Stanotte ha fatto davvero caldo: a un certo punto ho dovuto aprire la porta della cabina perché stavo soffocando. L'alternativa è stata sentirci tutte le voci in giro, ma la cosa ci è sembrata preferibile.
La partenza stamattina era indicata per 7.30, anche se poi è avvenuta una decina di minuti dopo; la colazione era comunque alle 8, quindi mentre eravamo già in viaggio. La cosa più sconvolgente, almeno dal mio punto di vista, è che non solo eravamo i quinti della fila, ma avavamo altre tre barche ormeggiate dall'altro lato. Penso a quelli dell'ultima barca, che per giungere a riva devono fare l'equivalente di un cross country, e mi domando se forse ampliare un poco il porticciolo potrebbe non essere una cattiva idea.
Il mare sembra comunque essere calmo, e questa è una fortuna: il capitano e la sua sigaretta ci informano infatti che ci aspettano cinque ore di traversata per raggiungere i dintorni di Mljet, più altre due nel pomeriggio per poter vedere i laghi interni e il parco naturale. D'accordo, "lago" non è la parola giusta visto che è collegato al mare restando pertanto salato, ma il termine rende bene l'idea di un'ampia insenatura con accesso molto ristretto, da quanto mi spiega Anna che era già stata qui da piccola in vacanza con i suoi genitori. Forse il capitano ha scelto di fare tutta questa lunga traversata oggi proprio perché le previsioni del tempo erano ottime.
Un ottimo effetto collaterale del lungo percorso è che finalmente abbiamo un po' di corrente per caricare telefonini e palmari. Una delle tante fregature dell'ormeggio all'inglese è infatti che non ci si può attaccare alle prese a riva, e a motore spento il generatore non funziona. Uno dei motivi per cui ieri avevo lasciato il cellulare in cabina era proprio il fatto che era poco carico, e non potevo nemmeno mettermi a pasare il tempo scrivendo, perché lo Zaurus era quasi a secco pure lui.
La traversata è stata davvero tranquilla, con la pausa preprandiale per la nuotata d'obbligo in una baia - obbligo che continuo a scansare, ma si sa che io e l'acqua non andiamo troppo d'accordo - e siamo arrivati all'isola di Mljet poco prima della 16, attraccando a Pomena atavolta in terza fila. Il nome dell'isola deriva dal miele che in antichità sembra fosse una specialità del luogo, che in un certo senso è sempre stato di villeggiatura: Ulisse ci avrebbe passato sette anni con Calypso, e anche san Paolo avrebbe fatto tappa qua. A Polače ci sarebbero anche state rovine romane che evidentemente noi non possiamo vedere, non essendo sbarcati là. Non so che dire: oggidì la caratteristica sembra la serie di chioschi che ti vendono frutta e verdura "locali", oltre ai posti per affittare le mountain bike. C'era anche un chiosco dove si poteva comprare il biglietto per il parco. Il costo è di 65 kune, anche se dopo una rapida confabulazione di Mimmo siamo riusciti a ottenere la versione ridotta a 53, visto che con tutti i compagni di barca eravamo più di dieci. Però se devo essere sincero non ho ancora capito esattamente se sia obbligatorio acquistare il biglietto. Perlomeno nel pezzo che abbiamo fatto noi non ci sono guardie o cancelli; è vero che nel biglietto è compreso il tragitto in barca all'isoletta di santa Maria, ma è anche vero che con 15 kune il biglietto te lo compri lo stesso. Ho come l'idea che sia un sistema per i tedeschi, che leggono il cartellone e pagano ordinatamente.
I due laghi sono molto belli, e hanno quasi l'aria di essere stati spostati magicamente da una montagna, visti i boschi digradanti fin sulle rive. Ci siamo fatti un paio di chilometri di passeggiata passando per Mali Most (il "piccolo ponte". La città di Mostar si chiama così proprio per il suo ponte, a quanto pare) che divide i due laghetti. Di per sé ci sarebbe anche Veliko Most, il Grande Ponte che starebbe sul passaggio tra il lago grande e il mare, ma la Lonely Planet afferma che non c'è un ponte là, tanto che non si può fare il giro del lago. Per una volta, data l'ora tarda, non sono andato a verificare sperimentalmente la cosa e mi sono fermato con gli altri a Pristianište, dove abbiamo preso la barchetta di cui sopra che ci ha portato all'isoletta di Santa Maria (Otočić Sveta Marija), con l'ex monastero benedettino che era stato convertito in albergo ai tempi di Tito, e dove Anna era stata in vacanza trent'anni fa. L'albergo è chiuso per restauri, o forse bisognerebbe dire che stanno rimettendolo in sesto del tutto: ignorando bellamente il cartello "lavori in corso" siamo entrati a vedere il chiostro, comprensivo di due gattini che stavano giocando amabilmente. La chiesa attigua è in stile romanico pugliese, e ha quella sua bellezza spoglia che associo ai monaci; inoltre, essendo naturalmente in pietra calcare, risulta molto luminosa. Il giro dell'isoletta si fa in cinque minuti: Mimmo, che già fremeva per non avere fatto il bagno pomeridiano, ha deciso invece di circumnavigarla a nuoto.
Rientrati alla base, siamo andati a cenare da Nine, e per una volta abbiamo deciso di lasciar perdere carne e pesce, lanciandoci su quelli che loro chiamano "antipasti caldi": risotto e spaghetti con i gamberetti e le cozze. Ci hanno portato direttamente nelle pentole una quantità incredibile di roba buonissima, che non siamo riusciti a terminare nemmeno con l'aiuto di qualche gattino che si era accorto di avere trovato la cuccagna per quella sera. Il posto è caldamente consigliato se siete da quelle parti!
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