Dal mio punto di vista la cosa non sembrava così interessante, ma leggendo il buon Farfi ho visto che in giro sono in tanti che stanno montando un nuovo caso, e chi sono io per non tuffarmici a pesce?
Stamattina è morto Lorenzo D’Auria, l’agente del Sismi rapito dieci giorni fa in Afghanistan. D’Auria aveva tre figli e una compagna. Peccato non fosse sposato, quindi per il governo italiano la sua compagna non era assolutamente nessuno, esattamente come non è nessuno Adele Parrillo, la compagna di Stefano Rolla ucciso a Nassiriya; lei non può nemmeno partecipare alle commemorazioni ufficiali in onore dei nostri soldati morti.
Cosa ha fatto allora il nostro governo? Ha riportato in Italia D’Auria, che era ancora in vita, e l’ha fatto sposare in tutta fretta sabato scorso. Peccato che per il nostro codice civile (articolo 101) ci sia sì la possibilità di un “Matrimonio in imminente pericolo di vita”, ma gli sposi devono comunque essere coscienti. Ma c’è una gabola. Il codice di diritto canonico (canoni 1068 e 1079) sciolgono da un qualunque impedimento nel caso di pericolo di vita: basta che ci sia la volontà di sposarsi, anche per mezzo di testimoni. È per l’appunto il matrimonio in articulo mortis. Una volta sposati religiosamente, il Concordato (articolo 24) lo fa immediatamente diventare lecito per la legge italiana, e la povera Francesca diventa una vedova a tutti gli effetti.
Dato tutto questo, quello che a me verrebbe in mente è che è una vergogna che lo stato italiano non sia capace a fare qualcosa per coloro che sono morti per esso, e debba ricorrere a quello che – diciamocela tutta – è un mezzuccio. Su questo concordo con Brodo. Riesco a capire chi (Anelli di fumo) afferma che quella norma concordataria è da abrogare perché non ha senso. (Ah, una nota per Farfi che sicuramente mi legge: se guardi bene il codice di diritto canonico, il default di un matrimonio è che sia valido, quindi se qualcuno afferma che D’Auria aveva intenzione di sposarsi questo è quanto fa testo a meno che non saltino fuori prove certe del contrario). Quelli che proprio non riesco a capire sono quelli che si lamentano perché “ancora una volta il governo è stato succubo del Vaticano (Scalfarotto e miic: non so di altri, ho solo recuperato i link di Farfi). Per una volta che, a differenza ad esempio del caso Welby, c’è stato un parroco che ha scelto di fare un atto di carità cristiana, non dico di intonargli peana: ma almeno si potrebbe evitare di polemizzare con chi non ne può nulla.
Un paio di aggiunte: è vero che c’è un’ingiustizia di base perché solo ai cattolici è permessa una cosa del genere, ma fare notare questa cosa sposta semplicemente il problema, visto che come ho detto all’inizio la colpa è dello stato che non riconosce il diritto, non della chiesa che in questo caso non ci ha guadagnato nulla. Il tutto senza contare che non sono nemmeno poi così certo che la coppia fosse cattolica praticante, visto che per il diritto canonico bastava che uno di loro fosse battezzato. Inoltre sono ragionevolmente certo che D’Auria non fosse assolutamente cosciente, avrei anche dei dubbi sul fatto che avesse davvero voluto sposarsi, e che quindi il parroco abbia compiuto un illecito; bene, sono felice che l’abbia fatto, anche se sarei stato più felice se non avesse dovuto farlo e lo Stato in cui sono nato e vivo fosse più serio.
Ultimo aggiornamento: 2007-10-04 23:04
Siamo d’accordo. Il problema è dello stato italiano che dovrebbe garantire diritti equivalenti anche a chi non è cattolico o battezzato.
Dicendo che il parroco ha compiuto un illecito a favore di una donna per farle godere dei diritti che altrimenti non avrebbe goduto?
Stai cioè dicendo che quel parroco ha, nel suo piccolo, compiuto un gesto “eroico”
Se non ricordo male nella “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht si dice “Sventurata la terra che ha bisogno d’eroi.”
Ma quanto siamo sventurati noi che la abitiamo?
scusami, ma se invece nessuno dei due fosse stato battezzato? o magari come me sbattezzato?
sei sicuro che e’ solo uno spostare il problema?
@xlthlx: Dipende da cosa intendi per “spostare il problema”. Il problema, ripeto, è che la Repubblica italiana non prevede che nel caso di persone morte al servizio della patria ci sia la possibilità di un riconoscimento economico e morale per le persone affettivamente legate al morto. E su questo il Vaticano non c’entra assolutamente un tubo.
Stavolta si è trovato il trucco; con Rolla il trucco non è stato possibile, visto che è morto sul colpo. Ma di nuovo, non avrebbe avuto senso lamentarsi con la chiesa cattolica perché non prevede il “matrimonium in pectore”. Dal mio punto di vista, insomma, “spostare il problema” è lamentarsi dell’esistenza e dell’automatica validità anche civile del matrimonio in articulo mortis.
Sono certo che se la Vaticano, Inc. s’impegna riuscirà a trovare il modo di far sposare anche i morti, purché la loro intenzione di sposarsi (forsanco di battezzarsi nell’occasione) sia adeguatamente supportata da testimoni.
In questo modo il nostro Stato potrà continuare ad ignorare tranquillamente il problema.
mau, sono d’accordissimo con tutto il tuo ultimo paragrafo. il problema non è la chiesa, che sposa chi vuole; il problema è uno stato che per riconoscere il diritto di una vedova deve chiamare lo stregone che sposa i morti.
@CavalloRazzo: immagino tu ti renda conto che con commenti come questo stai implicitamente dicendo che la Vaticano Corp. ha fatto bene a negare i funerali religiosi a Welby, visto che se l’avesse fatto sarebbero saltati su a dire che quelli là si stavano prendendo da morto uno che da vivo se ne voleva stare ben lontano da loro :-)
Bene. Anzi, meglio, così si sviluppa una sana concorrenza. Affideremo i funerali alla religione miglior offerente.
Ho delle perplessita’ di base sulle convivenze eterosessuali di lungo periodo.
Il modo che lo stato ha previsto per due eterosessuali per garantire se stessi e i figli e’ il matrimonio civile.
Con tutta la pietas, non capisco perche’ una coppia con figli non si sposa civilmente.
E non capisco perche’ bisogna trasformare le convivenze in matrimoni.
Allora sposarsi civilmente a che serve?
@ALG: vero, ma qui non stiamo parlado di un “eroe” (e le virgolette stanno a significare che io non lo ritengo tale), bensi della sua compagna che resta da sola ad allevare tre figli. Ecco, stiamo parlando di una madre vedova con tre figli da mantenere. E io davanti a quei tre bambini me me sciacquo le gonadi se il padre sia morto facendo l’eroe o il criminale: so solo che dar da mangaire a quattro persone con un solo stipendio non è per nulla facile.
Luca_ ci sono tanti motivi per cui, al di là delle convinzioni personali (sono contraria al matrimonio non in quanto tale bensì a causa di tutto l’inutile e ridondante costrutto culturale che lo circonda) due persone che convivono non possono sposarsi: per esempio perché uno dei due partner è in attesa di divorzio (minimo 3 anni) o proviene da un paese in cui non è riconosciuto il divorzio. Senza considerare che esistono relazioni di tipo coniugale non di coppia (matrimoni poligamici in tutte le loro forme: poliginia, poliandria e matrimonio di gruppo) e relazioni non matrimoniali che si potrebbero voler vedere riconosciute (caso tipico l’anzian@che vice con il/la migliore amic@). Tutti questi casi esulano e trascendono il matrimonio ne sono esclusi.
ok, ok. in effetti il problema di fondo di tutto questo e’ il non riconoscimento delle unioni civili da parte dello stato. almeno, secondo la mia modesta opinione.
Immagino però si possa dire che Vaticano Inc. abbia una “grossa responsabilità” in come sono andate le cose con i DICO. Responsabilità che gli compete e che, credo, non vorranno esimersi dal riconoscere ma, a parte tutto, rimane lo Stato Italiano l’unico vero responsabile di esser succube di queste “indicazioni”.
Quanto al “ma perchè non si sposano” posso dire solo che le “cose de facto” esistono da sempre: lo “standard” Hayes per i modem, i “formati standard Word, Excel, ecc.” (che, forse, oggi sono “un pò meno standard”): non è poi così necessario eseguire un rito civile (al pari di una certificazione ISO). (*)
Sarebbe invece (IMHO) doveroso, per lo Stato, riconoscere quanto la sua gente fa, possibilmente senza l’uso di mezzucci e compiacenze. Purtroppo per chiedere un pò di chiarezza siamo nel posto sbagliato.
(*) Il discorso di “evoluzione” (o “involuzione” per alcuni) di questo aspetto sarebbe probabilmente lungo: diciamo solo che i tempi sono cambiati/stanno cambiando e mette poco conto opporvisi: sarebbe invece il caso di guidare il cambiamento verso forme socialmente valide ed accettabili.
sky, hai presente i sistemi di trouble ticket (o per i non tecnici, la macchinetta che da i numeri dal salumiere?)
Com’e’ che tutte le volte che non comunico ufficialmente alla collettivita’ che ho fatto/sto facendo un lavoro, poi va a finire che sembra che non faccio niente dalla mattina alla sera?
ben vengano le cose de iure (appunto, non de facto)
Sicuramente è un metterci una pezza, anche se si spera che i figli fossero riconosciuti e avessero comunque diritto a un sussidio (che, di nuovo si spera, non dipende dallo stato civile dei genitori).
Però per chi sostiene la necessità di una separazione fra stato e chiesa, la possibilità di una cosa simile è davvero deprimente.
luca_: non vedo perché oltre al “pacchetto” matrimonio lo stato non debba offrire ai cittadini, se questi lo desiderano, anche dei pacchetti “light” (meno diritti, meno doveri).
Silvia: sottoscrivo tutto, entusiasticamente.
@Silvia: l’aggettivo eroico era riferito non al morto ma al parroco che li ha sposati (ed era tra virgolette perché era ironico). Quanto al morto non mi interessa se è stato un eroe o no, non mi importa semplicemente. (!sottoscrivo il discorso sul matrimonio!)
Più in generale sul discorso matrimonio come standard, ma perché? Se due persone non volessero sposarsi per un motivo qualsiasi?
barbara: ok per i pacchetti light, che so, a tempo determinato, a progetto, piu’ semplice da sciogliere. Tutto ok.
Mi sta anche bene un contratto sostanzialmente identico tra omosessuali.
Rimane il fatto che la legislazione attuale conferisce uno status particolare di diritti e doveri a chi si sposa.
Che non sono gli stessi di chi convive.
La legge non ammette ignoranza e quindi se sei eterosessuale (purtroppo adesso i gay non sono tutelati) e vuoi il diritto y (in generale per amore si tende a volere garantire l’altro) che al momento la convivenza non da, ti sposi.
Oppure in caso di disgrazia non ti stupisci di non essere garantito dallo stato.
Hai detto allo stato che hai contratto un impegno?
Oppure facciamo dei DICO ‘decenti’ per tutti e eliminiamo il matrimonio civile.
Se diritti e doveri devono essere gli stessi e’ la stessa cosa.
Ma se vuoi uno status da un ente, ti ci devi registrare.
Come fai a sapere che il poveretto non avesse contratto altra convivenza con altra mulier in afghanistan?
Mah, io invece non sono d’accordo. Credo che il matrimonio non dovrebbe essere affare di stato ma semplicemente una questione di diritto privato, un contratto tra due persone e basta.
Quindi, anche il confronto con il Canada (in uno dei post linkati) è a mio avviso sbagliato, nel senso che, a mio avviso, l’altro paese è semplicemente più indietro di noi anche in quello per quanto tanti progressisti non gradiranno.
Per quel che concerne Welby invece, credo che la questione sia molto semplice: lui li voleva i funerali cattolici? A me non pare…
(premessa: l’avevo detto che era un discorso lungo ;-))
Penso di esser “sufficientemente registrato” (ed accreditato) presso il mio Stato, quello italiano, senza dover presentare ulteriori richieste/domande/altro.
Il problema comunque era proprio avere dei DICO ben fatti, mica altro, come alternativa “light” (evoluta?) al matrimonio civile: non vedo il motivo, per avere copertura civile (diritti), di dover “mettere tutto in piazza” se, poniamo, sono gay: notifico semplicemente (e consensualmente) il mio “cambiamento di status” al mio comune di residenza… o nel 2000 ci vuole ancora lo jus prime noctis?
Poi non è che personalmente ci tenga al matrimonio “usa e getta” (perchè il rischio è un pò quello): dico solo che la classica frase “se qualcuno ha qualcosa da dire lo faccia ora o taccia per sempre” oramai mi pare sensata se a dir qualcosa è lo Stato (per impedimenti effettivi: che ne so, son già sposato altrove, o altro) ma che un altro cittadino debba mettere il naso nei fattacci miei è roba da medioevo: il “diritto” rimane tale e non può esser messo in discussione da “altri cittadini” (pari miei).
Si tratta di garantire un diritto (che come cittadino peraltro godo già) estendendolo ad una cosa che posso chiamare “mio nucleo famigliare”, cercando di non commetter soprusi verso un’altra persona (o di non riceverne): è una scelta consensuale di due persone infatti.
Credo che il punto più importante sia garantire chiarezza ed informazione: chi mi dice che, poniamo, la mia futura moglie non sia d’accordo nello sposarmi anche se sono già sposato con un’altra donna?.. ora.. nella civilissima Italia questo suona come una bestemmia, ma non è così in tutto l’Universo Conosciuto eh: non prendiamo “a default” cose che lo sono solo per noi.
Per finire: un DICO “well formed”, a parer mio, è proprio simile ad un Ticketing System: permette la massima chiarezza ed informazione a tutti gli interessati: “marito”, “moglie”, eventuali figli, anche “pregressi”. Proprio come un TS ci saranno diversi livelli di dettaglio: un “passante casuale” vedrà che sono “impegnato” (sposato?) o nulla del tutto e via così, dove il massimo livello di dettaglio l’avrà il/la mia partner ed il/i miei figli (più, come sempre, le varie autorità di Polizia “abilitate” a conoscere i miei dettagli).
In tutto questo non ho mai nominato la Chiesa: se voglio i suoi servizi mi registro al suo sistema, dove valgono le sue regole: qui siamo in Italia e le regole sono quelle dello Stato Italiano. ;-)
nel mentre ricordo che da queste parti la strumentalizzazione è malvista :-), vorrei fare notare che in questo caso stiamo parlando di un servitore dello Stato, cioè una persona morta per avere fatto quello che lo Stato gli ha ordinato di fare. Anche se avessimo DICO, PACS e quant’altro, il problema resterebbe tale e quale se la coppia non avesse voluto usarli.
Hai ragione, stiamo divagando.
È pur vero che lo Stato, come datore di lavoro, ha qualche resonsabilità in più, tuttavia è pur sempre tenuto ad operare in modo trasparente e ineccepibile. Se, in ragione delle leggi *esistenti*, la pensione spetta solo alla moglie, il concederla ad una convivente sarebbe un atto illecito.
Ma i figli? Possibile che nel nostro ordinamento non sia previsto un qualsiasi supporto per gli orfani? Che non sia solo quello di farli avanzare in graduatoria nei concorsi?
Per il caso dell’agente del Sismi tragicamente morto e sposato “in articulo mortis” tutti affermano che il codice di diritto canonico consente di sposarsi, in pericolo di morte, quando la volontà di farlo sia stata in precedenza espressa da entrambi i coniugandi in presenza di testimoni. Ma il diritto canonico dice tutt’altro.
Se, poniamo, il 1° luglio di quest’anno il D’Auria e la convivente (o uno di loro) fossero stati in pericolo di morte e avessero dichiarato davanti a testimoni il loro reciproco consenso al matrimonio, e qualcuno si fosse adoperato per informarne il parroco più vicino, il matrimonio sarebbe stato pienamente valido e sarebbe stato quello celebrato il 1° luglio (canoni 1116 e 1121,2). Pericolo di morte e reciproco consenso devono essere contemporanei: diversamente si potrebbe regolarizzare quello che si vuole, ma sarebbe tragicommedia, non diritto canonico. Per il D’Auria il cosiddetto matrimonio è stato celebrato il 27 settembre, quando lo sposo non era in grado di esprimere il consenso, che è il fatto costitutivo del matrimonio, anche per il diritto canonico (can. 1057). Quindi non esiste nessun matrimonio.
La riprova che è essenziale la capacità di intende e di voler al momento del matrimonio è costituita dal canone 1105: nel caso di nozze per procura, se il procuratore contrae in nome del suo mandante, ma questi è diventato demente prima della cerimonia, il matrimonio è invalido, anche se il procuratore o l’altra parte contraente erano all’oscuro della sopravvenuta incapacità.
Per sposarsi, anche solo civilmente, bastano dieci minuti: la superficialità di tanti giovani li porta a rifiutare le formalità e lo farebbero anche per quelle richieste da unipotetica legge sulle coppie di fatto. Poi, però, tutti pretendono che siano lo stato o la chiesa a rimediare alla loro incoscienza. E’ urgente tornare ad insegnare ai giovani ad agire responsabilmente, senza lasciare nel dubbio e nei guai la persona amata.