giovedì 26 agosto 2004

La partenza per Makarska era stabilita per le 7 del mattino. In effetti, puntuale come un orologio svizzero, stamattina ho sentito nel dormiveglia i motori accendersi e la nave partire, salvo poi fermarsi dopo qualche minuto. Mimmo, che essendo il piu mattiniero riesce sempre a scambiare qualche parola col capitano, ci dice che ci siamo spostati all'imbarco della città vecchia dove attraccano i traghetti, che il capitano era andato a comprare non si sa cosa, e che la partenza vera e propria sarebbe stata alle 9. La notizia ci ha fatto rivoluzionare i nostri piani: siamo subito scesi per fare una colazione fuori dalla nave, e passare da Cukarini che avrebbe aperto alle 8.30. Ma le novità non sono terminate lì: sfruttando appunto il fatto che il nostro approdo non può venire usato per lunghe soste, abbiamo ottenuto per la prima volta un "posto da abbonato" in prima fila!

Occorreva festeggiare, e ci siamo subito incamminati per la città, che ormai conoscevamo come le nostre tasche... si fa per dire, visto che abbiamo fatto il giro della penisoletta nella direzione opposta a quella che ci avrebbe subito portato al negozio. Ma non è che avessimo poi tutta quella fretta, tanto che si siamo anche fermati a prendere cappuccino e caffè a un bar che i più mattinieri Nicola e Michela ci avevano segnalato. Anzi, prima ancora abbiamo comprato un po' di frutta al mercatino. Come in tutti i mercati, i banchi ortofrutticoli erano tutti pienamente in funzione. A differenza dei mercati soliti, però, erano disposti in una circonferenza: quindi uno che entrava si vedeva circondato da un gruppetto di ambulanti che cercava di convincerti che la loro frutta era migliore di quella degli altri, e ce la voleva fare assaggiare per dimostrare la loro tesi. Fin qua nulla di male, ma quando ti dirigevi - a caso, ovvio: tanto la frutta era tutta importata da Italia e Austria... - a un banchetto ti sentivi una serie di sguardi che ti trapassava la nuca. Inutile poi aggiungere che i prezzi erano praticamente il doppio di quelli di Spalato.

Dopo gli acquisti, siamo finalmente passati al bar, dove mi sono preso un ottimo cornetto: Anna ha preferito aspettare i dolcini e Mimmo che era con noi si è preso uno strudel. C'è però stato un problema col tè che ho ordinato: infatti mi è arrivata una bevanda rossa stile carcadé o rosa canina e io ho sbottato "ma questo non è tè!", beccandomi l'irosa risposta della cameriera "certo che è tè, sta nelle bustine assieme al tè. Se vuoi il "tè indiano", devi chiederlo esplicitamente. Devo aggiungere che nella colazione in nave a volte c'era tè, e io me lo bevevo con gusto, e altre volte carcadé, e io non lo toccavo nemmeno. Stamattina era stata una giornata carcadé: sì, perché l'idea di far colazione in paese non mi aveva impedito di prendere qualcosa in barca, compreso l'uovo sodo mentre attendevo che Anna finisse di vestirsi. Occorre aggiungere che però la cameriera mi ha poi portato del vero tè. In generale, però, sembra che ai negozianti manchi tutta quella paciosità che invece i ristoratori si trovano quando devono portarti i piatti: anche la signora di Cukarini l'ho vista scocciata quando Anna ha mostrato la sua tipica indecisione nell decidere quanti dolcetti prendere!

Sbrigate queste incombenze siamo ripartiti, lasciando tra l'altro a Korčula le amiche del capitano. Perdiamo una fonte di gossip, peccato. Verso mezzogiorno la sosta per la nuotatina è stata sulla costa nordorientale di Hvar. L'acqua era però gelida: nemmeno Anna ha osato fare il bagno, come avrei potuto farlo allora io?. Riavviatici verso Makarska, siamo di nuovo riusciti ad essere i primi all'ormeggio, una gioia da non credere. Sbarcati, abbiamo dovuto prendere una decisione su cosa fare: visto che era presto per la cena ma probabilmente tardi per un altro bagno, abbiamo pensato di prendere la passeggiata verso nord e vedere com'era la costa.

Superata la cittadina che non diceva affatto un granché, oltre ad essere naturalmente piena di turisti - pochi italiani, la maggior parte sembravano essere croati oppure tedeschi figli di croati - e di chioschetti vari, la situazione migliora parecchio. C'è una lunga spiaggia generalmente ciottolosa con una pineta che arriva quasi al mare e che fortunatamente è stata lasciata abbastanza intatta. Hanno anche pensato ai bagnanti, tanto che ci sono qua e là una serie di docce per togliersi l'acqua di dosso, cosa che non c'era mai capitato di notare. Dopo circa tre chilometri, ci siamo fermati in un punto dove una linguetta di terra creava un paio di insenature, tagliando in parte il mare che era effettivamente piuttosto mosso. La tranquillità del posto si può immaginare pensando che mentre tornavamo abbiamo visto sul parco di un albergo nel lungomare uno scoiattolo che se ne stava lì bello tranquillo, anzi si metteva persino in posa: pagato dalla locale azienda turistica?

La nostra cena è stata al Susvid, vicino alla chiesa di san Marco. In effetti, devo correggere quanto ho detto sopra: anche i camerieri possono essere piuttosto bruschi e sgarbati, sono semplicemente lenti a servire. Anna si è trovata in un peraltro buon piatto di formaggio e verdure grigliati una quantità impressionante d'aglio, che fortunatamente mancava nel mio fegato sempre alla griglia. Le verdure fresche erano però ottime. Ci siamo poi fatti una passeggiata, continuando a verificare che il paese non ha grandi attrattive architettoniche e soprattutto che i croato-tedeschi è meglio perderli che trovarli, come spesso capita con i figli di immigrati.


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