Mattinata dedicata alla visita dei musei. Abbiamo iiniziato con il museio archeologico (biglietto 2 €, oppure 3 € con anche il museo bizantino), che si trova nell'ex chesa di San Francesco sull'Halidon. Questa chiesa è del '300, è stata rimessa a posto alla fine del '500 - magari i veneziani speravano di avere l'appoggio divino contro i turchi! - è rigorosamente diventata una moschea, tanto che c'è anche una fontana moresca nel cortile, poi un cinema (!) a inizio '900 e un deposito d'armi per i nazisti. Nulla di particolare, a dire il vero: l'arte del riuso è di moda, qua. Il museo ha dei reperti molto interessanti che spaziano dal 3500 a.C. ai primi secoli dell'era moderna. Non sono sicuro che sia una buona idea avere restaurato tutti i vasi e le anfore, però: vale la pena dare quella che a volte è solo una ricostruzione per ipotesi? Spostare sul pavimento della chiesa i mosaici trovati nella parte occidentale dell'isola è forse più comprensibile.
Il museo bizantino è situato in un'altra chiesetta sconsacrata, sulla Theotokopoulou all'altezza dei bastioni. E' piccino, ma con interessanti esempi di quadri, e tra l'altro è il primo caso in cui abbiamo trovato delle spiegazioni ampie e interessanti, che mettevano in evidenza il percorso artistico legato alla possibilità o meno di avere contatti con l'arte di Costantinopoli. Bisogna però essere franchi e dire che vederlo a prezzo pieno non vale la pena.
A seguire, siamo stati al museo navale, che sta nell'antica Fortezza. Ingresso, 2 €. Anna l'ha apprezzato molto, io no: sarà che le navi non mi hanno mai detto molto - sono tipo da treni, io! Poi c'era un accento nazionalistico che ho trovato veramente eccessivo. A parte le cose naif, tipo gli schemini delle battaglie navali scelte solo tra quelle dove i greci (in bianco) facevano sempre fuori i cattivoni persiani (in nero), vorrei mostrare un esempio di testo. Qui si spiega come i veneziani hanno ridotto alla schiavitù i cretesi, e solo con l'approssimarsi della minaccia turca hanno rilassato un po' l'oppressione. Nel museo bizantino, che è pur sempre di parte cretese, si diceva che i veneziani hanno inizialmente trattato duramente i cretesi, ma l'avvicinarsi dei turchi ha portato a un periodo di fattiva collaborazione tra le due nazionalità. Stessa cosa, vero? Ciò detto, ho comunque trovato interessante al piano superiore la descrizione della battaglia di Creta, che con la marina c'entra pochino ma fa lo stesso. Le riproduzioni dei quotidiani inglesi del tempo sono molto istruttive.
Dimenticavo: Hania è sorta sull'antica Kydonia, e dietro la nostra stanza si vedono dei resti, che naturalmente sono recintati senza alcuna spiegazione.
Il pomeriggio l'abbiamo ancora dedicato alla cultura, ma questa volta siamo andati per monasteri nella penisola dell'Akrotiri. Il posto doveva ispirare i monaci, visti quanti ce ne sono!
Abbiamo iniziato ad andare ad Agia Triada, cioè Santa Trinità. Qui si trova il monastero fondato dai fratelli Zancarolo: due veneziani che si convertirono all'ortodossia e appunto si ritirarono in romitaggio. Il monastero (ingresso 1.50 €) ha in effetti una specie di chiostro che ricorda i conventi occidentali, anche se la scalinata per entrarci e la chiesa nel bel mezzo sono sicuramente di marca orientale. La chiesa ha una bellissima iconostasi: mentre eravamo lì, un monaco è entrato nella parte riservata che abbiamo scoperto essere più o meno una sacrestia. Che delusione. C'è anche un piccolo museo con paramenti sacri e qualche opera di non eccelso valore, e il negozietto, proprio come da noi! I monaci coltivano ampie distese di agrumeti oliveti vigneti, e dicono che il vino Agiatriadiko sia molto buono. Noi ci siamo limitati a comprare un po' d'olio.
Proseguendo sulla strada, dopo quattro chilometri si arriva a Monì Gouvernetou. Questo monastero è più vecchio, risalendo all'undicesimo secolo, e fa riconoscere il suo doppio uso come protezione dagli assalti dei pirati: visto da fuori sembra un fortino, con mura tutto intorno. Anche dentro non è sfarzoso come il precedente, ma dà comunque una certa aria di serenità. Da qui siamo infine scesi per un sentiero fino alle rovine del monastero di San Giovanni l'Eremita. Qui siamo proprio nei primi secoli dell'era cristiana: il punto focale è una grande grotta dove probabilmente viveva il Nostro, e su una parete della quale è stata costruita una cappellina adatta a persone alte al massimo un metro e sessanta. Ma tanto era chiusa, quindi non ci ho perso nulla. Il posto ha una bellissima vista sulla valle e sul mare, che si può raggiungere con un sentiero che porta a una bellissima spiaggia. Mettiamola così: Giovanni se ne sarà anche stato da solo, ma si trattava bene come panorama!
Questa volta la guida ci ha azzeccato: il Tamam è un posticino simpatico e con un'atmosfera cordiale, e il kleftiko che mi sono mangiato non era affatto male, anche se per i miei gusti le verdure erano troppo cotte. Ah, parlando di riuso: il Tamam sorge su una parte dell'hammam turco.
ieri... | indice... | domani... | notiziole... | home page...