Ho fatto due etti e mezzo di bit. Lascio?

Ieri su Slashdot c’era la segnalazione di questo sito croato, che afferma di avere in linea un generatore di bit casuali ottenuti con processi quantistici, e quindi casuali per davvero.
Come forse non sapete, nella vita odierna i numeri casuali servono più o meno ovunque. Tanto per darvi un’idea, anche i sistemi di cifratura moderni hanno bisogno di un generatore di numeri casuali. Come si fa in genere? beh, ci sono algoritmi che permettono di generare una successione di numeri pseudocasuali: che cioè non sono per nulla casuali, visto che il successivo è perfettamente determinato dai precedenti, ma che all’atto pratico vanno bene per la maggior parte degli utilizzi.
Ma a volte devi essere più paranoico del solito, e usare dei numeri davvero casuali: in questi casi, visto che lanciare un dado o prendere i numeri alla roulette sono sistemi scomodi e comunque non sicuri al 100%, il sistema tipico consiste nel prendere un qualche processo atomico tipi o tick di un contatore Geiger, e convertirli in numeri casuali. Bene, i croati dicono di avere fatto la stessa cosa a partire dalle emissioni di fotoni da parte dei semiconduttori. Non posso garantire la cosa, anche perché non ho scaricato da loro dei numeri, però potrebbe essere un’idea regalare un numero davvero casuale, no?
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Ultimo aggiornamento: 2007-07-20 10:52

6 pensieri su “Ho fatto due etti e mezzo di bit. Lascio?

  1. mestesso

    Ti è scappato uno .
    Sarebbe carino fare un programmino che verifichi quanto siano veramente casuali. Io la prima volta che ho usato mathematica avevo fatto un programmino semplice semplice per verificare che la succesione di cifre di pi fosse distribuita casualmente.

  2. fB

    Ah, qui siamo nel mio campo! Come diceva Joe Ford, il maestro del mio maestro, “il numero uno è casuale?”.
    Non esiste alcun modo per dimostrare che una sequenza data sia casuale, per il semplice fatto che una sequenza generata tramite una regola qualsiasi non è casuale per definizione e quelle per le quali non esiste una regola sono inesprimibili.
    In particolare nessuna sequenza finita di numeri è casuale, se mai può essere pseudocasuale in qualche senso, ma anche qui definire cosa significhi pseudocasuale non è particolarmente semplice.
    Per esempio esiste il criterio, dovuto a Chaitin, della complessità algoritmica, una sequenza è pseudocasuale se ha entropia massima ed è quindi incomprimibile (in breve: un programma che calcoli la sequenza non può essere piú semplice della sequenza stessa, in termini di bit), ma si dimostra come il decidere se una sequenza sia pseudocasuale o meno sia esattamente equivalente al decidere se un programma software si fermerà o meno (halting problem), un problema notoriamente indecidibile. Si può solo mostrare, a volte, che una sequenza non è casuale, mai il viceversa.
    In particolare la successione delle cifre di pi non è affatto casuale: c’è infatti almeno una regola che permette di ottenerle piú rapidamente che non elencando le cifre stesse, per esempio tramite una qualunque delle serie di potenze la cui somma sia pi. Se mai si può dire che tali cifre sono distribuite in modo uniforme e con interessanti proprietà statistiche, ma non è la stessa cosa.

  3. mestesso

    Giusto, hai ragione: col mio programmino in mathematica avevo verificato che la distribuzione fosse uniforme, il che non vuole dire che siano casuali nel senso rigoroso del termine, dato che esiste una regola per produrli.
    Chissà se è vero anche per il sito croato…

  4. fB

    > secondo Riemann o secondo Lebesgue?
    Dopo il primo anno d’università l’integrale è sempre secondo Lebesgue a meno che non sia esplicitamente specificato altrimenti. Spesso e volentieri, però, la misura utilizzata non è quella di Lebesgue (almeno in fisica teorica).
    > Chissà se è vero anche per il sito croato…
    Basta estrarne infiniti numeri e fare poi l’opportuna verifica.

  5. sgag

    quel sito è utilissimo per avere una conferma sui risultati trovati a mente e quindi altamente inaffidabili di derivate e integrali o radici di polinomi, altroché

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