“fare in modo che sia l’interlocutore stesso a dargli le informazioni, che poi vengono frullate in modo che sembrino delle scoperte”

Umm, questo era assolutamente vero per i vecchi sistemi (e per dinastie di maghi, mentalisti, social engineers e truffatori vari) ma adesso è un po’ diverso. Potendo contare su una massa di dati, il tuo input non è così essenziale come ai vecchi tempi.

Ad esempio ho trovato interessante per valutare la generative AI rispetto ad Eliza, l’applicazione delle regole di Kurt Vonnegut sulla scrittura a dei testi che metti in ingresso. Ti salta fuori un testo scritto secondo le dure leggi della scrittura “creativa” contemporanea (quindi che ha lo “stile” di [NOME AUTORE DI BEST SELLERS]), ma che non è affatto il tuo testo di ingresso riscritto con la grammatica sottomano, come capitava in passato.

Es. che girava su twitter, un testo descrittivo su una torta, assolutamente “concreto”, che viene riscritto applicando tutte le regole di Vonnegut e diventa una crime story di pura “invenzione”.

Del resto quando si scherza ti può interessare non fornire dati per vedere quanto il sistema “pensa”. Ma quando vuoi uno script che ti riclassifica un bilancio o che ti scriva una mail di spam a partire dalla descrizione di un servizio… sei ben contento di fornire dei dati in ingresso e quello che vuoi è proprio che siano opportunamente frullati.