venerdì 27 agosto 2004

Makarska è sulla costa, e non è riparata dal vento. Che succede quando, come stanotte, c'è bora? Avete indovinato. Passi il movimento della barca, che non è nulla di grave quando si sta fermi, ma ci siamo anche trovati col vento che continuava a tirare la tenda, le vele della nave attraccata dall'altro lato che sbattevano, e le luci varie del porto. Io ho dormito abbastanza bene o perlomeno mi riaddormentavo subito, Anna molto meno. A colazione, la lavagnetta con gli orari indicava "9.30?", mentre le raffiche di vento crescevano. Dopo avere mangiato, mentre chiaccheravamo davanti alla cabina, il comandante passa e ci dice che rimarremo a Makarska, il pranzo sarà alle 12.30 e poi si partirà per la volta di Spalato. Il tutto in tedesco, visto che lui ci si trova più a suo agio che con l'inglese e ormai sa che per me quella lingua può andare passabilmente bene.

La scelta è stata fatta perché la barca avrebbe comunque retto il mare, ma le persone no, o almeno questa è la versione ufficiale: le malelingue dei miei compagni dicono che non aveva voglia di consumare troppo carburante, e metterci poi chissà quanto tempo. Mistero. La fregatura a questo punto è che non si passa più da Brač: non che lo aspettassimo più di tanto, visto che sapevamo già che la prospettiva di passare la notte a Supetar come da nostro programma era una palla. L'unica consolazione è che tanto a Bol non ci saremmo passati comunque, visto che era dall'altra parte dell'isola. I croati ci hanno pensato un attimo su e deciso che a questo punto tanto valeva per loro tornarsene a Spalato per via terra: in quattro e quattr'otto hanno impacchettato tutto, chiamato un taxi e ci hanno salutato.

Visto che la metropoli non sembrava offrirci tutte quelle attrattive, io e Anna abbiamo pensato che l'idea migliore sarebbe stata tornare sulla spiaggetta di ieri. Per la precisione abbiamo anche provato a proseguire un po' per la stradina che ormai diventava un sentiero attraverso la pineta, ma non abbiamo trovato punti con abbastanza sole e quindi siamo ritornati al punto di ieri, a guardare l'acqua davvero gelata e le nuvole che continuavano a cambiare di forma "in 3D". A un certo punto il vento è cambiato improvvisamente: all'inizio infatti arrivava da terra, tanto che lo si vedeva sollevare l'acqua - ma non fare grandi onde - mentre adesso arrivava dal mare, e le onde si vedevano eccome. Ma era ora di rientrare per pranzo, così ci siamo incamminati. L'ultimo pranzo sulla nave è andato avanti con offerte varie di vino frutta e dolcetti, con un'atmosfera sicuramente rilassata: abbiamo poi approfittato dell'attracco in prima fila per prenderci un espresso al baretto sul lungomare.

Sempre secondo le malelingue, stavamo arrivando troppo velocemente a Spalato, così a un certo punto il capitano si è fermato vicino alla costa, ha gettato l'ancora, ha laconicamente comunicato "one hour", e chi ha voluto ha potuto fare l'ultimo bagno. Ho anche avuto una smentita a quanto mi avevano detto: la neozelandese sa nuotare, penso più o meno bene come me ma sempre meglio di nulla. Dopo questa sosta che ha consentito a Mimmo il suo bagno quotidiano, anche se si è lamentato del fondale che era piuttosto sporco, siamo ripartiti e arrivati in porto a Spalato intorno alle 18.30, pronti per fare due passi prima di cena. Non che il palazzo di Diocleziano e la città vecchia oramai avessero segreti per noi: ci siamo così spostati verso ovest, in quello che abbiamo poi scoperto a posteriori essere il quartiere dei pescatori come indicato dalla Clup. Avevamo comunque già deciso di cenare al Noštromo - a parte il segnetto sulla esse, proprio come il nostro tonno, con tanto di logo del marinaio al timone. Il ristorante si trova a fianco del mercato del pesce, e devo dire che è piuttosto disorganizzato. Dopo che avevamo chiesto un tavolo per le 20.30, ci troviamo uno che vuole convincerci a mangiare da lui, e abbiamo scoperto solo alla fine della cena che era anche lui del Noštromo; quando siamo arrivati, ci è sembrato che il capocameriere non ci avesse per nulla riconosciuto, e men che meno ci avesse tenuto un tavolo che però fortunatamente era disponibile; metà dei piatti che volevamo non erano disponibili. Occorre però dire che quello che ci hanno portato era favoloso, con punte di eccellenza per il carpaccio di pesce e il pesce alla griglia. Certo che, come sono sicuro direbbe l'ineffabile Raspelli, devono stare più attenti a molte cose: il vino sfuso era a temperatura ambiente, e non si capisce bene perché c'erano una televisione e una radio accese, che rovinavano la tranquillità. Ah, la gente lì era tutta croata, e Nicola ha adocchiato su un tavolo vicino dei datteri di mare che non solo non erano indicati nel menu ma di cui ci dovrebbe essere il divieto di pesca. Magari è un po' come con la fiorentina in Italia: se conoscevi il padrone te la potevi far portare. Già che ci siamo: la guida indicava che il gestore del Noštromo era appassionato d'arte, e aveva riempito le pareti del locale con vari dipinti. Sulla seconda parte dell'affermazione, nulla da dire; per quanto riguarda la prima, diciamo che la passione non era esattamente corrisposta?

Rientrati in barca era l'ora degli addii: Mimmo ha recuperato la bottiglia di liquore presa a Korčula, e ci siamo avviati verso il ponte inferiore, dove gli australiani stavano chiaccherando con il capitano e il cuoco. Clima di grandi saluti finali, con Mimmo che chiede all'australiano quanti anni ha - 79, per la cronaca, con quattro pronipoti - il tutto seguito da album di fotografie di figli nipoti e pronipoti della coppia. Per i curiosi, lui si chiama Petar, ed è emigrato a Perth dalla Croazia quando aveva sedici anni. La discussione è andata avanti animatamente, aiutata anche dal Cointreau che Petar si era fatto portare dalla figlia Susan, fino a che si è arenata su una serie di questioni bibliche, nelle quali l'accento australiano del nostro si era ispessito al punto tale che facevo fatica a comprenderlo. No, malelingue: non avevo bevuto liquori se non mezzo sorso di quello di Mimmo quasi un'ora prima.


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