Stanislaw Lem è uno dei pochi autori di fantascienza noto anche al di fuori degli appassionati del genere, e probabilmente l’unico non americano: presumibilmente il film tratto da questo libro (Stanislaw Lem, Solaris, Mondadori Oscar Narrativa 2004, p. 245, € 8.40, ISBN 88-04-51047-1, traduzione Eva Bolzoni) ha contribuito parecchio a tale notorietà. Io come al mio solito il film non l’ho visto, e stranamente avevo letto molte opere di Lem ma non questo libro. Che dire? È piuttosto diverso dalle sue altre opere, e definirlo “fantascienza” mi pare riduttivo, anche senza arrivare alle ineffabili vette della postfazione a cura di Gianfranco de Turris.
Indubbiamente l’ambientazione è SF: siamo su un pianeta sconosciuto e peculiare. Ma il tema principale sembra essere l’inconoscibilità aliena e l’impossibilità di capire anche solo chi ci è vicino. Le lunghe descrizioni scientifiche, esplicitamente asettiche, sono un po’ pallose, lo ammetto: ma credo che siano necessarie per accentuare ancora di più la differenza tra le nostre concezioni mentale e la realtà che è affermata essere inconoscibile. Il guaio è che Lem si è trovato a un certo punto su un binario morto: il finale dà tanto l’idea di essere raffazzonato, o meglio di essere stato appiccicato lì perché il libro doveva essere terminato in un qualche modo, ma fa lo stesso effetto di un parrucchino malmesso…
Ultimo aggiornamento: 2004-12-17 12:21
situazione speculare: io ho visto il film di tarkovski e non ho letto il libro di lem. come finisce il libro?
hai presente quando tu ti allontani leggermente dall’asse che collega due specchi uno di fronte all’altro, e di colpo ti si parano davanti migliaia di specchi disassati e sempre piu´ piccoli. ecco, direi che il finale del film e` una cosa cosi`.
guarda il film (quello di tarkovskij, non il rifacimento con clooney che pure non è brutto; ma l’originale è un capolavoro).
io – complice il fatto di averlo visto un capodanno verso le tre di mattina, in montagna, con la neve fuori – dopo averlo visto non ho dormito per un bel po’.