Summorum Pontificorum: analisi politica

Come implicitamente promesso, ora che il motu proprio papale è stato pubblicato posso fare qualche considerazione in più. Anche se il Corsera lo mette tra le cronache e Rep.it negli esteri (fine suggerimento sul fatto che il Vaticano è fuori dall’Italia… ma le messe si dicono anche nel nostro territorio, a ben vedere), io ritengo che in realtà il documento sia strettamente politico, e quindi ne parlo nella categoria acconcia del mio blog.
Premessa: paradossalmente, il numero di fedeli che volevano la restaurazione a pieno titolo della messa secondo il rito tridentino è scarsissimo: dicono sui 300mila, una goccia nel mare del cattolicesimo. Però parlano a voce molto alta: ho appena fatto una googlata su “Novus Ordo Missae” + “introduzione” e mi sono arrivati praticamente solo risultati di siti definentesi cattolici che dicono che è stato una rovina. Questo, giusto per fare notare come la gente tenda a credere alle cose che sono dette a voce più alta :-) Ma veniamo al testo.
Dopo una lunga introduzione storica, Ratzinger spiega (art.1) che il messale nuovo e quello tridentino (nella versione del 1962 di papa Giovanni) sono due usi diversi dello stesso rito, e che il rito tridentino non è mai stato abrogato. Fondamentalmente quest’ultima affermazione è vera, ho controllato la Costituzione Apostolica Missale Romanum che parla di “revisione” del rito romano. Capisco anche la logica dietro il pensiero del papa: costringere i famosi trecentomila ad accettare che il rito ordinario è quello usuale, e non rompere più di tanto. Peccato che in questo modo pecchi di relativismo :-) e lasci aperta la porta a chi dirà “perché il rito del 1962 sì e quello del 1570 no? non sono sempre revisioni? E perché non un rito del 1000, o dell’800, o del 100 se mai riuscissimo a trovarne uno?” Non mi sembra una grande idea.
Che un prete, se dice messa da solo, possa usare un qualunque messale è di per sé irrilevante, se non di nuovo una mossa politica per dire “sì, siete comunque delle mie pecorelle”. Che in una parrocchia ci possa essere una sola messa festiva “tridentina” (art. 5.2) fa quasi ridere vista la scarsezza dei preti; fa meno ridere il fatto che nella versione ufficiale italiana non si capisca un tubo, e sia dovuto andare a leggermi quella originale latina per avere un senso.
L’articolo 6, in cui si afferma che le letture possono essere fatte nella lingua locale, personalmente mi giunge stranissimo. Tecnicamente la cosa ha un senso: i fautori del messale tridentino non ce l’hanno con il Novus Ordo Missae solo perché è nelle lingue locali, ma soprattutto per tutta una serie di ragioni teologiche come il fatto che la messa sia un’espiazione dei peccati del popolo, e soprattutto che è una questione tra il prete e Dio, con il popolo che fa solo da cornice. Considerando che tanto chi va a sentire una messa tridentina probabilmente non è così interessato a sentire quello che viene detto, non capisco la logica dietro… chiederò lumi allo Spirito Santo :-)
L’articolo 10, quello delle “parrocchie personali”, mi sa tanto che non sia stato capito dai commentatori sui quotidiani. Ho dato un’occhiata al codice di diritto canonico, canone 518, e ho scoperto che è quello che capita banalmente anche oggi quando fanno le messe per gli ucraini a Milano: così ad occhio mi sembrerebbe addirittura più logico che costringere il parroco a far dire la messa, minacciando altrimenti di ricorrere al vescovo (vedi art.7).
Insomma, posso capire le buone intenzioni di Benedetto XVI, ma mi pare che la soluzione scelta non sia affatto la migliore, e forse sarebbe stato meglio restare alla vecchia concessione woytiliana.
Un’ultima richiesta ai latinisti che passassero di qua e fossero arrivati fino in fondo: a me pare che la chiosa finale della versione italiana del motu proprio, “nonostante tutto ciò che possa esservi in contrario”, sia l’esatto contrario dell’ablativo assoluto originale “contrariis quibuslibet rebus non obstantibus”. Però il mio latino è parecchio arrugginito. Qualcuno può confermare o smentire?

Ultimo aggiornamento: 2007-07-08 22:00

2 pensieri su “Summorum Pontificorum: analisi politica

  1. professore

    Credo che vada bene così. Altri documenti pontifici terminano in quel modo, ad esempio:
    http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/motu_proprio/documents/hf_jp-ii_motu-proprio_30061998_ad-tuendam-fidem_lt.html
    che ha la stessa traduzione in italiano:
    http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/motu_proprio/documents/hf_jp-ii_motu-proprio_30061998_ad-tuendam-fidem_it.html
    (potrebbero aver perseverato nell’errore, ma direi che significhi proprio “non ostante qualunque cosa contraria”).

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