Una decina di giorni fa Anna mi fa “guarda, c’è questa famosissima violinista che suona al conservatorio! Andiamo?” Non che io l’abbia mai sentita nominare, ma come dirle di no? Così mercoledì sera eravamo in coda (corta) alla biglietteria per prenderci i nostri due biglietti. Anna era stata molto attenta a non dirmi che il mercoledi precente ci sarebbe stato un altro concerto della Mullova, incentrato però su Bach. A lei il Giovanni Seb. non piace.
I biglietti non sono esattamente economici: venticinque euro. E anche gli eventuali ridotti sono a 20 euro. Nulla da stupirsi pertanto che nella sala un dieci per cento buono dei milleseicento posti fosse vuoto, e soprattutto che l’età tipica dei melomani andasse dai sessanta in su, salvo qualche ragazzotto probabilmente studente al conservatorio stesso. Il programma vedeva la Mullova suonare con Il Giardino Armonico, nome che a differenza di quello della solista mi diceva qualcosa: il repertorio era sempre barocco, con un concerto grosso di Händel, un concerto di Sammartini e ben quattro di Vivaldi. La mancanza di un programma di sala e la mia memoria non più ferrea come un tempo ci ha fato prendere una bella tampa, quando ci chiedevamo chi fosse la Mullova. È vero che eravamo apollaiati in cima e si vedeva tutto piccolo, ma ci siamo rimasti male quando abbiamo scoperto che all’inizio semplicemente non c’era. Dire che ce lo potevamo aspettare, visto il solito balletto “gruppo entra, applauso; maestro entra, applauso; pezzo suonato, applauso; mestro esce, applauso; maestro rientra, applauso; solista entra, applauso“.
La descrizione della Viktoria: braccia rubate alla palestra, come faceva notare Anna. Muscoli ben scolpiti, che non tolgono nulla alla sua abilità virtuosistica, ma non sono neppure un sottoprodotto delle ore di studio. Il direttore d’orchestra Giovanni Antonini è invece uno di quelli che ama apparire sempre: per il concerto di Sammartini ha tirato fuori un flauto – a me sembrava un piccolo: indubbiamente era diritto e non traverso – e si è messo a dirigere mentre suonava. Non che quelli del Giardino Armonico avessero bisogno di un direttore d’orchestra: uno dei concerti di Vivaldi, quello col liuto solista (menzione particolare a questo concerto RV.93 in re maggiore, davvero bello!), se lo sono gestiti autonomamente e senza alcuna sbavatura.
Vengo alle note di colore, che tanto sono le uniche che vi interessano. Tra i vari movimenti c’era sempre una serie di scatarrate che nemmeno in pieno inverno, si vede che non ci sono più le stagioni di una volta. L’unico momento in cui hanno applaudito fuori tempo è stato dopo il primo movimento del Grosso Mogul, il concerto in re maggiore RV.208 di Vivaldi; la prontezza degli zittii è confrontabile con quella delle strombazzate di clacson quando il semaforo scatta al verde. Invece Anna è rimasta esterrefatta di vedere parecchia gente alzarsi alla fine dello spettacolo, per non dire di quelli che si sono fiondati giù dopo il primo bis e si sono poi visti prendere qualche posto a caso per il secondo. A suo parere, non è corretto – ha usato termini più pesanti, a dire il vero – nei confronti di chi ha suonato ed è ancora lì sul palco andarsene via in quel modo, sembra che il concerto abbia fatto loro schifo. A me sa tanto che il pensiero di questi sia “abbiamo pagato, quindi facciamo quello che ci pare”.
Ultimo aggiornamento: 2004-05-28 10:38