In croato, "lunedì" è l'equivalente di "posdomenica". Non so bene quale sia il significato recondito di ciò. Però la sveglia alle 6, a parte un mal di pancia a me, ci ha regalato una bellissima visione della città silenziosa dopo il chiasso della domenica, oltre che del mare e di Brač in fondo. Bisogna infatti dare atto che la nostra camera gode di una vista sul mare, perlomeno per chi ha un'altezza sufficiente per vedere oltre le altre case. L'altro grande vantaggio dell'ora mattutina è che non faceva affatto caldo; vantaggio che si apprezza tanto più quando si deve arrancare su e giù per le collinette con zaini e trolley al seguito. Anche con una rapida sosta per prenderci due bomboloni in panetteria, siamo arrivati al porto in leggero anticipo: mentre ci dirigevamo verso il checkin abbiamo ritrovato i due italiani di sabato, che stavano anch'essi rientrando in patria.
Avevamo ancora tempo per prenderci un caffè al bar del porto e per fare spendere ad Anna le ultime kune nel supermercatino locale: doppio ingresso a dire il vero, perché quando le ho fatto notare che ci erano rimaste ancora cento kune lei ha subito ribattuto "allora posso ancora comprare un'altra bottiglia di maraschino!" Non che fosse estremamente sveglia, stamattina, come si è poi visto al controllo doganale e a quello successivo della carta d'imbarco. Fortunatamente i passeggeri saliti a Spalato erano davvero pochi, e in effetti il traghetto è partito con puntualità svizzera alle 8 in punto. Ma la mia speranza che andasse tutto bene si è infranta un'ora dopo, quando siamo attraccati a Stari Grad e abbiamo visto la quantità di persone che era in attesa. Le operazioni di carico ci hanno preso tre quarti d'ora, il che mi fa domandare come sia possibile per gli ineffabili armatori affermare che alle 13 si possa arrivare a Pescara: forse hanno fatto la prova caricando una persona a Hvar, giusto per dire che hanno fatto la sosta. Meglio lasciar perdere, ed evitare anche di pensare al concetto di una barca italiana costruita da una società della Tasmania, battente bandiera panamense, con le indicazioni di emergenza in svedese e certificata da una società norvegese. Se qualcosa va male, è un bello scaricabarile!
Man mano che il tempo passava, ho iniziato a preoccuparmi davvero. Non ha certo migliorato il mio umore il dovere aspettare trenta minuti per una fetta di pizza. Il peggio è stato all'arrivo. Questi cioccolatai che non sanno calcolare i tempi non solo sono arrivati con un'ora di ritardo che secondo me è istituzionale, ma hanno anche fatto uscire prima tutte le auto "perché il garage è pieno" - tra l'altro a quello che ha imbarcato un motoscafo dovranno essere fischiate abbastanza le orecchie - e solo per questa operazione ci sono voluti quaranta minuti mentre io bollivo sempre più.
Avevo pensato di tenermi largo prenotando il treno delle 15.06 e non quello delle 14.45 anche quando l'arrivo teorico in porto sarebbe stato per le 13, ma non è stato proprio così. Per fortuna il controllo dei documenti è stato puramente formale, e c'era un tassista che ci avrà anche rapinato con una corsa senza tassametro ma si è lanciato per le vie della città a una velocità paurosa e ci ha lasciati in stazione persino con qualche minuto di anticipo. Non per altro, ma se avessimo perso questo treno, oltre a dovere aspettare due ore per l'Eurostar successivo, non so nemmeno se avremmo trovato posto: il nostro treno era infatti tutto prenotato, il che significa che la coda del weekend del rientro è piuttosto lunga. Giusto per completare la ciliegina sulla torta, tra Bologna e Modena il treno ha pensato bene di accumulare una trentina di minuti di ritardo, che si sono poi per fortuna ridotti a dieci all'arrivo. Degno rientro, no?