equazione
Le equazioni, nell'uso corrente, indicano qualche cosa di astruso, il simbolo stesso dell'incomprensibilità. Se uno “parla per equazioni”, significa infatti che sta cercando di fare in modo che a nessuno sia concesso di comprendere gli alti concetti che sta esprimendo… Forse, ma proprio forse, qualche iniziato potrà avere una pallida idea, ma senza esagerare. Secondo me tutto questo è nato perché la q e la z, due lettere dal suono duro e piuttosto rare in italiano come ben sa chi gioca a Scarabeo™, si coalizzano per far sì che esca fuori questo significato; senza contare naturalmente la paura che la matematica incute sempre al 97% della popolazione.
Eppure la radice latina della parola “equazione” è la stessa di “equo”, non naturalmente nel senso di cavallo (equus) ma di “giusto” (aequus) . E in effetti le prime occorrenze in italiano di “equazione”, che risalgono addirittura al XIV secolo, hanno proprio il significato di “uguaglianza, pareggiamento”. Bisogna aspettare il 1712 perché Guido Grandi si prenda la parola e la porti nel mondo della matematica, con il significato appunto di uguaglianza. In effetti, se ci pensate bene, in un'equazione c'è un segno di uguale. Ancora nel diciannovesimo secolo, quando il termine entra anche nell'ambito della chimica, rimane in quel significato; è solo col passare degli anni che l'enfasi si sposta alla risoluzione, e quindi al trovare il valore dell'incognita o delle incognite ivi presenti… fino appunto ad arrivare all'incomprensibilità di cui scrivevo all'inizio!
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