Mercoledì sera mi ha telefonato l’ex moglie di un cugino di mio padre. (Scusate, sono di famiglia veneta e quindi terrone del nord. Questi giri sono per me assolutamente normali). Ci si sente ogni tanto, giusto per sapere come vanno le cose, ma nulla di particolare. Stavolta però mi ha chiamato perché voleva avere assicurazioni su quello che succederà con il coronavirus: e l’ha chiesto a me che non sono né un epidemiologo né uno statistico né un politico, semplicemente perché sono quello della famiglia “che sa le cose” (cosa diversa da “ha studiato”, che è da noi una cosa abbastanza comune).
Ovviamente non ho potuto dare risposte che non siano generiche, ma probabilmente non era nemmeno così importante. Quello che contava era trovare qualcuno di cui avere fiducia, in un momento in cui evidentemente ci sono troppe notizie contrastanti e la paura si espande a macchia d’olio. Su, stiamo persino aggrappandoci a Giuseppi Conte, che dopo il casino della settimana scorsa deve avere detto a Casalino che stesse pure in quarantena e si è trovato qualcun altro a scrivergli i messaggi: quello di mercoledì era preparato davvero bene. Beh, io ho paura di questo bisogno di certezze, in un momento in cui di certezze non ne possiamo avere. Siamo vulnerabili all’infodemia, oltre che alla pandemia; la seconda è molto più pericolosa sul breve termine, ma non sottovalutate la prima.