mercoledì 25 agosto 2004

La partenza di stamattina è avvenuta regolarmente come sempre alle 8, con un tempo però bruttino, tanto che abbiamo anche avuto qualche goccia di pioggia durante il percorso. Fortunatamente il mare era relativamente calmo, quindi il mio stomaco non si è lamentato più di tanto. Ci sono poi state due novità: la bandiera che sventola a prua è stata cambiata, e adesso è bella nuova e non più strappata come prima, e abbiamo due nuove partecipanti, che evidentemente sono salite ieri sera a Dubrovnik. All'inizio ne abbiamo visto una sola, ed era la signara che abbiamo incontrato ieri sera alla porta della città vecchia in compagnia del capitano, tanto che scherzando abbiamo immaginato che dopo essersi portato la moglie, adesso toccava all'amante. La teoria si è pero sgonfiata miserevolmente all'arrivo della seconda signora.

Dopo un percorso in cui a un certo punto mi stavo ricredendo sulla calma relativa del mare, siamo alla fine arrivati un una baia molto chiusa, e con l'acqua trasparente: il che non aiutava molto, mi ha detto chi è andato a nuotare, visto che sul fondo si vedevano sacchetti di plastica e financo un pneumatico da autocarro che sono stati probabilmente portati qua dalle correnti, per rimanere più o meno in eterno. La seconda fregatura era il cielo coperto, che non ha certo contribuito a farmi venir voglia di riprovare l'esperienza di un bagno. Ci siamo poi rimessi in moto, e il mare sembrava davvero mosso, anche se fortunatamente non sono stato male per questa volta...

Siamo arrivati a Korčula (Curzola per gli italiofoni) un po' dopo le 17, attraccando nel porto turistico e battendo ogni record di affastellamento: questa volta eravamo in ottava fila! La fila di navi occupava mezza baia, ancora un po' e si sarebbe potuto fare un ponte di barche per arrivare dall'altra parte. La grossa fregatura della situazione è che non sempre è facilissimo passare da una nave all'altra: altezze diverse, e addirittura passaggi non aperti semplicemente perché non esistono, senza contare la necessità di dover girare mezza nave a prua oppure a poppa per andare dall'altra parte. Un po' una corsa a ostacoli, insomma. Ma non ci siamo fatti spaventare da nulla, e insieme a Mimmo e Katia siamo riusciti a guadagnare la riva e andare verso il centro dela cittadina, che tanto per cambiare si chiama Korčula come l'isola.

Occorre una premessa: qui sono convinti di avere dato i natali a Marco Polo. È abbastanza probabile che la provenienza del famoso viaggiatore fosse dalmata: in fin dei conti ciò non impedisce affatto di considerarlo "veneziano", visto che la cultura era comunque quella. Che il luogo natio della famiglia fosse questo, nonostante documenti di qualche decennio successivi alla morte di Marco mostrino l'esistenza di una famiglia "Depolo", non è così certo. Ma qui non si sono persi d'animo per simili sciocchezzuole, e si sono creati un'industria turistica su quello che più che un nome è divenuto un marchio. Hotel Marko Polo, konoba Marko Polo, agenzia viaggi Marko Polo, oltre naturalmente alla casa natia con torre annessa che è visitabile previo pagamento di un piccolo numero di kune... Scherzando avevo iniziato ad aggiungere che l'automobile preferita dai locali è la Volkswagen Polo, le caramelle le Polo, lo sport la pallanuoto (in inglese Waterpolo, il piatto tipico il "Polo alla venesiana" e il souvenir tipico la calamita, che di poli ne ha addirittura due!

La nostra prima tappa è stata il negozietto di dolci Cukarini, che non si pronuncia come la showgirl ma come gli zuccherini. Quando siamo arrivati erano le 18, il negozio aveva appena aperto dopo la pausa pomeridiana, e c'era una coda incredibile, al che ho detto "beh, tanto chiude alle 21, possiamo passarci più tardi". Errore. Quando poi siamo ritornati, c'era un bel cartello "no more cakes", e ci siamo dovuti accontentare di acquistare delle scorze di arancio e limone candite che erano sì una squisitezza, ma non i dolcini famosi, segnalati non solo dalla Lonely Planet ma più o meno ovunque. Il negozietto è un buco, ma ricoperto da articoli di giornali e riviste in svariate lingue che raccontano del posto e dei suoi dolci:il tutto con foto della signora che gestisce il posto, tipico esempio di robusta croata di mezza età.

Dopo questa triste scoperta, abbiamo girellato un po' per le strade, passando a vedere la cattedrale, che non poteva essere dedicata ad altri che a San Marco. L'interno è molto strano, perché la chiesa deve essere stata (ri)costruita intorno a un preesistente campanile romanico che mangia un pezzo di una delle navate laterali: in compenso a fianco ci hanno fatto una "giunta" che non ha un grosso senso ma forse puo essere utilizzata nelle grandi feste per fare stare un po' più di gente. L'architettura dell'interno è sufficientemente mista romanico-gotica, con l'aggiunta di un ciborio intorno all'altare che si direbbe rinascimentale: perlomeno le colonne danno quell'idea.

Siamo anche stati a vedere il museo delle icone, quello vero da non confondere con l'altro che si trova a s.Mihovila ed è immediatamente visibile dalla strada principale. Beh, "visibile", non esageriamo. Qui l'usanza locale sembra di fare passaggi dal piano superiore delle chiese alle case vicine: a s.Mihovila occorreva salire sopra il portale dove in genere sta l'organo per entrare al museo, mentre qui è l'opposto. Si accede al museo per una porta che sembra quella di una casa, attaccata alla quale c'era un cartello "aperto" e due post-it azzurri con gli arari di apertura; entrando è suonata una campanella stile negozio. In effetti la custode-bigliettaia-guida è scesa dal piano di sopra dove credo si guardasse la televisione. Non sono stato abbastanza pronto a pensare che - visto che con cinque persone avremmo pagato 25 kune, meno di quattro biglietti a 8 kune ciascuno - potevo inventare un ospite invisibile: ad ogni modo abbiamo visto qualche icona acquistata (presa in "prestito senza scadenza"?) dagli antichi locali mentre andavano in giro per i mari greci. Una di esse era particolamente interessante dal mio punto di vista: raffigurava infatti Gioacchino e Anna, che aveva in braccio la piccola Maria che a sua volta teneva l'ancor piu piccolo Gesù. Il tutto con a fianco un Giovanni Battista che anacronisticamente era già adulto. Con il solito passaggio sopraelevato siamo passati alla chiesetta di Ognissanti che ho trovato molto interessante, con una serie di dipinti raffiguranti i vari apostoli ciascuno con un cartiglio contenente una frase del Credo, una Pietà in cartapesta (!) dietro l'altare, e un crocefisso i cui bracci piccoli erano irraggianti, e con i simboli degli evangelisti alle quattro estremità. Tornati all'ingresso, ho avuto uno scambio di informazioni con la custode, chiedendole informazioni sull'uso attuale della chiesa e ricevendone tutta una serie di spiegazioni sulle usanze della settimana santa. L'unico piccolo problema è che lei parlava pochisime parole di italiano, io non avevo dietro il vocabolarietto, e quindi il dialogo è consistito in una serie di frasi smozzicate, con giri incredibili di parole per sincerarsi vicendevolmente di avere compreso, il tutto tra i sorrisi di Mimmo che alla fine mi fa "secondo me, hai reso felice la tizia, che finalmente ha trovato qualcuno che gli chiedesse un po' di notizie, invece che guardare e andare via..." Non è impossibile.

Prima di cena siamo saliti sulla torre Veliki Revelin, che domina la porta sul mare della città, e dove con le dieci kune di biglietto si possono anche vedere alcune informazioni sulla Moraska, danza tipica e oserei dire rituale del luogo che in stagione viene anche rappresentata il lunedì e il giovedì per la gioia del pubblico pagante. La cena non è stata così semplice, invece. Visto che qua le nostre due guide davano le stesse referenze, abbiamo iniziato ancora alle 19 passando da Adio Mare, con Anna che è andata a chiedere se era possibile prenotare un tavolo per più tardi, e sentendosi dire che non facevano prenotazioni. Alla sua domanda "e allora che cos'è questo segnaposto Reserved sul tavolo qui?", per tutta risposta l'oste ha tolto il segnaposto e ha detto "e allora sedetevi", con aria così sgarbata che faceva venir voglia di strozzarlo. Evitate il posto. Ma non è che sia andata meglio non scegliendo tra i ristoranti consigliati: al Galija la risposta è stata più educata ma dello stesso tenore, e i segnaposto erano "something else". Alla fine abbiamo optato per il Planjak, che all'inizio avevamo scartato temendo ingiustamente che fosse troppo rumoroso. Abbiamo anche avuto un colpo di fortuna: era pieno, ma i due australiani anziani della crociera avevano appena finito la loro cena, e ci hanno così lasciato il posto. Non si è mangiato male: l'unico inconveniente è stata la lentezza del servizio che ha superato i già notevoli standard croati, tanto che siamo rimasti al tavolo per due ore, dalle 21 alle 23. Per il ritorno in barca abbiamo scelto di passare per quanto possibile sul lungomare, dove per un po' avevano fatto una specie di marciapiede in cemento. Non è stato però banale arrivarci, vista l'illuminazione inesistente.

Ah: naturalmente nel pomeriggio ci siamo visti il capitano con le due signore. Il mistero si infittisce.


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