fenomenologia dell'outlet

Oggi siamo stati a un battesimo a Torino, e tornando Anna mi ha detto “andiamo a vedere com’è questo Vicolungo Outlet, che è persino indicato nelle destinazioni dello svincolo autostradale…” Ho detto di sì – sono in forte debito, mettiamola così – e siamo così usciti, trovandoci una bella coda all’unico casello aperto per contanti. Fin qua nessun problema: ho tirato fuori il bancomat e sono passato dall’uscita ViaCard come sempre vuota. Il secondo problema, quello di trovare parcheggio, è stato risolto esattamente allo stesso modo: tutti cercavano di parcheggiare subito, anche fuori dalle strisce, e noi ce ne siamo andati dall’altro lato che era praticamente vuoto.
Il logo del posto è una specie di boomerang, o se prefererite di V molto larga: anche la planimetria ha esattamente la stessa forma, e credo non sia un caso, pur sapendo perfettamente che non se ne sarà accorto nessuno. Ma si sa, queste cose subliminali… Ma quello che mi ha stupito di più è la quantità di gente e soprattutto il fatto che fossero di tutte le età: non solo ventenni che non hanno probabilmente nulla di meglio da fare, ma anche coppie quarantenni e financo sessantenni. La fruizione è sempre di gruppo, non mi pare di avere visto nessuna persona da sola; la parte familiare è acuita dal numero di cani al guinzaglio, che sicuramente non devono comprare nulla.
Il luogo, anche se il depliant promette che “l’architettura degli outlet crea l’atmosfera giusta per una giornata di shopping ma anche di incontro, divertimento e cultura” prevede al massimo il primo punto. Non esiste una libreria (di remainder, chiaro…) o un negozio di dischi (nice price?), ma non c’è nemmeno un’edicola, e i bar sono indubbiamente sottodimensionati e soprattutto con pochi posti a sedere. Sì, perché l’outlet è un posto da visitare rigorosamente in piedi: non esistono panchine e addirittura i muretti delle aiuole sono stati rigorosamente costruiti in pendenza, per impedire che le stanche membra del compratore vi si posino.
Ma a parte tutto, qual è la logica di mettere tutti questi negozi di outlet insieme? Una volta esisteva lo spaccio, che stava attaccato alla fabbrica e serviva per fare fuori i vestiti di seconda scelta. Ora probabilmente non si fabbrica più nulla in Italia, e quindi hanno deciso che si può fare il negozio apposta, per la gioia dei negozianti che dovrebbero vendere gli stessi pezzi a costo più alto. Sì, gli stessi pezzi: la commessa del negozio di scarpe dove Anna ha ceduto alla logica consumistica, alla sua domanda “ma non c’è nulla della scorsa stagione autunno-inverno?” ha risposto “no, perché la gente arriva qua e vuole trovare le cose uscite adesso”. Altro che outlet: è tutta una finta.

Ultimo aggiornamento: 2005-09-25 21:34

Un pensiero su “fenomenologia dell'outlet

  1. Storiedime

    Sarà una finta, ma è conveniente. Sono stata a Serravalle (ENORME) in periodo di saldi e mi sono comprata cose che normalmente non mi sarei MAI potuta permettere. Che sia moda, che sia quel che sia, ma finché fa tornare i prezzi ad essere ragionevoli, ben venga !

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