Ricordate il video del disabile picchiato? E ricordate magari che un simpatico giudice italiano aveva citato a giudzio Google? Bene. Giovedì scorso Repubblica (cartacea) ha pubblicato un articolo, che il buon Mantellini ha ricopiato per i posteri. Finalmente si sa qual è stata la ragione per il “sequestro dei server” (operazione piuttosto inutile, si sa, ma la Legge è la Legge). Non ci crederete, ma è la legge sulla privacy, che “impone di informare sul trattamento dei dati che riguardano le persone”. Ora, non so come ma ho il sospetto che nel video non fossero indicati chi erano i protagonisti, il che significa che sarebbe stato piuttosto difficile informarli; però a quanto pare la cosa non ha toccato i magistrati. A questo punto avviso tutti coloro che postano foto: eliminatele subito, perché non si sa mai di chi stiate violando la privacy!
Ultimo aggiornamento: 2007-01-21 19:55
io sapevo che se pubblichi una foto ma la ricopri di colore viola, è un buon metodo per violare la privacy senza violarla!
Non sono espertissimo di legge sulla privacy, ma mi pare che uno dei temi più trattati dal garante sia la c.d. videosorveglianza, attuando la quale è possibile violare la privacy delle persone anche senza conoscerne il nome.
In tali casi, ad esempio, è necessario seguire determinate direttive ed esporre chiaramente un cartello indicante l’attività svolta e le finalità della stessa.
Nel caso in esame potrebbe sussistere profili simili (non identici perchè non si tratta di videosorveglianza).
Altra cosa è (mi verrebbe da dire ovviamente) quello che c’è scritto nell’articolo che quoti, che mi pare faccia confusione più che chiarezza e in realtà spiega poco.
qualuno alzi la mano se si è sentito difeso, almeno una volta, dalla legge sulla privacy.
Questa sembra piu che altro concepita per legalizzare l’uso dei dati sensibili da chi già li usava già per gli scopi più disparati.
L’ineffabile garante dell’epoca, Rodotà, mise addirittura una graziosa esenzione tagliata su misura per i monopolisti Telecom-Seat Pagine Gialle dal richiedere il consenso al trattamento agli utenti ante ’96 (i famosi elenchi “conoscibili da chiunque).
Passiamo le giornate a firmare liberatorie senza avere la piu pallida idea di che fine fanno i nostri dati e in quali mani finiscono. Poi telefoniamo in ospedale per parlare con la zia che ah avuto un incidente ma ci negano l’informazione del reparto in cui è ricoverata.
la sentenza contro Google
potrebbe essere molto più logica di quanto uno pensi.