l’italiano – avrebbe dovuto dire “Credo che il mio latino mi permetterebbe…” oppure “Il mio latino credo mi permetterebbe…” – e a parte la scelta di una persona il cui latino era piuttosto secco, mi chiedo quali voti in più dovrebbe portargli una simile affermazione. È forse convinto che l’elettore quadratico medio rimanga folgorato da tale sfoggio di (supposta) cultura? O non riesce proprio a fare a meno di farsi notare in ogni modo possibile e immaginabile? Il tutto, naturalmente, tralasciando la banale constatazione che probabilmente Silvio non capirebbe una parola di quanto Cesare pronunciasse, considerando che il latino che insegnano alle scuole italiane va appunto bene per parlare con i cardinali ma ha una pronuncia completamente diversa da quella probabile ai tempi dell’Impero sui fatali colli…

Ultimo aggiornamento: 2008-04-07 10:08

musica molto digitale

Stamattina – ma non chiedetemi perché il link sembra essere di settembre – i miei amiconi di rep.it hanno raccontato di un’incredibile tecnologia per immagazzinare informazione musicale: per dare un’idea, un brano di clarinetto della durata di venti secondi sta tutto in un kilobyte, un centesimo dello spazio di un file MP3. Sarà falso? sarà vero?
In uno stranissimo sussulto di serietà, gli amici hanno intervistato nientemeno che Leonardo Chiariglione, che è uno che sicuramente di queste cose se ne intende, e soprattutto che le sa spiegare. È successo così che miracolosamente è diventato possibile capire almeno qualcosa in più: ad esempio che la tecnologia è sintetica (la “prestazione virtuale” secondo l’articolista), vale a dire che il suono viene generato a partire da una serie di informazioni. Chiariglione fa giustamente l’esempio del MIDI, che è un classico sistema sintetico: non so se ve ne siete mai accorti, ma un file MIDI è molto, molto, molto più piccolo di un MP3. Certo, ha anche un suono schifoso: ma questo è un particolare secondario, nel senso che di per sé il problema è che ti ci vuole molta informazione per creare un suono “bello”. Il clarinetto, tra l’altro, è uno strumento difficile da simulare, se non ricordo male, e quindi la performance degli scienziati di Rochester non è affatto da buttare.
Peccato che restino ancora un paio di punti che non sono affatto chiari. Il primo è banale: quanto è grande il “giradischi virtuale”? In parole povere, quanto spazio ci vuole per modellare uno strumento musicale? e quanto per modellare strumenti musicali simili ma non identici? Quando io sento parlare di questi sistemi di ultracompressione, mi viene sempre in mente la barzelletta dei matti che si spanciano dalle risate quando uno di essi dice un numero, perché sanno che corrisponde a una barzelletta ben specifica in un librone che si sono preparati a priori. Qua potrebbe tranquillamente essere la stessa cosa, soprattutto perché nell’articolo parlano anche di sintetizzazione di voce umana, che è ben più difficile da riprodurre… senza parlare dei vantaggi che potrebbero esserci nell’uso di questa tecnologia nelle conversazioni telefoniche. Il secondo punto è che mi chiedo se abbiano letto il comunicato ufficiale dell’Università di Rochester, e soprattutto la data di pubblicazione :-) Poi intendiamoci: in effetti a Las Vegas si sta tenendo ICASSP 2008 e martedì scorso Bocko e i suoi colleghi hanno effettivamente presentato l’articolo in una sessione poster… quindi magari sono io a pensare male. Ma mi sa che dovrò chiedere al mio amico Ugo di verificare sui proceedings dell’ICASSP :-)

Ultimo aggiornamento: 2008-04-04 22:33

Criptomnesia

Devo avere già parlato della causa che negli anni ’70 ha visto George Harrison costretto a pagare una vagonata di soldi perché My Sweet Lord era un po’ troppo simile a He’s So Fine delle Chiffons. Sembra che il termine tecnico, almeno secondo Wikipedia in inglese, sia appunto “cryptomnesia”. In effetti, se uno ascolta attentamente le due canzoni si accorge che la melodia è la stessa, anche se l’arrangiamento è così diverso che a prima vista non sembrerebbe.
Stamattina in compenso ho ascoltato via Musicovert Fight Test dei Flaming Lips (i curiosi possono guardare il video), e mi sono detto “Toh, una cover di Father and Son. In effetti pare che le royalties vadano a Yusuf Islam, già noto come Cat Stevens: ma il meglio è l’affermazione del cantante dei Flaming Lips, che ha sostenuto che non si era accorto della somiglianza fino a che il produttore non gliel’ha fatto notare.
Continuo a dire che – non appena la legge sul diritto d’autore me lo permetterà – devo preparare una galleria criptomnetica!

Ultimo aggiornamento: 2008-04-03 12:39

Pesci d’aprile nelle RFC

Le RFC (Request for Comments) sono i documenti ufficiali dell’IETF (Internet Engineering Task Force), vale a dire quanto di più simile ci sia a uno standard all’interno della Rete. Però i Veri Internettari sono persone assolutamente serie in modo serio, e quindi c’è una tradizione per cui il primo aprile si pubblicano degli “standard” scherzosi, come quello sul trasporto dei pacchetti dati per mezzo di piccioni viaggiatori e la risoluzione dell’Y10K bug (il 2000 è stato semplice, ma che faremo nel 10000 d.C.?)
Quest’anno sono stati così pubblicati due importanti standard, il primo che prevede il finanziamento di Internet mediante la vendita dei nomi dei campi all’interno dei protocolli di rete ad aziende in cerca di pubblicità, tipo “Garmin GPS Destination Address”, e il secondo dal pomposo titolo A Generalized Unified Character Code: Western European and CJK Sections, che significa praticamente “ricodifichiamo i caratteri latini come se dovessimo scrivere degli ideogrammi”. Abbiamo così che non esiste più la A maiuscola, ma si scrive a<UC> (<UC> è il modificatore che rende maiuscolo il carattere); oppure la b diventa o<VerticalLine><PositionLeft> (leggasi, una o con una riga verticale a sinistra). Il tutto con il bonus di una maggiore sicurezza, perché i siti di phishing non potranno più usare caratteri simili, visto che saranno tutti costruiti allo stesso modo…

Ultimo aggiornamento: 2008-04-01 22:58

Politometro monodimensionale

(sì, potevo metterlo come politica o matematica light, o anche come pippone… ma secondo me non valeva la pena)
Anche Rep.it ha il suo sondaggio “dimmi cosa vuoi e ti dirò che votare”: il Politometro. Otto candidati premier, quattro per parte in par condicio, e un quadrato con le distinzioni confessionali-laici e progressisti-conservatori (la distinzione sinistra-destra non sta più bene, si vede anche da come la rappresentazione soffra della sindrome dello specchio politico invertito e metta il subcomandante Fausto ). Oltre alle solite considerazioni sul fatto che non si capisce bene perché a sinistra ci siano così tante liste di posizioni tanto vicine che devono spostare i cerchietti con la faccia dei candidati perché altrimenti si sovapporrebbero, c’è un punto che vorrei portare all’attenzione dei miei ventun lettori: le posizioni dei vari leader sono praticamente su una retta. Il quadrato è diviso in quattro parti, ma solo due sono riempite di facce; e anche in quei due quadratini, i candidati sono più o meno equidistanti dagli assi cartesiani. In pratica, sarebbe stato molto più semplice fare gli assi storti e mettere tutti i leader in riga!
Partendo dall’assunto che le posizioni siano state indicate correttamente, uno non si chiede tanto perché non esistano laici conservatori o progessisti confessionali: non è così strano, basta vedere che negli States i libertariani (che sono fuori dagli schemi classici sinistra-destra) non hanno un grande seguito. Quello che ci si dovrebbe chiedere è come mai sia stata scelta questa dicotomia che dicotomia non è, e che suggerisce appunto implicitamente l’associazione progressisti-laici, per la tristezza della Rosi Bindi che sicuramente è più progressista di Uòlter. Ma mi sa che Scalfari una zampina ce l’ha messa… (E adesso non venitemi a dire che ce l’ho con rep.it!)

Ultimo aggiornamento: 2008-03-28 12:53