domenica 29 agosto 2004

Il letto sarà stato scomodo, ma dal mio punto di vista era comunque un gran vantaggio rispetto allo spazio striminzito della cuccetta in nave, e in effetti ho dormito piuttosto bene. Il nostro programma per la giornata prevedeva di andare a vedere Trogir e stare ancora un po' in spiaggia, nell'ordine: così di buon'ora ci siamo alzati per incamminarci verso il centro. Prima però di partire, ho preso il mio bel manualetto di conversazione "io parlo croato" e ho cercato le due frasi per dire alla nostra affittacamere "per favore, ha della carta igienica?" e "domani partiamo molto presto, alle 6.30". Mi sono appuntato coscienziosamente le frasi con relativi accenti, sono sceso, le ho lette, ho avuto il mio rotolo e un "nema problema", e mi sono accorto che non sapevo come dire "lasciamo le chiavi nella camera". Peggio: in Basic Croatian avevo trovato kljes per chiave, soba per stanza e u per il locativo, ma mi è uscito fuori un "u soba" che mi è subito stato corretto in "u sobi". Ah, le lingue!

L'idea di fare colazione al Royal è stata subito cancellata dal non vedere i tavolini nello spiazzo: evidentemente la domenica è il loro giorno di riposo, né posso dare loro torto. Ci siamo presi così qualche brioche in panetteria e ci siamo fermati a un bar per le bevande. Attenzione: "Nescafè" da queste parti implica anche il latte, come una specie di cappuccino insomma.

Una volta stabilito che non si possono comprare nemmeno all'edicola i biglietti per più di due zone, e non sapendo la frequenza festiva del 37 - abbiamo poi scoperto che è di una corsa ogni mezz'ora, come anche il sabato - ho convinto Anna ad arrivare a piedi al capolinea, scegliendo qualche stradina interna. Ci siamo riusciti senza nemmeno troppo diversioni, ma eravamo in ritardo e siamo arrivati cinque minuti dopo le 10, rimanendo così quasi trenta minuti come degli allocchi. Finalmente siamo partiti, abbiamo fatto il biglietto sul bus, e dopo tre quarti d'ora siamo arrivati a destinazione. Il percorso almeno per la prima parte si snoda in una zona industriale con metà della vecchie fabbriche socialiste in disuso, anche se gli è stato costruito un enorme centro commerciale "emmezeta - ipercoop" (sì, proprio i nostri compagni locali) che non aveva nulla da invidiare ai nostri. No, un momento: cosa ci può essere da invidiare a un centro commerciale? Più simpatica la zona successiva di Kastel, che aveva un'aria più da tranquilli paesetti. Il bus passa anche dall'aeroporto di Spalato, appunto presso Trogir: devo confessare che mi ricorda parecchio Cuneo Levaldigi, chi è stato da quelle parti mi può capire.

Trogir, per gli amanti delle denominazioni italiane Traù, è stata recentemente definita patrimonio dell'umanità dall'Unesco. La prima impressione che mi ha dato, come si può purtroppo immaginare, è stata quella di patrimonio del turista. Appena oltrepassato il ponte che porta all'isoletta, siamo finiti in mezzo a una teoria infinita di negozietti di souvenir, bar, e tutti quei posti che sembrano dirti "vogliamo i tuoi soldi, che tanto non ti servono". Ci siamo fatti strada in mezzo agli stretti vicoli per raggiungere la cattedrale di san Lorenzo proprio mentre finiva la messa.

Bisogna riconoscere che il rapporto del croato con la religione cattolica è ben diverso che da noi. Anna era convinta della scristianizzazione spinta vedendo che nelle messe feriali c'era giusto qualche vecchietta che già che c'era iniziava col rosario - ah, "Ave Maria" diventa più amichevolmente "Zdravo Marija" con un ciao, ma è anche vero che croati e sloveni avevano fin dal decimo secolo il privilegio della messa nella loro lingua. Ma altra è la realtà. Che chiese e conventi ad esempio a Spalato siano tutte belle e rimesse in sesto può essere ancora spiegato con i soldi vaticani. Ma anche nei paesini si vedono chiesette vecchie e modernissime, tutte ben curate, quando possibile con un praticello all'inglese davanti. I fedeli che partecipano alla messa festiva sono di tutte le età, e non mi è parso di vedere loro in viso quell'espressione che si trova da noi nei paesi, un "siamo qui perché altrimenti tutti poi sparlerebbero di noi". Credo che la fede cattolica dei croati sia stata e ancora sia una forza di unità da un lato, ma anche la ragione principale di odio con i serbi.

La cattedrale è in stile romanico-gotico, con un interno molto severo con l'arco delle crociere che è appena accennato come acuto, e non svetta certamente. Purtroppo la facciata era coperta per restauri, e non abbiamo avuto la possibilità di vedere il famoso portale con le statue di Adamo ed Eva, né il frontale. Siamo anche passati a vedere il tesoro (5 kune), ma posso garantire che non c'è niente di trascendentale. Usciti dala schiesa, abbiamo dato un'occhiata al palazzo del comune che sta dall'altra parte della piazza, anch'esso con una stanzetta dove ci sono le foto dei caduti nella grande guerra fratricida 1991-95, e un paio di lapidi in croato che se non ho capito male ce l'avevano con noi italiani fascisti e occupatori. D'altra parte un vecchietto seduto al bar si è messo ad attaccar bottone sentendoci parlare italiano, e ha accennato che anche noi abbiamo "il nuovo presidente". Non ho osato portare avanti la discussione.

L'altra metà dell'isoletta dove sorge Trogir è a mio parere molto migliore di quella più per così dire monumentale. È un dedalo di viuzze e passaggi angusti, dove il sole non credo batta mai e le case sono ciascuna nel suo stile ma con un'unità globale che si intravede benissimo. Però la visita si fa chiaramente in un amen: in tre quarti d'ora avevamo visto tutto tranne il campo da calcio che le cartoline mostrano su un lato dell'isola, l'equivalente in sedicesimo di Central Park. A questo punto, visto che di spiagge lì non se ne parla proprio, abbiamo pensato sarebbe stato meglio tornarcene alla base, non senza una rapida sosta al mercatino per prenderci un po' di frutta e una al supermercato di là dal ponte per pane e companatico. Avere una catena di supermercati che si chiama Konzum è leggermente inquietante, vero?

Il ritorno è stato più semplice dell'andata: la biglietteria era aperta, sapevamo l'orario di partenza del 37, e soprattutto al capolinea ho avuto l'idea meravigliosa di chiedere a un conducente se c'era un bus verso la nostra destinazione. Stavolta niente vocabolarietto: presa la cartina Lonely Planet di Spalato, mostrata la zona col dito, e pronunciato "Firule". Secondo me il 60 al cui conducente ho chiesto lumi sarebbe andato bene, ma lui ha deto di andare a prendere il 3 e noi abbiamo religiosamente obbedito. Siamo stati premiati da un bus nuovo di zecca che è arrivato dopo qualche minuto, e ci ha scodellati alla meta in un amen.

Nel viaggio di ritorno abbiamo anche visto salire moltissimi di quelli che abbiamo battezzato "ausiliari del traffico". Ragazzi e soprattutto ragazze giovanissime, con camicia bianca e bermuda o gonnellino sempre bianco, che abbiamo visto spesso vicino al porto qui a Spalato a dare indicazioni. Potrebbero essere un modo scelto dalla città per far guadagnare loro qualche kuna durante la stagione estiva, oppure semplicemente una mania di divise bianche: ho notato che anche le cameriere sembrano avere tutte delle scarpine bianche a tacco largo - e questo mi pare chiaro - con un taglio dietro all'altezza del tallone.

Il pomeriggio l'abbiamo così passato sulla spiaggia dopo Firule. Questa è chiaramente la meta degli spalatini che non hanno la possibilità di andare nelle rinomate località di villeggiatura tipo Makarska; in effetti era piena di gente di tutte le età che si prendevano il loro bel sole, dai bambini agli anziani. Rispetto a quello che potremmo vedere a Riccione naturalmente la parola "pieno" assume un significato un po' diverso. Innanzitutto niente file di ombrelloni, al massimo qualcuno che affitta le sdraio. Ma soprattutto non c'è proprio il concetto di stabilimento balneare. La spiaggia è libera, dall'altro lato della strada ogni tanto c'è un baretto che tra l'altro è meno rumoroso degli omologhi italiani, il che ha dell'incredibile vista la propensione al casino del croato medio, e soprattutto si vedono scivoli per l'accesso agli handicappati e docce con rubinetto per l'acqua potabile. L'unico problema si ha quando i locali non parcheggiano sulla strada, ma tendono a portarsi più vicino a riva possibile. Si sa, l'auto è uno status symbol per tutti! Noticina: qui stanno cercando di portarsi avanti col lavoro, e si vedono parecchie targhe cui è stato applicato l'adesivino bianco su sfondo azzurro, in basso la sigla HR, in alto le dodici stelle simbolo dell'Unione Europea. Scometto che da un lato sono invidiosi degli sloveni che ce l'hanno già fatta, e dall'altro vogliono differenziarsi ancor più dai cugini serbi.

Per cena, una volta notato che il ristorante che ieri aveva il matrimonio era chiuso e stante la mia stanchezza, siamo ritornati al Royal per provare qualche altro piatto. Consigliamo il risotto ai frutti di mare: anche il carpaccio di pesce non era male pur se un po' freddo, mentre a mio personale giudizio le tagliatelle al salmone e gamberetti avevano un po' troppa panna. Se poi volete provare qualcosa di speciale, la palačinka ai mirtilli e salsa di noci merita davvero.


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