la mafia delle riviste accademiche

Quando si parla di posizione dominante sul mercato, il primo nome che viene in mente è quello di Microsoft (e magari il secondo è Google). Ma ci sono altri campi in cui si arriva anche al peggio.
Un articolo di lavoce.info racconta infatti che cosa succede nel campo delle riviste accademiche. Tra il 1975 e il 1995, il loro costo è più che triplicato al netto dell’inflazione: e negli ultimi cinque anni è ancora cresciuto di quasi il 30%, sempre oltre il tasso di inflazione. Il tutto mentre i costi per le case editrici (ormai Elsevier, Springer e Wiley da sole superano di gran lunga il 50% del mercato totale) si sono ridotti, visto che si chiede agli autori di inviare il manuale già formattato per la stampa, e il peer review è storicamente stato fornito gratuitamente dai colleghi. Il tutto significa un esborso sempre maggiore per le biblioteche, che sono spesso costrette a comprarsi anche riviste di cui non si fanno nulla perché gli editori propongono un “o tutto o niente” per fare un sia pur minimo sconto.
Il guaio è che l’autorevolezza delle riviste non si crea da un giorno all’altro, e quindi la rendita di posizione dei grandi editori è enorme. Persino l’Unione Europea se ne è accorta: però non ha promosso il passo successivo, che dovrebbe essere quello di contribuire a creare una fondazione no-profit che raccolga la produzione dei centri di ricerca europei e quindi possa entrare a pieno diritto nel mercato delle pubblicazioni “importanti”.
È vero che ad esempio in matematica i preprint ormai sono il mezzo più usato per diffondere le informazioni, ma purtroppo anche in questo caso la frase “l’informazione vuole essere libera” deve essere emendata aggiungendo la precisazione “se si paga abbastanza”.

Ultimo aggiornamento: 2007-08-31 17:03

6 pensieri su “la mafia delle riviste accademiche

  1. delio

    tutto giusto, però non ho capito bene che vuol dire “tutto o niente”. a me risulta che uno possa abbonarsi ad un’unica rivista, o anche comprare un solo numero della rivista, o persino (anche se a costi infami) un solo articolo. di certo le biblioteche ormai boccheggiano, ma secondo me l’accademia un po’ se lo merita, visto che tutte i giornali open e free vengono regolarmente boicottati, quando si tratta di dare la valutazione ad un curriculum.
    del resto, almeno in alcune materie (per esempio la fisica teorica) ormai TUTTI gli articoli finiscono su arxiv, e quindi chi se ne frega dei prezzi delle riviste.

  2. .mau.

    sì, ci si può limitare a comprare una sola rivista, però i bundle sono fatti in modo che una biblioteca (che di riviste magari ne avrebbe comprate un quarto di quelle pubblicate) sia caldamente consigliata a prenderle tutte.

  3. delio

    posso smentire. non conosco nessuna biblioteca di un’università piccola che compri *tutte* le riviste springer o elsevier.
    poi c’è da dire che per qualche ragione (che io non conosco) in italia siamo terribilmente inclini a comprare riviste. nella biblioteca del dipartimento di matematica di bari ci sono qualcosa come 450 riviste, un numero abnorme in confronto a quelle acquistate, per dire, a tübingen (due delle univerità in cui ho studiato, con un numero paragonabile di studenti).

  4. CiaoFabio

    Mau, non solo matematica, sei rimasto indietro. L’open si sta diffondendo bene in molte discipline, con il National Health statunitense (NIH) che impone da anni che tutti i lavori realizzati con i suoi finanziamenti vengano anche pubblicati open, per esempio. Ne avevo scritto nel 2005 per Il Sole e per Internet Pro. Articoli vecchi, ormai, ma se vuoi te li mando.
    Ciao, Fabio.

  5. .mau.

    CiaoFabio, se ho scritto “ad esempio in matematica” la logica dice che non ho fatto alcuna affermazione su altre scienze, non trovi? :-) Lo sai che cerco di non parlare troppo di cose su cui non so nulla. Amici matematici invece ne ho ancora.

  6. Barbara

    CiaoFabio: la situazione nelle diverse discipline è fortemente disomogenea. Lo so perché abbiamo una biblioteca di facoltà, e uno dei problemi è conciliare le esigenze di matematica, fisica, chimica e biologia (in particolare noi matematici vorremmo eliminare un costoso bundle elsevier, e i biologi si oppongono). Medicina poi gioca in una lega a parte, per ovvi motivi economici. Per fortuna hanno una biblioteca separata.
    In fisica ormai la priorità si basa solo sulla pubblicazione del preprint in archivio, e molti non stanno neppure a pubblicare “davvero” una volta raggiunta la tenure; in matematica invece è cruciale l’accettazione su una rivista con referee, che per chi ha ancora carriera da fare deve essere più prestigiosa possibile. Purtroppo c’è un certo overlap fra prestigioso e costoso, visto che qualche furbone si è accorto che conveniva comprare riviste di pregio e aumentare il prezzo a dismisura. Da molto la comunità matematica (aka i soliti quattro gatti) rumoreggia e protesta contro il palese sfruttamento da parte degli editori. Adesso finalmente qualcosa si sta muovendo: il mio esempio preferito è Topology.
    Delio: i bundle non sono (quasi) mai tutte le riviste. Sono, per l’appunto, un pacchetto di riviste che costa parecchio meno della somma delle singole riviste, e che viene confezionato, credo, quasi ad hoc. Quel che è praticamente impossibile è togliere una o due riviste dal bundle: ti minacciano di farti pagare il resto a prezzo pieno.
    Sono però fiduciosa che le cose cambieranno. Potremo un giorno annoiare gli studenti raccontando come andavano le cose nei tempi bui prima di internet. Temo peraltro che l’Italia sarà l’ultima a cambiare.

I commenti sono chiusi.