Dopo un primo tentativo andato a vuoto il martedì prima – siamo arrivati troppo tardi per l’ultimo giro – giovedì 28 agosto Anna e io, insieme all’amico Alex, siamo andati a visitare la miniera di Gambatesa, anch’essa parte del parco regionale (molto diffuso… questa non è val d’Aveto, ma val Graveglia) dell’Aveto. Tralascio i problemi geografici: siamo comunque all’interno dell’appennino genovese, e a prima vista non sembra esserci una grande differenza. A seconda vista, però, qualcosa di diverso c’è. In effetti, raggiungere la miniera è relativamente facile. Per la precisione, è ben difficile perdersi, visto che ci sono indicazioni praticamente a ogni chilometro sulla strada a partire da Lavagna; l’unico guaio è che le strade nel comune di Ne – dove si trova la miniera – sono delle provinciali relativamente strette, e che ci sono svariate cave, meta di camion i cui autisti partono dal principio che loro sono più grandi e così salgono e scendono a velocità assolutamente invereconde. Spero che a un paio di autisti sia venuta un’orchite di quelle toste.
Ad ogni modo, sopravvissuti agli incontri ravvicinati con i camionisti e superata la frazione Pian di Fieno con il ristorante Teleferica e il bar Il Minatore, si vede sulla sinistra la strada privata per la miniera e si sale al piazzale a quota 530. Da lì, una scalinata e un sentiero ti portano al punto di partenza, a quota 550. Intermezzo storico: la miniera venne iniziata nel 1876, per ricavare il manganese a partire dalla brownite. Negli anni 1930 fornì quasi l’80% della produzione italiana del metallo; dopo la guerra però l’importanza della miniera andò via via scemando, e l’Italsider, che già stava per chiuderla quando si trovò una vena importantissima, alla fine degli anni 1970 rinunciò ai diritti. La miniera venne presa in carico da una cooperativa di minatori, che altrimenti si sarebbero trovati sulla strada. Non che facciano moltissimo: la produzione attuale è di 900 tonnellate di minerale grezzo l’anno, e i quattro minatori che lavoravano a dicembre 2000 quando la miniera fu aperta al pubblico sono rimasti in due… per pensionamenti, non incidenti sul lavoro!
La visita standard alla miniera (ce ne sono anche di altri tipi, ma devono essere prenotate in anticipo) dura un’ora e mezzo circa ed è preceduta da un filmatino che dovrebbe spiegare un po’ di cose. Ma la maggior parte delle spiegazioni arrivano dalla guida (noi abbiamo avuto Sergio) che porta il gruppo di visitatori nel cuore della miniera, con un trenino rumoroso più o meno come la linea gialla della metropolitana di Milano. Oltre a dover tenere a bada un gruppetto di bambini che ha fatto la visita con noi, Sergio ha mostrato come si vede la differenza tra la roccia di base, il diaspro, e le vene di brownite, e ha fatto un rapido racconto di come le tecniche di estrazione si sono evolute dalla fine del diciannovesimo secolo (mazzetta e polvere da sparo) al secondo dopoguerra (perforatrici ad aria compressa e acqua, e dinamite). Tra l’altro, sembra che il nome della miniera derivi dall’espressione usata dai minatori, che abitavano nei paesi più a valle, quando salivano di buon passo e si dicevano l’un l’altro “su, andiamo a gamba tesa, che arriviamo prima!” I corridoi si estendono per 25 chilometri, senza travature perché il diaspro è una roccia dura; devo però confessare che quando ce l’ha fatto notare mi è venuta una punta di preoccupazione!
La visita non è certo economica (11 euro), ma credo che ci sia anche un problema di circolo vizioso. L’apertura al pubblico è stata una scommessa in una situazione oggettivamente difficile, visto che l’entroterra ligure è generalmente negletto e snobbato, e non sono così certo che nonostante l’entusiasmo dei soci della cooperativa la scommessa sia stata vinta. Bisogna però aggiungere che in questo periodo stavano sfruttando i fondi europei per rimettere a posto e ampliare l’offerta; la volontà di continuare su questa strada è insomma ancora tanta. Certo che se gli uffici turistici sulla costa del Tigullio provassero a far presente ai turisti che non è sempre necessario stiparsi nelle cosiddette spiagge locali, il 2009 potrebbe anche essere più fortunato per Gambatesa!
Ultimo aggiornamento: 2008-09-07 06:00
mi sembra che il sito della miniera non risponda….;-(
Interessante segnalazione per una ‘gita’ domenicale, grazie.
Non ho mai visto una miniera in vita mia, e la cosa mi incuriosisce.
P.S.: segnalo che http://www.gambatesa.it/ al momento sembra essere non attivo.
Il sito è http://www.minieragambatesa.it – ho corretto il post.
Noi siamo andati a vedere questa
http://en.wikipedia.org/wiki/Big_Pit_National_Coal_Museum
Ed è pure gratis.
due notarelle a margine da un ligure emigrato a Milano (ahilui):
1) Val Graveglia:)
2) riferito al post poco più in basso, quello sulla Val d’Aveto, l’alta via dei monti liguri non “si fa” solo il levante, ma proprio tutta la liguria in lunghezza:)
@andrea: grazie!
Per la Val Graveglia, è una dimostrazione di come io non abbia fatto il mio doveroso lavoro di verifica una volta tornato dalle ferie e messi gli appunti sul blog. Sull’Alta Via, ammetto che tanto non avrei mai controllato…